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Canaloni italiani e fascino selvaggio Grande sci a due passi dal Sempione

Ben note ai cercatori di cristalli, le eminenze che separano l’Alto Vallese dalle prime vallate italiane non mancano di attrazioni per gli sciatori ambiziosi. Oltre al Monte Leone, raggiungibile dall’ospizio del Sempione, anche altre cime e itinerari in partenza dall’Italia sapranno sedurre gli amanti delle contrade selvagge.

«50 gradi? Esagerano gli sciatori locali che hanno iscritto la corsa sul sito web Camp to Camp! Sembra meno ripida di così.» È ad ogni modo ciò che ci fa pensare il canalone che intendiamo percorrere nella discesa di ritorno, dopo aver raggiunto la vetta del Pizzo Cervandone – o Scherbadung, per gli alto-vallesani della vicina Binntal. Il canalone agognato ha il vantaggio di essere meglio sciabile del Canalino Ferrari, un corridoio parallelo seguito solitamente nella salita dai pretendenti al Pizzo Cervandone. Rimane la pendenza annunciata, non proprio insignificante. La vetta alle nostre spalle e pronti a lasciarci scivolare nel toboga, rivediamo improvvisamente il nostro giudizio. I cisalpini non hanno assolutamente esagerato! Che prospettiva! Ci vuole una buona dose di coraggio per eseguire la prima curva saltata: se il tentativo dovesse fallire, non fatichiamo a immaginare la scivolata sfrenata che seguirebbe – il che ci induce alla massima prudenza. Alcuni minuti dopo, ammiriamo il canalone dal basso, illesi ma leggermente toccati nell’amor proprio. È promesso: nessuno ci beccherà più a considerare i nostri vicini del sud con sufficienza...

 

Pareti austere e... canaloni

Sulla dorsale della cresta Sempione-Binntal, l’escursionista con gli sci scopre un paradiso relativamente poco conosciuto dagli elvetici. La discesa senz’altro classica dal Monte Leone all’Alte Kaserne sulla strada tra Gondo e il passo del Sempione rimane ciò nonostante appannaggio di un ridotto numero di iniziati: l’itinerario complesso di questo versante della montagna spinge infatti la maggior parte degli sciatori a tornare sui loro passi in direzione dell’ospizio del Sempione. Che percorso ingegnoso, però! La buona lettura della carta si rivela indispensabile per venire a capo di questo dedalo di barre rocciose e canaloni boschivi. Alla fine, una bellissima discesa e la sensazione di essere stati all’altezza delle difficoltà. E come ciliegina avremo anche salito i 3553 m della sommità delle Alpi Lepontine.

Cima vicina al Monte Leone, la Punta Valgrande si raggiunge partendo da San Domenico, una piccola stazione invernale situata sopra il villaggio di Varzo, prima località degna di questo nome lungo il tratto tra Gondo e Domodossola. E anche qui, l’itinerario riserva delle sorprese. Salendo lungo il canalone orientale, la sensazione è di non uscirne mai. Ma il bastione si lascia infine conquistare, svelando gradualmente i suoi segreti.

Sempre da San Domenico, la salita al Pizzo Diei offre anch’essa grandi sciate in un’atmosfera particolare. Una piccola valle, come sospesa nel cielo e circondata da pareti imponenti, precede un superbo canalone il cui accesso va meritato. Si sale allora lungo quest’ultimo per giungere in prossimità del vasto altopiano sommitale. Qui, come del resto nel caso degli altri itinerari trattati, il carattere selvaggio dei luoghi incute quasi soggezione: un contrasto toccante rispetto a taluni percorsi alla moda, nei quali è diventato quasi impossibile ritrovarsi da soli.

