La Montagna inesistente
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La Montagna inesistente

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Giuseppe Macchiavello, Rapallo

S' era recato, nel corso degli anni, in quasi tutte le principali stazioni alpine, a vederne e salirne le montagne ( quella essendo la sua maggiore pas-sionema a Garde-lc-Val, località pur ben nota agli alpinisti, non era stato mai. E tale lungo, forse sottilmente intenzionale differire la presa di conoscenza, aveva via via accresciuto il fascino già in origine intenso che da lontano il posto, con il suo nome evocatore di un appartato eden alpestre e con la sua fama di grande bellezza ( ma quale altra ignota proprietà esso possedeva e adoperava per rivolgergli un ulteriore, specifico quanto indecifrabile richiamo ?) esercitava su di lui.

Infine s' era deciso a creare l' occasione di una visita, ma brevissima, durante un viaggio.

Arrivò una sera, a buio fatto. Si distinguevano appena, più scure del cielo.le masse montagnose strette attorno al villaggio. Al loro cospetto, in-spiegabilmente, egli sentì un' ansia indefinibile aggiungersi alla commozione che sempre provava giungendo tra i monti, tanto più se a lui nuovi; e un interesse in parte imprecisato, ma più che mai forte, imporglisi e dominarlo. L' indomani mattina pertanto lasciò l' albergo prestissimo, per rendersi conto dell' aspetto dei luoghi e per capirne la speciale atmosfera.

L' abitato deve il suo nome al vallone — denominato Val du Grand Etret — del quale sembra sorvegliare la soglia. Si origina esso in quel punto dalla vallata principale sotto forma di passaggio delimitato da due severe catene rocciose, quasi ovunque parallele, e a colpo d' occhio lo si valuta diramazione verso un ambiente sensazionale, via d' accesso ad altitudini che si direbbero incantate. Così sono atteggiati infatti gli stupendi rilievi disposti a formare l' anfiteatro nel quale il solco sbocca: il Cirque Blanc, dominio dei ghiacciai.

Dal paese si scorgono, delle giogaie formanti il vallone, appena degli scorci; invece alcune delle importanti elevazioni della testata, attraverso il varco del corridoio quasi rettilineo e raccorciato dalla prospettiva, si stagliano in piena mostra, le loro architetture candide e imponenti e le fronti delle distese glaciali artificiosamente avanzando, giganteggiando come se si trovassero poco meno che a ridosso delle case.

Così appunto gli apparvero in quel mattino, nella prim' ora, allorché l' ombra, strascico dei segreti della notte, è velario ma già alquanto trasparente, sfocaturache però sta generando limpidezza, e conferisce con il suo raccolto lindore alle diacce adamantinecorrenti che trascorrono nell' aria provenendo dalle alte regioni in cui la neve plasma i si-mulacri della perfezione, ancor maggiore purezza da donare alle valli per il loro favoloso risveglio.

In quel quadro che presentava un mirabile equilibrio di riserbo e di evidenza, una montagna più delle altre attirò la sua attenzione. Si trovava in posizione arretrata, e lo strano era che le nevi di cui si presentava pressoché totalmente ammantata apparivano un poco dissimili dalle circostanti, senza e si riuscisse a capire per quale particolarità. Come avessero una consistenza diversa, un che di lieve quasi di evanescente. ( Forse era solo la maggior distanza, che attutiva la nitidezza dell' immagine. ) Del monte, a essere esatti, si vedeva soltanto parte: una fiancata, ma non per intero, ed esteso tratto della dorsale che la limitava. Il resto, compresa la punta, era celato da un nuvolone torreg-giarne, sfarzoso cumulo di immacolatezza assoluta e dagli orli fulgidi, involuti e fantasiosi, già trionfante di luce sebbene il sole indugiasse sprofondato dietro a fosche muraglie laterali e tutte le vette ancora ne attendessero il tocco ravvivante. Picco e nuvola si fondevano in una costruzione di prodigiosa beltà — gli parve la cosa più appassionante che avesse mai veduto — nella quale risaltava la cresta che s' è detto. Spiccando contro il cielo essa s' innalzava in diagonale con inclinazione costante e dispiegando il suo sviluppo solennemente, sino a perdersi con grandiosità, con distacco regale, entro le frange della spumosa sopraelevazione.

Come sospesa tra i ripidi sdruccioli della sottostante faccia ghiacciata e i plastici vapori che ingi-gantivano la struttura della montagna, dava a veder di consistere— a parte alcuni tratti più rile-vati, a tagliente o con cornice — in una stretta groppa, il cui profilo pur netto e lineare non manifestava alcuna asprezza. Nell' insieme un aspetto attraentissimo, di più, l' impressione chissà perché di un diretto insistente invito a salire.

Mentre trascorreva le poche ore a sua disposizione spostandosi dall' uno all' altro dei punti panoramici più favorevoli, egli non si stancava di scrutarla, minuziosamente. Quanto alle altre cime, qualcuna, di cui ricordava vedute fotografiche, la ravvisò: l' Aiguille Sans Roc, slanciata ed' 91 elegante sino a sembrare fragile; il bizzarro Signal du Tournesol, con un ventaglio di canaloni che il sole a turno visitava; il Dôme de la Traversée dai dossi terminali intervallati da spettacolari frastagli di ghiaccio. Da un montanaro che interpellò gli furono additati la tozza Pointe du Sabot e il Bec d' Amaran, unici salienti prevalentemente rocciosi, il Gran Delta e, sullo spiovente di frontiera, il Trigor, con le due anticime, la cui vasta mole sbarra un ramo del Glacier Vert. Da ultimo chiese all' uomo il nome della montagna che sebbene situata più lungi, più vividamente figurava, grazie anche alla sua nuvolosa corona. Ma perplesso interrogativo lo guardò colui, per dirgli poi che la larga sella che si vedeva lassù, nella direzione che gli era stata segnata, era il Col du Plan; e che nessuna vetta vi si trovava dietro, che da Garde-le-Val si potesse scorgere. Attraverso esso, aggiunse, si passava direttamente in Val Tsas-seina.

