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Briciole di storiaalpinistica

Remarque : Cet article est disponible dans une langue uniquement. Auparavant, les bulletins annuels n'étaient pas traduits.

DI FRANCESCO CAVAZZANI, MILANO

Osservava Guido Rey come, già ai suoi tempi, gli alpinisti in vena di novità dovessero limitarsi a « spigolare » le poche vette rimaste dimenticate perché la grande messe di quelle più alte e più celebri era ormai stata raccolta. Che cosa dovremmo dire noi, che perfino le ultime creste e le ultime pareti inviolate sono state vinte e percorse?

La conquista delle Alpi è oggi completa non soltanto materialmente; archivi e carteggi privati sono stati saccheggiati e sulla storia delle grandi montagne tutto è stato scoperto, descritto e narrato. Al ricercatore restano soltanto scarse briciole, ma qualcuna di queste può presentare ancora un certo interesse. Avendo sott' occhio, per fortunata combinazione, un carteggio inedito tra il nostro Guido Rey ed Emilio R. Blanchet, diventa possibile inquadrare nella loro corrispondenza la nascita di una solidarietà alpinistica che va affinandosi in reciproca stima ed in amicizia; il legame che li unisce è l' amore per il Cervino, la prestigiosa montagna che ha affascinato in eguai modo queste due tempre, diverse e pur affini, di artisti.

L' impresa compiuta da Guido Rey sulla cresta del Furggen, con Antoine ed Amé Maquignaz, parve segnare allora ( siamo nel 1899 ) il limite dell' audacia e delle possibilità alpinistiche ( l' epoca delle pareti si inizierà molto più tardi ). La sconfitta non fu certo addolcita dal ripiego di scendere dalla vetta due giorni dopo lungo una scaletta fino al punto in cui l' ascensione era stata arrestata dallo strapiombo; per quanto tutti gli alpinisti concordi abbiano voluto rendere omaggio al poeta riconoscendogli la « prima salita » del Furggen, in realtà Guido Rey mai si considerò vittorioso e sempre dichiarò che la « prima salita » era ancora da fare. E poiché tale salita integrale, senza aggiramento degli strapiombi, verrà portata a termine soltanto nel 1941 da Luigi Carrel ( con Pelino e Chiaraè facile comprendere contro quale ostacolo, insuperabile per la tecnica dei suoi tempi, sia andato a cozzare Guido Rey. Del resto in un periodo di trent' anni ( 1899-1929 ) ben pochi alpinisti si avventurano sulla cresta del Furggen. I formidabili inglesi G. Winthrop Young e V. J. E. Ryan ( con le guide J. Knubel, Joseph e Gabriel Lochmatter ) si limitano a percorrere l' itinerario di Mummery, cioè raggiunta la « spalla » deviano sulla cresta dell' Hörnly ( 1905 ); la guida italiana Jean Joseph Carrel, con Mario Piacenza e Joseph Gaspard, compie la prima ascensione completa aggirando però sulla parete sud l' ostacolo degli strapiombi ( 1911 ).

1 Vedi F. Cavazzani, Uomini del Cervino, 2 » serie, Ed.Ceschina, Milano 1955. 62 Nel 1929 entra in scena il musicista Emile R. Blanchet 1 con la sua guida fedele Kaspar Mooser. Questo alpinista svizzero, tanto per intenderci, conta al suo attivo numerose conquiste come la cresta sud del Breithorn del Lœtschental, la parete SE dell' Aletschhorn, la parete O della Zumstein ( M. Rosa ), il Lyskamm occidentale per parete NE, il Breithorn per parete O, la parete nord del Fletschhorn, una nuova via al Zinalrothorn ecc. Anche Blanchet e la sua guida, dopo esserseli guardati ben bene quegli orridi strapiombi, giudicano impossibile superarli in salita ed allora decidono percorrerli in discesa a corda doppia. L' impresa, compiuta nel 1929, fa nascere un carteggio tra il musicista ed il poeta. Come esattamente nota Sandro Prada, gli scalatori del tempo classico dell' alpinismo sono tutti poeti nel senso che la montagna li affascina ed essi le rispondono donandole ogni sentimento ed ogni attività. Due lettere di Guido Rey sono state pubblicate da Charles Gos all' estero 2, ma non in Italia. Conoscendo ora anche le missive inviate dal Blanchet a Rey, il quadro si completa in ogni sua parte.

