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La temerarietàpuò colpire anche la famiglia Pratiche controverse in materia di rendite per superstiti

Chi in montagna rischia troppo mette in pericolo anche i suoi famigliari. Dopo un incidente mortale, le assicurazioni possono ridurre notevolmente le rendite per i superstiti. Queste disposizioni sono tuttavia contestate.

Per un 52enne sangallese, la gita con gli sci allo Haldensteiner Calanda era finita in tragedia. Durante la discesa, a 2200 metri traversava un ripido pendio a est quando un lastrone di neve si staccò e lo travolse. Il compagno riuscì a soccorrerlo rapidamente e ad allarmare la Rega, ma cinque giorni più tardi – come riferì in seguito la stampa locale – morì all’ospedale cantonale di Coira in seguito alle ferite riportate. Nel Blick si leggeva poi che altrettanto tragicamente si era conclusa un’escursione con le racchette al Flügenspitz, sopra Amden, per un 48enne zurighese: dopo mezzogiorno, affrontando la ripida discesa, l’uomo causò il distacco di una valanga, della quale rimase vittima. La sua compagna corse in suo aiuto e riuscì a liberarlo parzialmente dalla neve, ma una volta sopraggiunti, i soccorritori poterono soltanto constatare il decesso del racchettista.

Secondo l’Istituto per lo studio della neve e delle valanghe, nella media pluriennale sulle montagne svizzere 23 persone muoiono a causa delle valanghe. Per i famigliari si tratta di inimmaginabili disgrazie. Tuttavia, a volte non tutto si ferma qui: dopo l’incidente al Calanda, la compagnia Allianz ridusse della metà le rendite per superstiti della vedova e della figlia della vittima. Il Tribunale delle assicurazioni del Canton San Gallo ha confermato la decisione nel febbraio 2017 (sentenza UV 2014/63 del 14.2.2017). Anche la vedova della vittima della valanga del Flügenspitz si è vista dimezzare la rendita per superstiti della Zurich. Il provvedimento è stato confermato nel febbraio 2013 dal Tribunale federale (sentenza 8C_987/2012 del 21.2.2013).

L’aspetto delicato è la definizione dell’atto temerario

Se nel trattamento giuridico degli incidenti in montagna simili casi sono piuttosto rari, risultano ciò nonostante estremamente gravosi per le famiglie interessate. L’opinione pubblica li nota appena, e anche gli sportivi della montagna spesso non sono consapevoli del rischio. Questa a prima vista difficilmente comprensibile misura punitiva nei confronti dei famigliari si spiega con una disposizione dell’Ordinanza sull’assicurazione contro gli infortuni, il cui articolo 50 stabilisce che «nel caso di infortuni non professionali dovuti a un atto temerario, le prestazioni in contanti sono ridotte della metà; esse sono rifiutate nei casi particolarmente gravi». Se l’infortunato sopravvive, la disposizione si applica tra l’altro alle indennità per malattia o invalidità; se l’incidente ha esito mortale, interessa le rendite per i superstiti destinate ai famigliari.

L’aspetto delicato – e controverso – riguarda soprattutto la definizione di atto temerario. L’Ordinanza lo descrive così: «Vi è atto temerario se l’assicurato si espone a un pericolo particolarmente grave senza prendere o poter prendere le precauzioni per limitare il rischio a proporzioni ragionevoli.» Nell’esempio dell’incidente in valanga dei Grigioni, il tribunale ha concluso che «una valutazione adeguata dei rischi avrebbe dovuto portare alla decisione di rinunciare a percorrere quel pendio altamente pericoloso». Il pericolo di valanghe era marcato, le condizioni della neve sul posto erano critiche, la pendenza superava i 40 gradi e il pendio era sconosciuto agli sciescursionisti.

Anche nel caso del Flügenspitz il tribunale ha rilevato nel comportamento concreto dei racchettisti un atto temerario. Se da un canto già conoscevano l’itinerario, dall’altro non hanno consultato né il bollettino delle valanghe, né altre informazioni aggiornate, e nel corso della giornata avevano abbandonato il percorso indicato e marcato. Anche in quell’occasione il pericolo di valanghe era di grado 3: «Mancava loro un’accurata preparazione», ha sentenziato il Tribunale federale.

Secondo la Suva, diversamente ad esempio dal base jumping, l’alpinismo, l’arrampicata e la pratica degli sport della neve fuori dalle piste marcate non rientrano nelle discipline a rischio per le quali lo stesso assicurato, o in seguito a incidenti mortali i suoi superstiti, devono in ogni caso aspettarsi delle riduzioni. Con queste discipline della montagna occorre verificare nel caso specifico l’esistenza di un cosiddetto atto temerario relativo. «La valutazione può essere molto delicata», afferma l’avvocato basilese Martin Kaiser, specializzato in diritto dello sport. Particolarmente difficile può risultare la distinzione di «colpa grave», che comporta sanzioni considerevolmente meno severe.