Il Cervandone, stranamente, nonostante sia probabilmente il più alpino tra i percorsi trattati, attrae buona parte degli scialpinisti di questa regione a nord di Domodossola. Probabilmente la fama di questa maestosa montagna è la ragione dell’elevato numero di visite. Va pure precisato che la discesa classica non passa per il canalone che ha stimolato i nostri appetiti, bensì una bella conca alla partenza del Colle Marani. Unico dettaglio, quest’ultimo viene raggiunto attraversando una cresta, lungo la quale bisogna portare gli sci.

Ciò che colpisce in occasione della prima visita è il carattere realmente alpino delle gite locali. Sul lato svizzero, sebbene ripidi e spesso esposti alle valanghe, i versanti non raggiungono le proporzioni e l’aspetto altero che si osservano in Italia. Ma Madre Natura ha pensato agli sciatori, tracciando nel cuore di queste pareti austere delle bellissime linee, simili ad altrettanti inviti.

 

Il Parco Naturale Veglia-Dèvero

Ai piedi di questa lunga muraglia, ampi pianori accolgono due bellissimi alpeggi: Veglia e Dèvero. Il primo appare come schiacciato dalla massa imponente del Monte Leone, che lo sovrasta di 1800 metri. Sarebbe già stato occupato nel mesolitico antico (VIII millennio a.C.), come attestano i resti di un accampamento temporaneo di cacciatori preistorici, rinvenuti nel 1986. Da allora, gli archeologi hanno fatto altre scoperte, tra le quali dei siti medievali, romani e dell’età del ferro, nonché una pittura rupestre raffigurante probabilmente un cervo e risalente al IV millennio a.C.L’era moderna avrebbe potuto annegare il bacino di Veglia sotto milioni di litri d’acqua all’inizio degli anni Settanta. Ma il progetto della diga non vide mai il giorno, in quanto i geologi temevano per la stabilità della galleria ferroviaria del Sempione. Più vicino a noi, con il Parco Veglia, l’Italia istituisce nel 1978 il primo dei suoi parchi naturali regionali. Nel 1990 nasce anche il Parco Dèvero e cinque anni più tardi le due entità si fondono per dare origine al Parco Naturale Veglia-Dèvero: 8539 ettari protetti a ridosso del confine svizzero, grosso modo tra il Monte Leone e l’Ofenhorn (Punta d’Arbola per gli italiani). Considerando la vicina riserva naturale di Binn (in questa valle le discussioni circa l’istituzione di un parco naturale regionale sono bene avanzate), ci si trova in presenza di una vasta zona che merita ampiamente l’interesse che le viene accordato. La flora, la fauna e la geologia ne costituiscono i maggiori centri di interesse. Le torbiere locali, studiate dagli scienziati che ne rilevano la fragilità, attirano i curiosi nella bella stagione.

 

Paradiso di escursionisti e cercatori di cristalli

Le misure di protezione non ostacolano le attività umane, e il bestiame seguita a trascorrere l’estate nei due alpeggi. Due formaggi famosi, il Nostrano (Veglia) e il Sangiatto (Dèvero), ottengono regolarmente dei riconoscimenti in vari concorsi. Il turismo si è sviluppato a partire dalla fine del XIX secolo, come testimoniano lo storico albergo Monte Leone, attivo dal 1884 a Veglia, e la Antica Locanda Alpino, aperta a Dèvero nel 1887.

Ogni periodo dell’anno è in grado di soddisfare gli amanti della natura in queste alte valli dell’Ossola. Inverno e primavera riservano agli appassionati dello sci una panoplia di itinerari di gran classe. L’estate vede il momento di escursionisti e cercatori di cristalli: al pari della vicina Binntal, la regione ben si distingue per la sua ricchezza mineralogica. Nella sola zona di Dèvero sono recensiti 144 tipi di minerali, alcuni dei quali unici al mondo. La cervandonite, ad esempio, scoperta sui pendii del Pizzo Cervandone, ben noto agli sciatori. Infine i numerosi alloggi a disposizione permettono di prevedere un soggiorno prolungato, che di certo non darà luogo ad alcuna delusione.

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