Si può credere che il primo a prendere la penna sia stato il poeta, certamente emozionato dalla notizia dell' impresa compiuta dal Blanchet e da Mooser che ravvivava il ricordo del suo disperato tentativo di trent' anni prima. Non conosciamo che cosa abbia scritto Guido Rey, possiamo per altro intuire quali espressioni avrà trovato il suo animo sensibile e delicato. Ed ecco come il musicista gli risponde in data 26 settembre 1929:

« Maître, c' est entre deux ascensions que je trouve votre lettre qui m' a causé une grande joie. Je m' ex auprès de votre indulgence d' avoir, sans le vouloir, tardé à vous répondre, à vous remercier aussi de l' admirable et précieuse vue du Cervin.

En descendant les surplombs de Furggen, ma pensée ne vous a pas quitté, vous le Poète, l' Ex du Cervin. Mon émotion, mon admiration pour le premier qui pénétra dans le monde inconnu ont donné à cette journée un caractère qu' aucune journée, pour moi, n' a jamais connu.

Sitôt rentré de l' excursion pour laquelle je part à I' instant, je vous écrirai, non plus dans une hâte déplorable, mais avec le souci de vous donner quelques détails et quelques impressions.

Veuillez agréer, Maître, l' expression de mes sentiments de profonde gratitude et de respectueuse admiration.E.R. Blanchet. » Trascorrerà un lungo periodo di tempo prima che la promessa venga mantenuta; infatti Blanchet riprende la penna solamente il 4 maggio 1930 e non tanto per dire le sue impressioni, quanto per avanzare numerose domande e quesiti: forse gli preme stabilire esattamente se il suo itinerario di discesa combacia o differisce da quello di salita del Rey. Egli non comprende infatti come Rey abbia potuto risalire strapiombi che hanno allontanato lui Blanchet dalla roccia tanto da farlo girare nel vuoto. Vuole inoltre sapere se quelle che egli ha scambiato per ossa imbiancate dal tempo possano essere invece i gradini della scala abbandonata da Rey. Poi, aprendo l' animo alla confidenza, parla di suoi progetti, delle sue ambizioni verso la parete nord del Cervino, nella quale la sua guida Kaspar Mooser ha già effettuato ( nel 1928 ) un' arditissima esplorazione con Victor Imboden, dalla quale i due erano usciti salvi miracolosamente dopo aver dovuto bivaccare in piedi e senza poter togliere il sacco; poi erano discesi a corda doppia, nel buio della notte, ed avevano impiegato undici ore per ritrovarsi alla base della parete!

1 Emile R. Blanchet, pianista e compositore, nato il 17. luglio 1877, era professore al Conservatorio di Losanna. Fra le sue creazioni sono da ricordare « Polonaises », « Préludes », « Etudes de concert » ecc. È autore di due volumi: « Hors des chemins battus » e « Au bout d'un fil » ( Ed. Attinger, Paris ), il primo dei quali è stato tradotto in italiano ( Fuori delle strade battute - Ed. L'Eroica ).

2 Charles Gos: Le Cervin, Ed. Attinger, tome II, pag. 94.

Ma ecco senz' altro la lettera del Blanchet:

« 4 mai 1930 Maître, l' Alpine Journal de novembre a donné quelques brèves lignes de ma descente de l' arête de Furggen. J' ai écrit une relation très détaillée pour le N° de mai, qui paraîtra en retard et, malheureusement, fort raccourcie.VA.J. verra, en effet, une diminution de son nombre de pages cette année. On m' a demandé ailleurs d' autres récits sur Furggen et j' espère, en les condensant, arriver à en faire un chapitre pour mon livre sur mes .ascensions par des voies nouvelles'*.

Ma pensée demeure attachée à cette arête dont vous avez connu bien avant moi chaque détail et où vous avez livré un combat surhumain. Il me serait très précieux, Maître, d' être renseigné sur les points suivants: ils me hantent et m' obsèdent.

Lorsque vous avez dû battre en retraite, si j' ai bien compris, cette descente désespérée s' est accompli sans nulle aide d' en haut, la grande corde ayant été retirée.Vos guides ont fixe des cordes au cours de la descente. Ces cordes ont-elles dû être abandonnées?

Je crois pouvoir déduire de votre relation que vous n' avez pas usé de la méthode de descente ,en rappel' de corde, où l'on double la corde, dont on tient les deux brins en dévalant, pour la remener à soi en tirant ensuite sur un seul brin?

