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Dove renne e pernici bianche si danno la buonanotte Trekking con gli sci nel cuore della Lapponia

Chi si avventura con gli sci nel Parco nazionale Urho Kekkonen conosce il lato selvaggio della Lapponia. Freddo gelido, solitario, ma di una bellezza irresistibile, questo mondo appartiene solo a se stesso.

Mauri, il noleggiatore di sci di Kiilopää, verifica una volta ancora la soletta dei lunghissimi sci da trekking e le viti degli attacchi. Poi volge lo sguardo al termometro fuori dalla finestra. Sembra sia piuttosto freddo, dice alla clientela. «21 gradi.» Il «meno», Mauri non si cura neppure di citarlo. Vive in una regione nella quale il freddo la fa da padrone per mesi: nel nord della Lapponia finlandese, 250 chilometri oltre il circolo polare artico.

Qui, tra il villaggio di Kiilopää e il confine con la Russia, si estende il Parco nazionale Urho Kekkonen. Una zona disabitata, dove il vento spazza solitario le creste delle colline innevate che sporgono simili a dorsi di bianche balene da una foresta che spazia sino all’orizzonte. Chi ama le zone selvagge, da Mauri a Kiilopää è nel posto giusto. Soprattutto durante la stagione fredda, guida un trek di più giorni attraverso il secondo maggiore parco nazionale della Finlandia, in un mondo invernale che appartiene solo a sé.

 

Cade l’ultimo legame con il mondo

Nei mesi invernali, solo pochi trekker attraversano questa regione. Forse perché l’avventura obbliga a confrontarsi con gli strapazzi: nel parco, i rifugi distano l’uno dall’altro lunghe giornate di marcia, la pulka – la slitta per il materiale – pesa sui fianchi come un sacco di patate già alla salita più leggera e il mattino presto, il termometro precipita a meno 30 gradi centigradi. Un freddo che penetra nel naso e salda le maniglie delle porte alle mani in frazioni di secondo.

Chi a Kiilopää supera il portale in legno che segna l’ingresso al parco nazionale deve poter fare pieno affidamento sul proprio materiale, sulla navigazione, sulle carte e sulle provviste. Poiché già dopo pochi chilometri, non appena l’itinerario lascia la pista preparata, cade l’ultimo legame con il mondo quotidiano. Nei rifugi, i telefoni non esistono, e i cellulari non ricevono alcun segnale. Perciò, Mauri distribuisce ai suoi clienti dei sacchettini contenenti viti e molle metalliche: pezzi di ricambio per gli attacchi. Nella leggerissima neve polverosa della Finlandia settentrionale, che raggiunge l’altezza dei fianchi, senza i due metri e mezzo di metsäsukset ai piedi (in italiano: sci da foresta) gli sciatori affonderebbero come pietre nell’acqua.

Ciò nonostante, chi percorre il Parco nazionale Urho Kekkonen dimentica i pericoli, le fatiche, il freddo. È troppo bello scivolare attraverso boschi ammantati di neve, attraversare paludi e laghi gelati, e superare colline dalle quali si ha l’impressione di scorgere la fine del mondo. Un mondo che, in questa stagione, si condivide solo con un paio di renne e di pernici bianche, qualche arruffata kukkeli (cincia) e, qua e là, un picchio.

 

Oasi di sicurezza

Immersi nel ritmo della marcia e del leggero sibilare degli sci nella neve, trascorrono le ore, i giorni in queste lande deserte nelle quali solo i rifugi alludono in modo appena accennato al mondo degli uomini. Si chiamano Tuiskukuru o Kuusela, Lankojärvi o Suomunruoktu. Sorgono a volte nascoste nella foresta, altri in una radura, sulla riva di un lago o di un torrente, e si assomigliano tutte: edifici di legno a un solo piano con piccole finestre a traverse; all’interno, una stufa e un fornello a gas, candele, paiolo e tegami, tavolo e tavolacci in legno.

Chi si toglie la neve dagli stivali e vi entra prova ogni volta la sensazione di entrare in una casa d’altri. Una casa, d’altro canto, abbandonata da tempo, nella quale ormai non si può trovare altro che il gelo. Capita che il termometro del locale indichi «20 gradi», come direbbe Mauri, e le gocce di tè versate congelano nello spazio di qualche secondo.

Tuttavia, trasportare la legna dalla tettoia alla baita e praticare un foro nel ghiaccio del vicino lago o ruscello fornisce il primo livello di riscaldamento. A un certo punto, però, il fuoco comincia a crepitare nella stufa, il tubo fumario scop-pietta e poco dopo la minestra è sul fornello. Durante la cena, accanto ai piatti fumanti, ondeggiano le fiamme di numerose candele, che trasformano il rifugio in un’oasi di sicurezza nel mezzo della grande notte della Finlandia settentrionale.

 

Aurore boreali e renne

Una notte, tuttavia, che lascia ben poco spazio alla tranquillità. Infatti, appena calato il buio, c’è un’unica cosa che ancora interessa: le aurore boreali, che sera dopo sera richiamano gli sciatori all’aperto. Li lasciano rabbrividire nel gelo, le mani ficcate nelle profondità delle tasche, le teste piegate all’indietro. Poi, eccola apparire: quella nube che avanza nel cielo, che improvvisamente si espande, si muove – e comincia a luccicare. Dapprima verde smeraldo, poi lilla. Sempre più grande e più chiara. Un velo che serpeggia nel firmamento. Senza alcun rumore, così che il silenzio sembra posarsi per sempre sul mondo dal cielo.

Anche nelle ore di luce qualche rumore non appartenente alla natura attraversa l’aria solo ogni paio di giorni: quando un sami – così si chiamano gli abitanti autoctoni della Finlan-dia – sale una collina con la sua motoslitta per controllare le sue renne. Per secoli i sami hanno vissuto seminomadi in Lapponia. Oggi sono diventati sedentari, e quasi non si distinguono più dai finlandesi. Sono tuttavia gli unici ad avere il diritto di tenere mandrie di renne allo stato brado all’interno del parco nazionale. La sciatrice fortunata potrà allora incontrare Unna, una piccola sami dai luminosi capelli rossi, un mantello di pelliccia e alla cintura un pukko, un coltello da lavoro finlandese. Quando nel parco incontra degli stranieri arresta la sua motoslitta. «Come è bello incontrare qualcuno dopo tutti questi giorni», dice, e comincia a chiacchierare. Racconta delle sue renne della sua rock band e dei lupi provenienti dalla Russia che le rendono la vita difficile. Per poi essere nuovamente inghiottita dal silenzio solo pochi istanti dopo, fugace come un’aurora boreale.

 

Ritorno alla metropoli di Kiilopää

Otto giorni nel Parco nazionale Urho Kekkonen si percepiscono come un trek in un universo alieno, nel quale il tempo è viscoso e il corso delle cose è rallentato. Tuttavia, a un certo punto, la Terra torna a farsi viva – almeno quando in lontananza si profila gradualmente il portale in legno attraverso il quale, poco dopo, si raggiungono nuovamente le case di Kiilopää. Un luogo che ora dà l’impressione della grande città. Di un paese della cuccagna, con l’albergo con la sauna già riscaldata e l’oste che serve agli affamati marciatori zuppa di salmone e filetto di renna. La gioia è però di breve durata, poiché eccola già di ritorno: la nostalgia del sibilo dei metsäsukset nella neve polverosa, dei cristalli di ghiaccio luccicanti nell’aria gelida e di quelle colline, di cui nessuno sa se segnino l’inizio o la fine del mondo.

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