Il granito fiorito del territorio più selvaggio del Canada | Club Alpino Svizzero CAS
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Il granito fiorito del territorio più selvaggio del Canada Scalare la Lotus Flower Tower

Il «Cirque of the Unclimbables» – il Circo degli inespugnabili – si trova nel profondo e selvaggio entroterra canadese. L’avventura non è solo scalare le sue monumentali pareti di granito

«È una nuvola?», chiede Pierre. Sto cercando di dormire e rispondo «sì» senza sollevare lo guardo. Ma Pierre non si da pace: «No, credo che sia qualcosa d’altro». Ma che cos’altro dovrebbe esserci nel cielo notturno del Canada? Di colpo anche gli altri due sono eccitati. Poco dopo siamo tutti lì a guardare rapiti l’orizzonte. Le luci dell’aurora boreale danzano sopra le torri granitiche del Cirque of the Unclimbables. E noi, piccoli e colti da timore reverenziale, ci troviamo su una delle sue vette, la Lotus Flower Tower.

La prima volta che abbiamo visto la torre granitica di 650 metri dal nome di un fiore è stato a Basilea. Il nostro amico Rolf aveva appeso una foto, che lo ritraeva mentre arrampicava in un ambiente assolutamente unico: granito solido con fessure perfette e «chickenhead»– xenoliti resistenti che offrono prese e appoggi fantastici. Sotto di lui l’abisso profondo. Nel negozio dove lavora aleggia sempre il fremito di mondi lontani: il suo codino, i suoi occhi, quando parla del Canada, luccicano più delle giacche variopinte sugli scaffali…

Il Kamel e Toblerone

Le descrizioni di Rolf ci hanno contagiato e così eccoci in agosto sulle rive di un laghetto solitario e sperduto. «Ci incontriamo alle 15 al Finlayson Lake», ci aveva scritto per e-mail Warren, il nostro pilota di idrovolante. Nient’altro. Così da Whitehorse ci siamo inoltrati per strade sterrate nel paesaggio selvaggio e per trovare il lago ci è voluto il GPS.

L’aria è pervasa da un gradevole odore di legno di pino e di fumo, da qualche parte in lontananza divampano sicuramente degli incendi. Solo un paio di barili di petrolio e un pontile di legno marcito ci lasciano supporre che siamo nel posto giusto. Nel più assoluto silenzio facciamo rimbalzare i sassi sulla superficie completamente liscia del lago. Poi un ronzio in lontananza! Di lì a poco Warren atterra sul lago, con il suo vecchio ma robusto DeHavilland. Con abilità si accosta al pontile. Possiamo partire.

Il giorno dopo veniamo scaricati al Glacier Lake e costeggiamo il lago gravati dal nostro pesante carico. L’umidità è tropicale, siamo aggrediti da nugoli di zanzare, e siamo contenti quando finalmente superiamo il limite degli alberi. Ben presto giungiamo all’ingresso del Cirque. Gli «inespugnabili» si stagliano come fortezze di film popolati da esseri fantastici. Il fondovalle all’interno del circo è formato da un prato verde accesso con blocchi giganteschi, i «Fairy Meadows». Sembra che un troll si sia divertito a giocare coi massi. Le forme dei blocchi ci appaiono familiari, troviamo il Kamel, la Sidelenhütte, il Toblerone. Dieci minuti dopo la nostra Svizzera in miniatura, lo vediamo, il Lotus Flower Tower, avvolto dalla luce mielata del sole crepuscolare.

Sotto i blocchi ci si può concedere una bella sosta all’asciutto. In vecchie scatole di latta si trovano bombolette del gas, teli di plastica, forchette, coltelli, cordini, vecchi cunei e cartine disegnate a mano. Una scacchiera e un paio di gialli ammuffiti possono aiutare a superare le giornate di pioggia. La cosa più bella è però il gabinetto: un pavimento ad assi con WC senza scarico con stupenda vista sui boschi giù nella valle. Invita davvero a indugiare più a lungo del necessario.