Combien de cordes aviez-vous pour descendre et de quelle longueur?

Les aviez-vous montées avec vous ou vous furent-elles passées par les guides d' en haut?

Nos itinéraires ont dû être à la fois très voisins et fort différents. En effet, là où nous sommes descendus jamais être humain ne montera même avec un cable venant d' en haut; les deux surplombs absolus ( le corps tournant dans le vide à distance de la paroi ) sont de plus de 20 m chaque fois et je n' imagine aucun acrobate capable d' un effort pareil. Notre descente eut lieu au moyen de rappels' de corde. Descendre le long d' une corde non doublée m' aurait paru, sur un tel parcours dans le vide, très au-delà de nos forces.

Je n' ai pas vu votre cheminée. Pourtant elle devait être à quelques mètres. Vous avez oscillé jusque sur le flanc italien. Mon guide a, lui aussi, oscillé une fois de cette façon. Cela m' a été épargné. Mon guide descendant premier, il tira, d' en bas, sur la corde pour me préserver de cette envolée. Mais cela fit office de frein et rendit ma descente très pénible: la corde coupa ma culotte jusqu' à la peau et j' arrivai au bas de cet ultime surplomb, fort ensanglanté, par cette friction sans relâche.

Avez-vous, Maître, jeté les échelons de la 2e échelle sur le flanc italien! Je le suppose: j' ai aperçu, avant de quitter la crête pour descendre par son flanc suisse, un amas de bâtons blancs, réunis sur une vire' du flanc italien, à 20 mètres peut-être au-dessous de moi. Tout d' abord, je les ai pris pour des ossements blanchis...

Mon guide a cru voir, sur le versant de Suisse ( mais il n' est pas sûr ) quelque chose comme un vieil anneau de corde, à sa gauche ( à gauche en regardant en bas ). Cela devait être, sauf erreur, sur le surplomb supérieur ( flanc suisse de l' arête ).

Sans doute est il tard pour vous le demander: avez-vous fixé vos cordes à des anneaux!

Pendant ma descente du surplomb inférieur, Mooser a vu un aéroplane s' approcher de nous de très près. Le passager lui fit de grandes signes. Mooser avait déjà atterri. Moi, je n' ai rien vu, rien entendu. Un autre aéroplane avait passé sur nous comme nous venions de quitter la cime. Celui-ci, je l' ai bien vu. Et cet hiver, à Morat, un hasard m' en fit connaître le passager. Le pilote était Mittelholzer. Pauvre arête de Furggen, d' où l' aéroplane fera fuir les corbeaux...

Nous eûmes des alternatives de ciel pur et de brouillard. ( Et ces brouillards mouvants nous ont caché bien des choses. D' espère refaire les surplombs de Furggen, avec mon Kodak. ) Un peu de pluie aussi. Le spectre de Brocken se dessina au-dessous de nous, sur un écran de brume épaisse, le soleil passant par dessus l' Epaule.

J' espère vous voir un jour, Maître, peut-être au Breuil. J' aimerais à vous apporter l' hommage de mon admiration sans borne pour le héros de Furggen et son émouvant poète.

Mon guide a fait une reconnaissance sur la face nord: un jour, une nuit, une demi journée. C' est une lutte effroyable qu' il a engagée là, longue, pénible, pour gagner quelques centaines de mètres seulement. Je l' ai contée, cette lutte, dans Gringoire sous forme d' interview.

Peut-être voudrez vous la connaître?

Voilà le dernier grand problème. Il peut être résolu. Mais au prix d' un effort immense, de dangers continus, et cette face est glaciale, caressée à peine le matin et le soir par un soleil oblique et sans chaleur.

Veuillez croire, Maître, à mes sentiments de plus profond respect et de fervent dévouement.

E.R. Blanchet. » Vi sono in questo scritto dei dettagli che il Blanchet ha omesso nei resoconti ufficiali. A noi par vederlo talmente assorto nella sua discesa a corda doppia nel vuoto assoluto, talmente tur- 1 Evidentemente questo titolo non soddisfaceva l' Autore che lo cambiò poi nell' altro « Hors des chemins battus ».

bato dal dolore provocato dalla fune che, tagliati i pantaloni, gli sta penetrando nella carne viva, da non avvertire e da non vedere il velivolo che viene a curiosare sulle loro teste. E quando Mooser gli da la notizia, Blanchet scuote la testa e pensa che il rombo del motore farà fuggire i corvi dalla cresta di Furggen... Comprendiamo perfettamente il suo rammarico: la poesia l' alta montagna ormai è violata dal mezzo meccanico.

