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Il Giura basilese riscoperto Un tempo, nel Giura arrampicava l’élite

Per molti svizzeri, il Giura basilese è un perfetto sconosciuto. Ma proprio qui, ben lontano dalle montagne, si sono scritte pagine di storia dell’arrampicata.

Autunno. Inversione. Da qualche parte nel Giura svizzero, bene al di sopra dell’Altopiano. La vista verso sud è sgombra. La lunga e frastagliata catena delle Alpi lascia il respiro sospeso. L’occhio esercitato dell’arrampicatore riconosce da sé le montagne note e suppone la posizione dei più famosi siti di arrampicata svizzeri. Immagini di splendide giornate sulla roccia accelerano il ritmo cardiaco. Volgendo lo sguardo a nord, l’occhio incontra la catena arcuata della cresta orientale del Giura. Basilea. Arrampicare?

Ma sì, c’era qualcosa… Una volta… Quelle storie del Giura basilese. I migliori arrampicatori che venivano da lontano. Stile old school. Difficoltà elevate. Tecniche.

Luogo senza nome

Ma oggi dov’è il Giura basilese? Sulle carte lo si è già cercato inutilmente. La soluzione? Esiste solo nelle teste di noi arrampicatori della città di Basilea. E ciò nonostante si è imposto. Il Giura basilese si estende dal Cantone di Basilea campagna ai distretti solettesi di Dorneck e Thierstein. Da Basilea andiamo nella Laufental, raggiungibile dalla città in una ventina di minuti, sui cui ripidi versanti montuosi si trova la gran parte delle pareti arrampicabili del Giura basilese. La prima scalata registrata per scritto di una roccia basilese risale al 1910: Robert Helbling (1874-1954), dottore in geologia e pioniere della cartografia di montagna, dopo un lancio di corda riuscito si issò a braccia sulla torre del «Langer Mann», vicina al Pelzli e oggi purtroppo chiusa. L’epoca d’oro giunse poi negli anni 1980 – e per questo troppo tardi.

L’origine del Giura

Ovviamente, anche noi dobbiamo le nostre rocce ai precipitati calcarei organici e inorganici del Tetide, risalenti a circa 150 milioni di anni fa. Ma tutto questo si è verificato anche nelle altre montagne del Giura fuori dalla Svizzera. Qui, la cosa speciale è che i sollevamenti e gli abbassamenti tettonici della fossa renana hanno dato origine a fagliature a blocchi. I terremoti, come quello del 1356, che colpì in pieno Basilea, testimoniano l’irrequietezza della crosta terrestre. Sui dirupi di quei blocchi è poi stato possibile attrezzare parecchie dozzine – e persino centinaia – di vie, dando origine a una stretta comunanza di arrampicate facili e difficili, orientate ai diversi punti cardinali e con diversi gradi di ripidità.

Tecnico, liscio, attrito ridotto

Ecco sorgere la domanda sulle caratteristiche tattili. Francamente, non di rado liscio e con attrito ridotto. E così, taluni appigli e prese devono innanzitutto essere trovati. Questo riguarda soprattutto le rocce all’ingresso della Laufental. In siti quali ad esempio il Tüfleten, l’Ingelstein, il Pelzli o il Wasserschloss, nelle placche parzialmente analoghe a blocchi sono piuttosto richieste capacità e sensibilità tecniche dei piedi. Ma nessun timore! Personalmente, sostengo che chi arrampica nel Giura basilese impara prima o poi a usare i piedi per progredire e salire. La ricompensa è uno stile di arrampicata elegante e ammirevole. E per equità va anche detto che la levigatezza non è la sola sovrasollecitazione legata alle vie. La cosa interessante è che, più ci si addentra nella Laufental, la roccia diventa vieppiù prensile e ruvida.

Lo stile è così limitato? Avverto dei brontolii. No, niente paura. In siti come il Muggenberg e il Chuenisberg si incontrano importanti strapiombi. E proprio qui il Giura basilese ha anche scritto un po’ di storia dell’arrampicata.

La leggenda del Chuenisberg

Negli anni 1980, tra gli arrampicatori c’era la tendenza ad anche ipermobili, alla mera forza delle dita e alla dieta zero, oggi fortunatamente di gran lunga meno diffusa. I precursori erano un trio formato da Philippe Steulet, Wenzel Vodicka ed Eric Talmadge. Furono loro a catapultare il Giura basilese dal 7a alle sfere dell’8b.