Sorpresissimo per quella che gli sembrò una ben stramba uscita, egli era incerto se controbattere.Vi rinunciò. Preferì ripetere poco dopo la domanda a un altro valligiano. Ebbene, pari meraviglia da parte del suo interlocutore, ed analoga risposta, con in più una secca precisazione ( come se quello ritenesse di essere oggetto di burla ) circa l' assenza completa di nuvole da quella parte o da altre, per il momento. Da un terzo, gli fu chiesto esplicitamente e con durezza se avesse tanta voglia di scherzare.

E infine, non prima di aver bene esaminato una carta della zona, si convinse.

Quando, poco più tardi, lasciò Garde-le-Val, fin che gli fu possibile cercò di ammirare l' esal scena, il bastione ora divenuto anch' esso rilucente ( ma con una sfumatura particolare ) e l' eterea costruzione — abbacinante castello del cielo— ad esso collegata, che non ad altri, inespli-cabilmente soltanto a lui si mostravano, a quanto pareva esclusivamente per lui esistevano, al punto di averlo chissà come da lontano e per tanto tempo blandito e infine sin li attirato.

Il caso ( che però egli aiutò più chi potè ) lo riportò a Garde-le-Val dopo breve tempo. Fu una sosta ancor più breve della prima: e questa volta all' inizio del pomeriggio. La prima cosa che fece fu naturalmente dirigersi all' estremità del borgo, dalla quale sapeva di avere la maggiore visuale entro il vallone e verso il maestoso spettacolo delle cuspidi e chine gelate del Cirque Blanc. E là lo attendeva la risposta al turbamento penetrante, agli inquieti e fascinosi presentimenti che nel frattempo gli si erano costantemente accompagnati, come una vaga malia. L' immota nube dominante e il monte che ne era seminascosto c' erano nuovamente ( o meglio, c' erano ancora ). Come se proprio lo aspettassero. Nello stesso preciso punto. Immutati, identici a quelli che portava scolpiti nella memoria.

Ciò accadeva nuovamente in una giornata luminosissima, con un cielo sgombro di ogni altro annuvolamento; e in un' ora per lui solitària, non meno solitària di quella in cui s' era trovato prima-mente di fronte a quel miraggio: perché il sole allo zenith può isolare in una fissità arcana, con la sua cruda luce suprema e struggente,sia le imperscru-tabili altitudini sia l' animo umano che si affacci in quel mentre trasognato sul loro e sul proprio mistero.

Ma non lo smarrimento delle altre volte, soltanto serenità ed entusiasmo —questo notava — provava egli adesso fissando il fulgore soffuso che emanava dall' enigmatico picco e dalle sontuose nebbie che lo adornavano.

E sentì che un legame irresistibile definitivamente lo raggiungeva dalla lunga, seducente ed emblematica cresta che in obliquo attraversava l' azzurro salendo salendo sino a maestosamente scomparire nell' ascensionale cortina, in direzione di un vertice ideale ch' era impossibile scorgere.

È tornato a Garde-le-Val una terza volta: ma per restare, e portando con sé l' equipaggiamento alpinistico. Ha ritrovato — ne era sicuro — lassù uguale la turrita nube, smisurato superbo gonfa-lone di sogni. E perfettamente verosimile, d' aspetto più che mai reale nonostante il rilucere più smorzato ma più profondo, c' è a sostenerla il poderoso basamento con l' inarcarsi dei suoi scivoli armoniosi. Ecco il ciglio dello spallone, stiliz-zatissima via di ascesa.

Il giorno stesso è salito alla Capanna del Trigor, sulla prua rocciosa che s' incunea nel Glacier Vert. Vi è giunto mentre il tramonto sta spegnendo i suoi lontani immensi bracieri. Intorno, l' algida chiostra del Cirque Blanc ospita ombre sempre più incise, alternate a un galleggiare d' oro pallido, variegato di inafferrabili riflessi verdazzurri che si sprigionano dalle merlature dei seracchi e affiorano dai labbri delle crepacciate. Sta sva-nendo questa magìa mentre da est avanza nel cielo una marea color cobalto, laggiù in fondo già nera. Anche la montagna inesistente, ora a distanza ravvicinata, si trasfigura, ma un pò differente-mente dal resto del paesaggio, permeandosi d' una luminescenza speciale, fosforescente, che tarda ad affievolirsi.

È solo, al rifugio. Sta fuori, sull' esigua piazzola all' ingresso; riflette. Notte chiara con grande luna amica sarà questa, propizia alla partenza anticipata, necessaria per le maggiori salite. Ma da un momento all' altro, prima forse ch' egli stesso se ne renda conto, la visione che lo ha attirato sin qui, la straordinaria parvenza, certamente svanirà, il prodigio è durato sin troppo — questo va ripetendo tra se — chissà perché è stata proprio a lui destinata questa inaudita illusione. Anzi ora basta coi sogni, comunque basta con in vani e pericolosi sogni, cosa sbagliata e fortemente ridi-cola in fondo. ( Ma come spiegare allora che l' ultimo crepuscolo eccolo disporre sulla panca davanti alla capanna gli attrezzi, i viveri, gli indumenti di riserva e ogni altro suo oggetto, tutto meticolosamente controlla, poi prepara lo zaino con estrema cura, con manifesta emozione, con aspettazione che supera quella provata prima delle sue più importanti ascensioni ?).

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