Ma il progresso è inarrestabile. A Mittelholzer sono succeduti i Geiger ed i Wissel ed oggi gli svelti apparecchi alati atterrano addirittura sulle immacolate distese dei ghiacciai a 3600 metri!

A Blanchet il Cervino ha voluto riserbare l' accoglienza speciale che dona a pochi privilegiati: ed ecco l' anello luminoso di Brocken lo accompagna lungo la discesa.

Traspare, in questa lettera, la preoccupazione del Blanchet di classificare con esattezza la propria impresa. Egli deve essersi posto la domanda: se la comitiva di Rey ha compiuto la discesa a corda doppia, la mia diventa una seconda discesa? La parte inedita si limiterebbe allora alla sommità, là dove Rey discese poi dalla vetta valendosi della scala. Guido Rey non lo lascia nel dubbio e immediatamente gli risponde:

« Turin, 5 mai 1930.

Cher et vaillant Collègue, votre lettre d' hier me remplit I ame d' une vraie émotion. C' est que l' arête de Furggen est tragique et la lutte que vous avez soutenue dans votre descente ( qui est la première descente parfaite totale ) doit avoir été un exploit d' extrême difficulté et d' audace sans pareil.

Je m' en félicite avec vous et vous admire; peut-être que ces sentiments vous seront agréables, car il vous viennent de l' alpiniste qui, mieux que tout autre, est à même déjuger votre route. Trente ans sont passés depuis ma descente forcée qui suivit ma défaite, j' ai éprouvé biens des aventures depuis lors, entre autre la terrible aventure de la guerre, mais les heures que j' ai passées accroché à la corde sur le grand précipice restent vivantes et terribles ( j' ose le dire maintenant que je suis vieux et invalide ) dans ma mémoire, comme un souvenir presque sacré, supérieur à tout ce que j' ai fait ou souffert dans la vie.

Votre lettre vient de réveiller ce souvenir en me révélant en même temps des épisodes très intéressants de votre entreprise. Agréez mes remerciements et soyez sûr que je lirai avec avidité votre relation dans Y Alpine Journal de ce mois. Voici maintenant quelques réponses à ce que vous désirez savoir:

1. Lorsque nous avons battu en retraite, les hommes de la caravane supérieure ont retiré la grande corde et l' ont emportée, de sorte que mes deux guides et moi sommes restes avec nos seules cordes, c'est-à-dire avec la corde qui nous liait et avec deux cordes supplémentaires ( chacune trente-six à trente-huit mètres ) que nous avions apportées avec nous à la montée. Nous n' avons pas usé de la méthode de la descente ,en rappel', cette méthode n' étant pas familière à cette époque aux guides de V. Tournanche. La corde était fixée au rocher par le premier guide avec des coins de bois ( je crois ) ou avec des éclats de pierre, mais je ne suis pas à même de vous préciser cela car l' opération s' accomplissait loin de moi. De même je ne saurais affirmer avec précision si toute la corde a été abandonnée en place. Certes, le dernier trait ( en descendant ) est resté là-haut, seulement nous en avons coupe quelques mètres au bout inférieur pour ne pas laisser derrière nous des tentations à d' autres imprudents. Je vain écrire à Aimé Maquignaz ( le seul vivant de mes guides ) pour obtenir de lui une précision satisfaisante et je me réserve de vous communiquer sa réponse.

2. Evidemment nos itinéraires ont été à la fois très voisins et forts différents. Je n' ai pas trouvé de surplombs absolus, sauf le dernier en montant, lequel fit faillir mon entreprise; la cheminée qui aboutit presque à l' Epaule de Furggen nous servit assez bien pour la moitié du parcours. En regardant avec une lentille la photo 1058 ( Matterhorn-Gipfel ) de la Soc. Aèreo de Zurich, prise par M. W. Mittelholzer, je puis identifier cette cheminée immédiatement à la droite du fil de l' arête de la The du Cervin. Maintenant je dois corriger une expression qui est dans mon rapport; je disai d' avoir oscillé sur le fil de l' arête me trouvant un instant sur le versant suisse, l' autre instant sur le versant italien. Cela n' est pas tout à fait exact; j' ai vérifié depuis en regardant avec un télescope d' en bas, depuis le Furggengrat, que l' oscillation n' avait pas pu me porter aussi loin que le versant italien; toutefois l' illusion alors a été précisément de me balancer entre deux versants, et l' illusion est excusable étant donne l' impossibilité on je me trouvais de juger précisément à quel point passait le fil de l' arête concevez facilement la chose, vous qui connaissez les endroits.