Il momento magico giunse nel 1986. Wenzel Vodicka partecipava alla prima gara internazionale di lead a Bardonecchia. Vodicka raccontò con entusiasmo alla leggenda dell’arrampicata Antoine Le Menestrel del suo progetto fortemente strapiombante che aveva forato l’anno precedente e che poteva rappresentare il livello successivo. Antoine raccolse la sfida e l’invito di Wenzel, e al Chuenisberg – «Chuenis» per gli amici – si cimentarono dapprima amichevolmente e poi con una competitività sempre maggiore nella futuristica linea.

Apparentemente scioccato dai rapidi progressi di Antoine, Wenzel si ritirò in un altro sito del Giura basilese: la Pelz­mühletal, sopra Grellingen. Anche qui era in attesa un grande progetto, già da tempo oggetto di tentativi da parte di alcuni esponenti della scena. Con meticolosità e precisione, Vodicka riuscì infine a precorrere The Wall (8a+), una placca con un’inclinazione di 80 gradi. La sera stessa incontrò Antoine a Basilea e gli raccontò orgoglioso il proprio successo – solo per apprendere da Antoine che anch’egli aveva percorso il progetto del Chuenis, Ravage. Per la prima volta in assoluto veniva assegnato un grado 8c. E il buonumore di Wenzel svanì. Almeno, così proprio lui mi ha raccontato questa storia.

Nuovi standard

Alla fin fine, tuttavia, si trattò di un momento particolare per tutti, poiché nel Giura basilese si ebbero contemporaneamente due prime mondiali: con Ravage la via più difficile in assoluto e con The Wall la più difficile arrampicata su placche. E la voce si sparse: i migliori crack di allora giunsero dal mondo intero per cimentarsi con le massime vie. Alla fine degli anni 1980, il Chuenis fu anche teatro della tutt’ora più difficile scalata mai eseguita da una donna: l’alsaziana Christine Gambert, che si buttò sulle difficili e dolorose vie ­Monster Crack (8a+) e Marque en toit (8a+).

Con la nascita su scala mondiale di nuove supervie si spensero anche i riflettori sul Giura basilese. Che si illuminò nuovamente per un istante nel 2000, quando, con una dedizione durata ben 13 anni, Eric Talmadge eseguì il suo capolavoro, la strapiombante placca di Im Reich des Shogun (9a), nel Tüfleten, e posò una nuova pietra miliare. Nel 2009 arrivò infine Adam Ondra, che ridefinì gli standard: in una bordata di due giorni percorse Im Reich des Shogun al quinto tentativo e si aggiudicò al secondo The Wall e Ravage onsight.

Ora aspettiamo le nostre giovani leve, che stanno maturando nelle palestre di bouldering e arrampicata dei dintorni. E quando arriveranno…

Le difficoltà più alte della Svizzera

Ogni arrampicatore basilese conosce la timorosa domanda che, a un certo momento, affiora sulle labbra di quasi tutti i visitatori: «Era davvero una 6a?» Sì, le vie del Giura hanno valutazioni alte. Molto alte. Per questo motivo: alla fine degli anni 1980, la scena francese dell’arrampicata aveva grande influenza sulla regione ai confini della Francia. E gli arrampicatori non cercavano il nuovo solo sulla roccia: tutto era nel segno della new wave, proprio come la musica e lo stile di vita allora popolari. Accadde così che, con la prima di Ravage, la scala UIAA, allora consueta nel Giura basilese, fu sostituita da quella francese. E qui si insinuarono degli errori di conversione: 7- divenne solo un 6a, 9– solo 7b e 10- un 8a. A essere colpite furono soprattutto le vie dei livelli inferiori. Vi sono esempi di 5 UIAA percorse negli anni 1970 con l’aiuto di chiodi che mantennero il livello anche arrampicate in libera e vennero erroneamente declassate a 5a, mentre si trattava in realtà di 6a.

Alcune correzioni sono senz’altro necessarie, e sono già state introdotte nella nuova guida di arrampicata Jura Extrem e nelle nuova edizione di Jura Plaisir, della Filidor, che apparirà tra breve, come pure nella guida generale del CAS attualmente in lavorazione. Ma ciò nonostante, un sito di arrampicata cresciuto nella storia può ora semplicemente vantare le sue proprie storie e aspetti particolari.

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