Improvvisamente la Headwall

Con nostra sorpresa non c’è quasi nessuno, soltanto una cordata di tre francesi. Attacchiamo subito discorso, loro sono qui già da tre settimane, il tempo è stato spesso umido, non sono ancora riusciti a scalare il Lotus. Gli assicuriamo che lasceremo loro la priorità. Il tempo è buono ed è destinato a migliorare. I francesi annunciano il loro ultimo tentativo. Saliamo più tardi, ma solo a scopo esplorativo e con tutta calma. I raggi del sole hanno già raggiunto la metà della parete quando armeggiamo coi primi friends e cunei nelle umide fessure. I due tiri di corda iniziali sono sempre umidi, è più o meno sempre così, si legge sulla carta. Poi però ci sono salite in fessura e in camino asciutte e con buone prese fino alla cengia del bivacco. Tutto in auto-assicurazione, massimo 5c, le soste sono ben salde. Sulla spaziosa cengia ci godiamo il sole e la colazione al sacco a base di datteri. È spazioso il «plush-bivy», per dirla nello slang dello Yosemite. E si trova proprio nel punto in cui si vorrebbe un po’ di riposo – all’inizio della difficilissima Headwall: 300 metri di roccia che non hanno uguali. La parete, leggermente affusolata, svetta sopra di noi nel cielo di un azzurro intenso, sistemi di fessure perfettamente paralleli conducono alla vetta come fossero binari. Costellati di neri «chickenheads», che offrono formidabili appigli.

A dire il vero volevamo ridiscendere e lasciare la priorità ai francesi. Ma loro non riescono a proseguire sull’Headwall e poco dopo ci raggiungono frustrati. Le fessure smusse sono difficili da assicurare, ci dicono. O forse non hanno i materiali giusti per l’assicurazione, per cui ora tornano giù. Quando ci lasciano le loro provviste d’acqua, ci viene voglia di proseguire.

Mezzanotte in vetta

Le fessure sono facilmente assicurabili – ma capiamo che cosa ha creato difficoltà ai francesi. Le fessure tendendo a restringersi e sono anche poco profonde. I mezzi di elezione in questi casi sono di solito i cunei e chi ne ha con sé pochi deve usarli con parsimonia. I tiri di corda sono lunghi e le fessure richiedono spesso le stesse misure. Gradualmente vediamo il vuoto spalancarsi sotto di noi, l’ascesa si fa più impegnativa e la parete esposta è una sfida per lo spirito. A ciò si aggiunge il fatto che la qualità delle soste si è di colpo drasticamente ridotta. Spesso si tratta di chiodi normali arrugginiti, legati insieme in qualche modo con lacci scoloriti. Ma un friend ben posizionato può nella maggior parte dei casi placare i nervi.

Quando arriviamo al passaggio chiave, un piccolo tetto, il sole è ormai basso. Dobbiamo scendere e dormire sulla cengia? Decidiamo di proseguire. Gli ultimi tre tiri di corda li facciamo alla luce delle lampade frontali e poco prima della mezzanotte ci lasciamo andare sfiniti sulla spianata della vetta. All’orizzonte si scorge ancora una lama di luce, il sole non vuole proprio decidersi a calare. Quando poi infine scompare, ha inizio lo spettacolo delle luci dell’aurora boreale. Troppo breve è stata questa notte sulla vetta e tutti ne siamo consapevoli: una cosa del genere accade solo una volta nella vita di uno scalatore.

Nella luce aurorale che va riscaldandosi ridiscendiamo soddisfatti, saltelliamo sui ghiaioni e infine ci sdraiamo stanchi e appagati sul «prato delle favole» a far compagnia alle marmotte.

Infestazione di licheni

Abbiamo ancora molto tempo e il clima continua a essere favorevole. Warren la definirà più tardi l’estate del secolo, le conseguenze negative sono però i molti incendi. Trascorriamo un paio di giorni al lago: nuotiamo, leggiamo, facciamo falò, andiamo in canoa, costruiamo una panchina di legno con cuscini di muschio, peschiamo e ascoltiamo musica. La canzone parla di stelle vaganti e contemporaneamente le luci boreali danzano al ritmo del fumo del nostro falò.

Poi ritorniamo a scalare nel Cirque. Vogliamo trarre il massimo da questa meravigliosa gita di arrampicata. Sull’East Huey Spire cominciamo però a capire per quale motivo i giganti di granito sono stati battezzati «gli inespugnabili»: strati di lichene di 10 centimetri ci rendono la vita difficile. Spesso ne sono ricoperte le rocce e le fessure, e bisogna fare attenzione a non scivolare giù dalla roccia insieme al lichene.

Sul Lotus non c’erano di questi problemi. Ipotizziamo che dipenda dell’esposizione solare, per cui ci mettiamo a cercare l’esposizione migliore, deve essere sudest. Riusciamo ancora a compiere una bella prima ascensione, che in realtà sarebbe un ottimale tour preparatorio per gli aspiranti scalatori del Lotus. Non appena iniziamo a discendere, finisce la lunga pausa di bel tempo.

Gli ultimi tre giorni piove incessantemente, e noi ce ne stiamo comodamente al riparo sotto il nostro blocco. Tracciamo una carta del nostro nuovo tour, giochiamo a carte, beviamo caffè e mangiamo cioccolato. Le provviste si stanno lentamente esaurendo – è tempo di dare una voce a Warren. Dopo due settimane complessive leviamo le tende dal Glacier Lake.

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