3. Oui: les échelons de la deuxième échelle - lors de notre deuxième course - ont été jetés par nous sur le versant italien de la Tête du Cervin; ils ont disparu dans le brouillard et je ne savais pas en quel point ils s' étaient arrêtés.

Je vous quitte pour aujourd' hui. Plus tard je reprendrai la plume avec plaisir. Acceptez une pauvre photo de moi prise au Breuil en 1922. J' avais alors 61 ans - et je marchais encore. Maintenant plus!

Cordialement à vousGuido Rey. » 5 Die Alpen - 1957 - Les Alpes65 Il poeta ha compreso perfettamente l' ansia del Blanchet ed ecco, prima d' ogni altra cosa, ci tiene a rassicurarlo: la vostra è la prima discesa perfetta totale. Poi non si vergogna di confessare che le ore passate lassù sotto l' insuperabile strapiombo, appiccicato alla gran corda, furono le più terribili della sua vita e qui l' aggettivo francese sta certamente per « terrificanti ». Inerpicarsi lungo una muraglia verticale affidandosi soltanto ad una corda, ci vuoi certamente dell' audacia ed anche della forza quando si pensi che, oltre alla salita, nello stesso modo si dovette effettuare -senza appigli - la discesa.

Infine, da quel gran galantuomo ch' egli era, Guido Rey non teme portare un fiero colpo alla sua relazione. Aveva scritto:

« Le corde, così fissate, non servivano bene come la grande corda unica che ci aveva soccorsi nella salita; ne, luoghi ove la parete era più liscia e arrotondata, esse scantonavano ed oscillavano maledettamente. Una voltai ricordo, l' oscillazione fu così violenta, che mi trovai sbalzato vivamente fuor dal camino, sulla parete, e dondolavo a destra ed a sinistra sì che un momento ero sul versante di Svizzera e l' altro momento su quello d' Italia. Perdetti l' equilibrio: prima i pugni e poi la fronte urtarono contro la parete, i piedi tastarono invano per un appoggio. Credo che io bestemmiassi, che gridassi risentito alle guide. Dall' alto mi venne per tutta risposta una tirata della corda che mi strinse il petto tanto quasi da soffocarmi. Le mani intirizzite e stanche mi reggevano male. » Bisogna riconoscere la perfezione della costruzione artistica che rappresenta il corpo dell' alpinista dondolante alternativamente una volta sul versante svizzero e l' altra volta su quello italiano; par di vedere la cresta verticale, affilata quasi lama di coltello, e l' uomo che scivola lentamente sul cavo altalenando a cavaliere del confine. Perdoneremmo l' alpinista se la circostanza non fosse vera, tanto essa da rilievo alla pericolosità della manovra ed alla particolare situazione del momento; essa infatti aggiunge una pennellata decisiva alla creazione artistica.

Ebbene, Guido Rey non teme perdere l' effetto ed il pregio dell' opera d' arte pur di rendere omaggio alla verità. È stata, scrive, una mia illusione, ho potuto controllare in seguito che l' oscil non era tanto ampia da portarmi a cavalcare il confine.

La promessa di scrivere ad Amé Maquignaz, Guido Rey la mantiene; ed ecco, infatti che Amé gli risponde F8 maggio su un foglietto intestato « Hotel Jumeaux », l' alberghetto che era diventato il regno di Amé e degli alpinisti di un' epoca beata; risponde dunque Amé nel suo cattivo francese ( che traduco per comodità del lettore ) e dice:

