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In cammino con rispetto Attraverso l’ampia conca del Lombachalp

Nell’ampio territorio del Lombachalp non si può andare dove si vuole. Qui è tuttavia ancora possibile osservare gli urogalli: una severa gestione dei visitatori tutela la specie.

Il mondo dorme ancora, ma una Fiat Panda sfreccia abile sulla stradina di montagna innevata verso il Lägerstutz. Ne scende un tale agile e filiforme, ripulisce le tavole informative all’ingresso della zona di protezione della natura del Lombachalp, corre con le racchette in una e nell’altra direzione. E vien da chiedersi cosa stia realmente facendo. «Definisco una traccia per i racchettisti, che se non li si guidasse calpesterebbero l’intera pampa», spiega Lukas Schärer. Fa il ranger, e il suo compito consiste nel far rispettare le regole all’interno della zona di protezione della fauna selvatica. Tra lo Hohgant e la catena che collega il Brienzer Rothorn all’Augstmatthorn, nel bacino imbrifero di Lombach ed Emme si estende una fragile torbiera alta, con i suoi 86 chilometri quadrati la seconda della Svizzera per estensione. Un paesaggio da sogno, che attira le persone in cerca di ricreazione soprattutto d’inverno. E l’aspetto migliore: dall’introduzione di un modello di protezione nel 2007 non sono sparite né la pista di fondo, né il sentiero escursionistico invernale.

Invece, grazie all’informazione, si cerca di mettere sostenibilmente in sintonia turismo e tutela della natura. Così, Lukas Schärer non si vede come uno «sceriffo», come un tempo era spesso chiamato. Il suo compito consiste piuttosto nella sensibilizzazione dei visitatori, spiega. Affinché anche i racchettisti abbiano le loro direttive, si marcano per loro due itinerari – anche se quando qua e là qualche spirito libero non vi si attiene, Lukas è occasionalmente costretto a intervenire con maggiore severità. I disturbi ripetuti durante l’inverno sono particolarmente avvertiti dalle popolazioni di urogalli e fagiani di monte, in quanto i tetraonidi dagli occhi ornati di rosso non sono in grado di accumulare grasso. E hanno perciò bisogno di zone di tranquillità.

Non è chiaro a tutti. Una traccia di racchette attraversa selvaggiamente il terreno, e irritato, il ranger chiude la deviazione con due aste di plastica incrociate. «Sconsiderati che consumano la natura senza riflettere», gli si legge negli occhi. Ma lo tiene per sé. Una denuncia la rischia solo chi viene colto sul fatto.

Lo chalet del Lägerstutz ospita caseificio, ufficio dei ranger e il ristorante Jägerstübli. Alle 10 in punto, Elisabeth Zurbuchen apre la porta del salone, prepara il caffè e pulisce i tavoli. L’affluenza si farà sentire solo a mezzogiorno, e solo nei fine settimana soleggiati.

Già suo nonno faceva trascorrere l’estate quassù al suo bestiame, racconta. E così è ancora nella torbiera protetta di Habkern-Sörenberg, dove sono in esercizio ancora cinque alpeggi. Il bestiame serve non da ultimo anche alla cura del paesaggio, impedisce che i pascoli si imboschiscano e tutela in tal modo la biodiversità botanica. All’idea del previsto parco naturale non ci vuole tuttavia abituare, per paura di ulteriori divieti. Il progetto è naufragato nel 2011. Il ranger Lukas torna dal suo giro di ispezione e si concede una pausa. «Intendete salire allo Hohgant? Allora è meglio che portiate con voi una mappa con l’esatta indicazione delle zone di protezione e degli itinerari», consiglia. «Dopo il Widegg avete libertà di scelta e nel versante sud-est dello Hohgant è possibile trascorrere una notte romantica alla Hohganthütte. Il giorno dopo si può scendere a Kemmeriboden per le famose meringhe…» E sembra proprio che abbia già l’acquolina in bocca. E noi pure, alla vista delle montagne innevate che, con le loro forme aguzze e frastagliate circondano il dolce paesaggio ondulato del Lombachalp e mettono nelle gambe voglia di movimento allo stato puro. E come omaggio culinario, una conclusione a base di chiara d’uovo e doppia panna di montagna ci sta bene.

Fagiani in amore davanti alla baita

Ci mettiamo in marcia, sempre lungo la cresta che sale verso i bastioni rocciosi dello Hohgant. Alle nostre spalle, le creste delle Alpi bernesi colmano l’orizzonte e danno voglia di girarsi continuamente. Come se le cime di Schreckhorn e Finsteraarhorn, di Eiger, Mönch e Jungfrau, di Breithorn, Tschingelhorn e Gspaltenhorn spuntassero direttamente dal Lombachalp. Solo dopo le baite dell’alpeggio di Ällgäuli è possibile intravvedere l’intaglio simile a una gola tra lo Hohgant e il Furggegütsch che consente di salire al ripiano della vetta. Un’impresa non facile con le racchette: le condizioni lo devono permettere. E quando non lo permettono, non fa niente: la Hohganthütte è di per sé una destinazione. Costruita in tronchi e attrezzata per escursionisti autosufficienti, trasporta i suoi ospiti in un’atmosfera da trapper. Accendere la stufa, far sciogliere neve a sufficienza e via per il giro di esplorazione attraverso il corrugato paesaggio carsico con i suoi affascinanti giochi di luci e ombre su fino alla Jurtenflue, dove l’altopiano sprofonda improvvisamente nell’Emmental. Oppure, dalla capanna a sud, per l’altopiano innevato e disseminato di abeti rossi della Bröndlisflue, che offre splendide vedute a perpendicolo sulla torbiera. Non è raro poterli osservare di buon mattino direttamente dalla capanna…

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