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Dove Messner imparò ad arrampicare Una gita in tarda stagione nel parco naturale Puez-Odle, nelle Dolomiti

Quando a tarda estate gli ultimi rifugi mettono gli scuri alle finestre, i sentieri escursionistici delle Dolomiti della Val di Funes si svuotano. Ma prima che cada la neve, il parco naturale si propone in tutto il suo sfarzo autunnale.

«Le Dolomiti! Da quando le ho viste per la prima volta, non mi hanno più lasciato. Saranno i contrasti paesaggistici o le gigantesche strutture rocciose ad attrarmi? Mentre siedo qui e scrivo, con il pensiero sono laggiù, dove la roccia si innalza verso il cielo, allettante e repellente al tempo stesso. Nelle Dolomiti.» Questa citazione del cineasta Martin Schliessler è solo uno dei tanti inni ai «monti pallidi» delle Alpi. Per lo scrittore Otto Julius Bierbaum erano un «epos di pietra», l’architetto Le Corbusier vedeva in esse «la mole più impressionante del mondo», mentre il pioniere del turismo alto­atesino Theodor Christomannos parlava addirittura di «viaggi mistici a dispetto delle divinità».

Le cime di casa di Messner

Dal 2009, ampie parti delle Dolomiti sono iscritte al Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Tra queste, il parco naturale Puez-Odle, istituito già nel 1978. Il suo simbolo è il gruppo delle Odle, con il Sass Rigais (3025 m) al centro. Sorgono tra la Val di Funes e la Val Gardena, due vallate del tutto diverse. Qui la quasi intatta, poco edificata Funes; là i turistici campi da sci della Val Gardena, ai piedi del Sella. Il giovane Reinhold Messner – cresciuto in Val di Funes, quella «profonda valle delle Dolomiti dove le nubi spesso spuntano da un lato della valle e, entro pochi minuti, spariscono oltre l’altro» – ha imparato ad arrampicare qui, e percorreva le sue montagne di casa estate dopo estate. Indimenticabile rimane per lui la sua marcia di oltre quaranta chilometri da San Pietro in Val di Funes a Santa Maddalena e alla Forcella del Furcia, poi oltre la Forcella della Roa nel gruppo del Puez, attraversando l’intero parco sulle sue gambe di ometto di otto anni. Tutto a piedi e ritorno. Nel medesimo giorno. Profondamente impressionato dalla dimensione e dalla varietà delle sue montagne.

Mare pietrificato e alpeggi

La Valle di Funes è un paesaggio culturale connotato nei secoli dalla mano dell’uomo fino nei suoi alpeggi più alti. Lo si osserva continuamente nei pascoli curati, ma anche nei sentieri escursionistici accuratamente allestiti. Come in un volume illustrato, in fondo alla valle, nella località di Ranui, sorge la chiesetta barocca dedicata a San Giovanni. Proprio dietro, le torri frastagliate del gruppo delle Odle, pallide e austere, si ergono contro l’azzurro profondo del cielo autunnale. Che ricorda l’antico mare primitivo, sul cui fondale, circa 230 milioni di anni fa, la massa principale delle Dolomiti prese forma come gigantesco banco di coralli e alghe. La prima neve orna cenge e fessure della roccia. Lo scenario è incorniciato da boschi di cembri e larici nella loro dorata veste autunnale. Da questa località idilliaca, la strada conduce allo Zanseralm, il punto di partenza di numerose escursioni nel parco naturale.

Knödel, «Schmarrn» e acquavite di frutta

Una settimana escursionistica nelle Dolomiti delle Odle non soddisfa soltanto gli amanti della natura, ma anche i buongustai. È vero che, nelle regioni più alte, quando in ottobre la porta della merenda si oppone a ogni tentativo di apertura o l’oste sta finendo di pulire la macchina del caffè, non è raro vedersi delusa l’aspettativa di un «Kaiserschmarrn». Ma più in basso, ad esempio al Geisleralm o al Gampenalm, gli ospiti hanno modo di farsi viziare fino a inizio novembre: dopo un excursus attraverso i piatti della cucina casalinga altoatesina, tra canederli al formaggio, mezzelune e «Topfenstrudel», la discesa a valle è più che benvenuta.

Chi già ha conosciuto la magia (autunnale) delle Dolomiti continua a ritornarci. Non ultimo, Reinhold Messner, che dopo più di 3500 vette scalate, 100 viaggi verso le montagne del mondo e arrampicate in ogni continente afferma: «Per me rimane la prima impressione delle Dolomiti vicine, vissuta nel 1949 allo Gschangenhardtalm: per me la montagna più formidabile.»

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