« Signor Comm. Guido Rey, in risposta alla vostra lettera 6 corr. La corda che ( cioè lungo la quale, n. d. t. ) noi abbiamo salito lo strapiombo fino ad un certo punto, è Daniel ( Maquignaz ) che l' ha collocata dall' alto ( cioè Daniel l' ha fatta scendere dalla vetta onde noi potessimo salire, n. d. t. ) e noi l' abbiamo abbandonata unitamente alla scala di corda perché ricordo che, avendo fatto dopo la cresta svizzera ( cioè dell' Hörnly, n. d. t. ) ho visto ancora durante parecchi anni la corda e la scala. Credo che il sig. Blanchet sia disceso a destra del canale che noi abbiamo salito, per il canale in faccia. Credo di scendere a Torino la settimana prossima ed allora potremo parlare assieme, se lo credete, perché parlando possiamo spiegarci meglio. Tanti saluti dal vostro devoto servitore: Aimé Maquignaz *. » Invano Guido Rey ha sperato che la memoria della guida fosse più valida della sua; il Maquignaz unifica due episodi staccati, quello della « gran corda » che Daniel Maquignaz ha fatto calare dall' alto e quello della « scala » che fu usata nella seconda spedizione. Dalla cresta del- 1 Al nome italiano di Amato corrisponde in francese quello di Aimé. Ma questo nome è sconosciuto ai valdostani còlti nessuno dei quali l' ha mai usato, come nessuno di essi scriverebbe Valtournanche al posto di Valtornenche.

L' abate Gorret si chiamava e firmava Amé, così e come Guido Rey nelle sue opere usa costantemente la forma Amé. Soltanto più tardi compare Aimé ed il Maquignaz, uomo di non eccessiva cultura, lo adotta. È evidente la corruzione determinata dal fatto che, ritenendosi dai più la Val d' Aosta di lingua francese, a mano a mano le forme del linguaggio vivo vanno modificandosi per conformarsi alla regole di tale lingua.

Offro questo dato a chi voglia occuparsi della francesizzazione della Val d' Aosta a partire dalT 800.

l' Hörnly Amé avrà visto si una fune normale rimasta là abbandonata, ma non la « gran corda » che era stata recuperata e ritirata dall' alto, e nemmeno può aver visto i gradini della scala che finirono sul versante italiano. Capita spesso che un dubbio ci assale circa un dettaglio della salita e noi crediamo risolverlo con l' aiuto dei compagni i quali invece si dimostrano meno memori e più incerti di noi. Questo avviene quando l' impresa richiede tutte le nostre energie sicché le facoltà intellettuali non possono dedicarsi all' osservazione dei luoghi ed alle modalità tecniche che restano, dopo, avvolte per noi in un alone confuso.

Intanto Blanchet, ricevuta l' epistola di Rey, sente la necessità di ringraziarlo e di esprimere intera la sua ammirazione:

« 9 mai 1930.

Maître, j' ai lu - et relu - votre lettre avec un intérêt et une émotion croissants. Et c' est une joie profonde pour moi d' avoir reçu le portrait de l' homme que j' admire de toute mon âme. Je voudrais pouvoir voir la Montagne avec vos yeux et la chanter avec votre plume. Je suis compositeur de musique, et certes la montagne est ma grande inspiratrice. Mais vous seul savez la traduire, la traduire avec venté, simplicité, puissance, poésie, sous tous ses aspects.

Dans mes articles, je me borne à la description technique et sans doute sont-ils secs et arides 1. Ce sont des squelettes sans chair. Mais je crois qu' il faut un grand talent d' écrivain pour ne pas trahir ce que le monde a de plus beau.

Votre portrait me tiendra fidèle compagnie. Comme votre souvenir il ne me quittera plus. De tout cœur, Maître, merci de votre sympathie, de votre intérêt. Croyez à mon respect, à mon admiration les plus profonds.

E.R. Blanchet. » Pochi mesi più tardi ( 4 settembre ) Blanchet effettua con Mooser il tentativo sulla parete nord del Cervino: una lotta disperata, ma le condizioni della montagna sono tali che debbono ripie-gare. La lettera del musicista è datata da Losanna il 15 ottobre; la solita nitida calligrafìa di una penna avvezza a tracciare note musicali, sembra questa volta suonare una fanfara tragica e violenta. Ecco il testo integrale:

« Finhaut .Regina '. Dès le 15 oct. Lausanne - Le Sophora.