Come Kaiser spiega nella sua pubblicazione Sozialversicherungsrechtliche Aspekte des Unfallbegriffs und des Wagnisses im Sport (Aspetti giuridici inerenti alle assicurazioni sociali del concetto di incidente e dell’atto temerario nello sport; n.d.t.), persino il Tribunale federale ammette delle incertezze. In tali casi, un’«autentica garanzia di trattamento giuridico equo» non sussisterebbe. L’avvocato Menk Schläppi, presidente della Commissione giuridica del CAS e membro del Comitato centrale, afferma: «Per garantire la sicurezza del diritto, sarebbe auspicabile armonizzare le conseguenze giuridiche dell’atto temerario relativo e della colpa grave.» E anche per l’esperto Martin Kaiser, «rispetto alla colpa grave, l’atto temerario è trattato con eccessiva severità.»

Non ogni rischio è un atto temerario

Chi si prepara in modo corretto può intraprendere un’escursione con gli sci o le racchette anche in caso di pericolo di valanghe marcato o forte (grado 3 o 4) senza rischiare una riduzione delle prestazioni assicurative per colpa grave o atto temerario. Ma cosa significa concretamente una «corretta preparazione»?

 

Una risposta genericamente valida non esiste. Decisivo è il comportamento nei singoli casi. Rita Christen, giurista, guida di montagna e presidente del gruppo di esperti per gli infortuni in montagna, lo spiega così: «Nelle attività sulla neve, il grado di pericolo stabilito dal bollettino delle valanghe è sicuramente un fattore. Ma anche altri aspetti assumono ruoli decisivi.» Cita ad esempio le condizioni effettive della neve nella zona dell’escursione e in particolare nel pendio interessato dall’incidente, le caratteristiche della gita (ripidità, altitudine, esposizione, dimensioni e forma dei pendii, ecc.), le tracce, le condizioni di visibilità e le nozioni tecniche inerenti alle valanghe. Secondo Rita Christen, per gli sportivi esperti anche le escursioni in terreni dolci con grado di pericolo forte (4) potrebbero rappresentare un rischio accettabile, mentre sarebbe diverso con pericolo molto forte (grado 5). «È importante sapere che non ogni errore rappresenta in sé una colpa grave», continua l’esperta: «Gli incidenti accadono perché le persone fanno errori, e proprio per questo abbiamo un’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni.» Una colpa grave verrebbe a sussistere solo a fronte di una palese divergenza dai consueti standard dello sport della montagna. Proprio per questo, non ogni attività connessa a rischi è di per sé un atto temerario: lo sono per contro quelle in cui si corrono rischi irragionevolmente elevati e difficilmente controllabili.

Chi tuttavia è alla ricerca del brivido nonostante l’alto rischio può assicurare i propri famigliari con diversi prodotti assicurativi proposti da compagnie private. Alcuni datori di lavoro stipulano a volte simili assicurazioni complementari all’assicurazione obbligatoria per tutti i loro dipendenti.

La Suva non riduce più le rendite per superstiti

Nella pratica, le assicurazioni percorrono vie diverse. «Anche a fronte di un atto temerario relativo, dal 2003 la Suva non riduce più le rendite per i superstiti. Il motivo è quella che secondo la Suva è una situazione giuridica poco chiara, risultato di contraddizioni a livello di legislazione. Per contro, le prestazioni in denaro alla persona infortunata continuano a essere oggetto di riduzioni», commenta Oliver Biefer della Suva, presso la quale è assicurata contro gli infortuni oltre la metà dei prestatori d’opera.

Un piccolo sondaggio non rappresentativo mostra come, in relazione alla riduzione delle rendite per superstiti, anche le assicurazioni private siano piuttosto prudenti. Il fatto che la Suva non vi ricorra più irrita tuttavia il settore. «Non dovrebbe essere così», commenta Raoul Nanzer della Mobiliare: fintanto che le relative disposizioni giuridiche saranno in vigore, dovrebbero anche esser applicate. Anche secondo l’Allianz: «Ci atteniamo alla prassi giuridica confermata dal Tribunale federale.» Quale spiegazione del controverso articolo di legge, David Schaffner della Zurich rimanda alla ponderazione tra l’interesse generale di coloro che pagano i premi e quello dello sportivo (a rischio): «I pagatori dei premi dovrebbero essere protetti contro oneri irragionevoli.»

In caso di incidenti mortali, per le compagnie di assicurazione è scabroso ridurre le prestazioni per i superstiti. «È difficile spiegare perché proprio questi debbano soffrire», commenta Raoul Nanzer. È quindi comprensibile che ricorrano solo raramente a questa misura. Le cose sono tuttavia diverse per le prestazioni in casi non mortali: «Tendenzialmente, le compagnie di assicurazione tentano di attribuire all’assicurato un atto temerario relativo», constata Menk Schläppi del Comitato centrale del CAS. Le riduzioni risultano allora di gran lunga maggiori che per una colpa grave. Rita Christen, presidente del gruppo di esperti per gli infortuni in montagna, osserva come «negli ultimi anni la prassi degli assicuratori sia diventata piuttosto severa, probabilmente a fronte di una prevista evoluzione sociale in direzione di un atteggiamento piuttosto avverso al rischio e non solidale.»

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