Maître, j' aurais da vous écrire depuis longtemps. Votre intérêt si compréhensif pour mon projet à la face nord m' a touché et j' ai été fier et ému d' être appelé ami' par vous. J' aurais voulu être digne de cette grande faveur en vous envoyant un bulletin de victoire. Et si je ne vous ai pas écrit, c' est parce que je suis rentré battu, désolé, mais non découragé. Seul vous devinez des journées d' attente fiévreuse, le départ à la fois anxieux et résolu. Hélas, à 8'/z h. déjà, le Cervin nous avait repoussés. Jamais ma caravane n' avait été mieux disposée, ni plus entraînée. L' ascension du Rothorn par la face est et Varête nord nous avait accoutumés aux chûtes de pierres, car jamais canonnade pareille n' a encadré, huit heures durant, des hommes qui n' ont pas fait la guerre. Ce fut un concert infernal dans un paysage dantesque. Il eût fallu votre plume pour décrire cette ascension acharnée et victorieuse ( accomplie déjà par Young et Robertson ).

Au Cervin ce ne furent pas les pierres sifflant entre nous qui nous ont effrayés. Après la terrible pente de glace ( taillée déjà la veille ), enlevée à pas de charge sous la mitraille ( nous marchions tous à la fois, Lärjen, Mooser et moi ), nous abordâmes les rochers gris-verdâtre, dalles inclinées et lisses, où toute anfractuosité était emplie de glace. Des plaques de glaces énormes, mal adhérentes, s' écroulaient au premier coup de piolet Jamais de saillies franches, seulement des petites cuvettes verglacées, parfois une prise s' arrachant, à la plus petite traction, de son alvéole. A perte de vue, la face se présentait avec ce caractère. Il eût fallu quelques jours pour en venir à bout... Pour redescendre 80 mètres de ces rocs impitoyables, nous dûmes planter des pitons, descendre en .rappel de corde '. Mooser, une fois chancela sous la pente. Une pierre l' avait frappé au crâne. Il vacilla un instant, l' air étonné. Rien pour assurer la corde? J' ai vécu la seconde où d' une infime question d' équilibre dépendit le sort de trois hommes. Deux autres projectiles atteignirent Mooser plus bas. Mais il demeura de fer.

Avec le verglas et les plaques de glace, la face est impossible. Il faut, ou bien l' attaquer sèche, en espadrilles, et alors c' est la grêle de pierres à chaque instant - ou bien, la gravir couverte de neige. De la neige d' une consistance spéciale, qui résulterait des alternances de chaleur, de gel nocturne, de fœhn, voire, de pluie, puis de léger regel. Ces conditions, il faut les surprendre au bond, les guetter avec patience.

1 Questo giudizio dimostra che il Blanchet aveva vivo il senso dell' autocritica per la sua opera letteraria.

Nous les attendrons et nous recommencerons. Mais les années passent, et bientôt mes forces laisseront. Pour la Montagne, je mène une vie d' ascète, afin de retarder ce moment, et qui sait, réussir peut-être encore...

C' est avec une admiration indicible que j' ai lu la relation du héros de 1930, M. Benedetti. Sa victoire a précédé d' un ou deux jours ma défaite. J' ai suivi avec émotion le pointillé de sa route sur cette superbe photographie, devant quoi je vous écris. Ce Cervin formidable m' éblouit, et j' en oublie le vent qui hurle, la pluie qui bat ma fenêtre, et la neige toute proche. Je vous remercie d' avoir prié M. Benedetti de me mettre au courant: ce sera une joie pour moi d' ajouter en post-scriptum à l' article que j' ai donné aux Alpes sur ma descente des surplombs de Furggen, une note où je paierai un juste tribut d' admiration à ce vaillant et à ses guides. J' espère être le premier à l' écrire en Suisse. Mais l' article ne paraîtra qu' à la fin de l' année.

Par dessus tout, ma pensée va à vous, Maître et ami vénéré ( me permettez-vous de vom appeler ainsi ?). Votre Cervin est avec moi, vos lettres me réchauffent de leur flamme, et je vous imagine, où que je sois, luttant contre Furggen, dans ce corps à corps unique dans la conquête des Alpes.

Croyez, Maître, à mon affection reconnaissante, à mon dévouement respectueux.

R. Blanchet. » Su questa lettera del Blanchet appare, di pugno del Rey, l' annotazione: « R. ottobre 10.1930 », per cui si dovrebbe ritenere che la missiva di Rey sia in risposta a questa del Blanchet e che costui abbia errato nell' apporre la data. Ma non si può neppure escludere che l' annotazione del Rey sia da intendersi invece che « ho risposto il 10 ottobre », nel senso « questa lettera è in risposta alla mia del 10 ottobre ».

Il testo delle due lettere offre argomenti a favore dell' una come dell' altra ipotesi. Rey richiama l' avventura della parete nord e la descrizione di tale episodio è contenuta precisamente nella lettera del Blanchet ( che, dunque, dovrebbe essere anteriore ). D' altra parte Blanchet ringrazia per le notizie che gli saranno inviate da Benedetti e relative alla salita del Furggen compiuta da Luigi Carrel, Maurizio Bich ed Enzo Benedetti proprio nel settembre di quell' anno 1. Ora l' invio di tali notizie è preannunciato dal Rey precisamente nella lettera datata 10 ottobre.

Difficile risolvere l' enigma; certo è che il tono da amichevole diventa affettuoso, la montagna ha affratellato i due artisti. Ecco il testo della lettera di Guido Rey ( pubblicata, come s' è detto, dal Gos ):

« io. io. 1930 Mon cher ami, Oui! Veuillez me donner ce doux nom avec la confiance et la sympathie avec lesquelles je vom le donne de tout mon cœur. Malgré la grande différence d' âge et de force, il y a quelque chose de commun entre nous, une passion très pure, un désir inassouvi de la montagne mystérieuse, de ces lieux que l' homme n' a pas encore osé d' explorer, où Dieu ne passe que la nuit, selon le dicton provençal si poétique et si juste.

Je ne suis pas un, maître, mais un vieil ami qui, dans la solitude de ses derniers ans, se trouve rajeuni lorsqu' il rencontre un esprit qui raisonne et un cœur qui bat comme raisonnait et battait son esprit et son cœur, il y a bien longtemps, alors qu' ils étaient jeunes et sains, et pleins de forces et d' espérances.

Voilà qui est entendu, n' est pas?

Laissez-moi vous dire que j' admire votre audace et, en même temps, votre sagesse.Vous êtes sorti vivant d' une entreprise terrible, après avoir fourni une preuve d' équilibre physique et moral vraiment rare. Je vous en félicite cordialement.

Vous me racontez votre aventure avec une telle fougue, avec une telle évidence, en quelques lignes, mais si éloquentes, que je vous vois et je souffre et désire avec vous. Décidément vom possédez l' art de communiquer votre passion et vos émotions, tout simplement et naturellement. C' est un don rare qui n' est concédé qu' aux grands amoureux de l' Alpe.

Je conserve toutes vos lettres, précieusement, comme des documents de cet amour * et pense avec gratitude à vous qui savez réveiller en moi l' ancienne flamme.Voilà que vous me restituez largement ce que mon vieux livre du Cervin peut vous avoir donné.

Je me suis permis de donner votre adresse et de raconter votre exploit de Furggen à Monsieur Benedetti, au 1 Vedasi: « La seconda discesa degli strapiombi di Furggen » di R. Blanchet; « La seconda ascensione per la cresta di Furggen » di E. Benedetti, in R.M. 1930, 590. F. Cavazzani, Uomini del Cervino, serie 2a ( Ed. Ceschina ), pag. 89 e segg.

2 Le lettere furono effettivamente conservate e sono pervenute nelle mie mani.

Breuil, quand il venait d' accomplir son ascension. Il a désiré vous écrire, bien que son itinéraire ne coïncide aucunement avec le v&tre. A ce qu' il paraît, il a fait une variante à la route Piacenza, sur une ligne plus proche de l' arête de Furggen.

Je ne connais pas de détails de la nouvelle entreprise qui, en tout cas, est bien difficile et bien belle, mais je suis certain que la véritable arête de Furggen et son surplomb, depuis l' Epaule jusqu' au sommet, sont encore à faire en montant. Vous l' avez faite en descendant.

Je vous souhaite santé et bonheur avec toute mon âme de viel alpiniste et d' ami sincère.

Guido Rey. » Qui si arresta il carteggio. Perché? Nessuno può dirlo ora che i due protagonisti sono morti.

Scrisse un giorno Guido Rey:

« II Cervino invisibile e presente come un Dio... » Pare a me che, nel vedere rievocata la loro mutua amicizia, gli spiriti del poeta e del musicista, invisibili e presenti, gioiscano nel segno che fu ad essi comune: l' amore per le montagne, l' amore per le cose più pure e più belle che esistono nel creato.

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