L’Alta Via delle Alpi Biellesi | Club Alpino Svizzero CAS
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L’Alta Via delle Alpi Biellesi Sacri Monti e leccornie attorno a Biella

Dove le Alpi sorgono verso il cielo dalla pianura del Po: ecco il Biellese. Ogni anno, la regione esercita il suo fascino sugli amanti della montagna e 800 000 pellegrini raggiungono i Sacri Monti, straordinarie mete di pellegrinaggi decretate dal 2003 patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Ma vi si trovano anche angoli tranquilli.

In Svizzera, il nome Biella è spesso associato al cosiddetto «classificatore federale». Biella è tuttavia anche il capoluogo dell’omonima provincia piemontese, a circa metà della linea che congiunge Locarno a Torino. Meno noto è forse il fatto che Biella sia anche il luogo di nascita dell’organizzazione Mountain Wilderness. Quasi simbolica di quest’ultima è una lunga via in cresta, l’Alta Via Biellese, che inizia un po’ a ovest della città e, dal punto di vista delle difficoltà, si situa tra l’escursione alpina e la via ferrata. Non tutti i passaggi dell’Alta Via sono assicurati, e questo procura senz’altro qualche emozione. Cui si aggiunge gratuitamente bellezza selvaggia, quiete e cultura secolare. In effetti, sette dei nove Sacri Monti con i loro santuari si trovano in Piemonte e solo due in Lombardia (v. riquadro). Un paio di chilometri a nord di Biella, nel 1617 i cappuccini eressero il più antico e importante luogo di pellegrinaggi mariani dell’arco alpino, il Sacro Monte di Oropa. Ogni anno, 800 000 pellegrini salgono ai suoi 1200 metri per raccogliersi in preghiera. 12 cappelle propongono rappresentazioni degli eventi più importanti della vita della Madonna.

 

Luoghi sacri e ostelli

Non meno interessanti sono le particolarità del vicino convento della Trappa. Il monastero è parte dell’ecomuseo della regione, che offre conoscenze su diversi conventi, ma anche su altre istituzioni. Nel XVII secolo, il convento ospitò ad esempio dei monaci trappisti, un ramo riformato dell’ordine cistercense, che furono successivamente cacciati da Napo-leone.

Una particolarità degna di nota è il fatto che oggi, i viaggiatori trovano ospitalità presso ognuno dei conventi. Ad esempio nel Santuario di Graglia, il punto di partenza dell’Alta Via delle Alpi Biellesi, dove le grandi camerate sono state munite di cucina. Considerato tuttavia che i piemontesi ben sanno come solleticare i palati con le molte leccornie locali, sarebbe quasi peccato mettersi ad accendere il forno della camera.

La Colma di Mombarone è una montagna sacra, sulla cui vetta troneggia la statua del Redentore. Dal Rifugio di Mombarone, lo sguardo spazia dal Monte Rosa al Monte Bianco, al Gran Paradiso e al Monviso. Il Mombarone è l’ultimo pilastro di quella catena montuosa che si estende verso meridione dal massiccio del Monte Rosa e separa la regione di Aosta dal Piemonte. L’Alta Via delle Alpi Biellesi segue questa cresta fino alla Valle Cervo, nell’angolo nordoccidentale del Biellese. Una cresta avventurosa, tre giorni tra cielo e roccia in mezzo a bizzarri gendarmi. Ci vuole tempo stabile, poiché ogni temporale è foriero di pericoli, che sono particolarmente marcati fino al Rifugio Delfo e Agostino Coda del Club Alpino Italiano, raggiungibile solo percorrendo una via ferrata. Se le condizioni meteorologiche sfavorevoli non dovessero permettere di raggiungerlo, il Colle della Lace, uno dei molti passaggi storici della via, offre la migliore possibilità di ritirata.

 

Esercizio di equilibrismo

Su un vicino alpeggio vive Giovanni Chiavenuto, contadino di montagna. Carica regolarmente il suo asino di grosse forme di formaggio che vende a valle, mentre sua moglie Piera lava a mani nude la biancheria sporca di montagna. Una vita dura, che pochi ancora sono disposti ad affrontare. Molti alpeggi della regione sono stati abbandonati, poiché quassù le comodità come la corrente sono davvero rare. Per questo, le valli di montagna del Piemonte si annoverano anche tra le maggiori zone di spopolamento delle Alpi. Spesso si incontrano rovine o pendii incolti e inselvatichiti.

 

Lingua sopraffatta dagli assaggi

Se il tempo è favorevole, dal Colle della Lace si raggiunge in un paio d’ore il Rifugio Coda: due edifici in muratura di pietra con le imposte segnate dalle intemperie. Christina Chiappo, l’anima del Rifugio, è cresciuta qui e ha seguito le orme paterne.

Sul bancone si osservano misteriosi vasi da conserve: «Sono solo zuccherini», sorride compiaciuta. «Ma perché non si sciolgono nel liquido?», chiediamo noi. «Perché sono immersi in alcol ad alta gradazione», rivela e ci lascia assaggiare tutte le varianti gustative. Improvvisamente la lingua diventa insensibile: «Quello è il garofano», ride maliziosamente.

 

Vale la pena alzarsi di buon’ora

L’incipit più bello di una giornata riuscita è l’alba sulla Punta Sella. La salita inizia proprio dietro la capanna. Quando i ghiacciai del Monte Rosa sembrano a portata di mano e le nubi che si innalzano dalla pianura del Po incontrano il crinale, lo spettacolo è assolutamente particolare: a destra della cresta il mare di nebbia, a sinistra un cielo di un azzurro terso. Sono momenti di energia, peraltro assolutamente necessari per la salita al Monte Mars, poiché l’arrampicata fino al punto più alto dell’escursione è molto avventurosa.

Mentre a nord il Cervino si profila chiaramente all’orizzonte, visto da sud il Mombarone appare sempre più come un miraggio. Da qui vediamo anche il Monte Rosso, dove capre dalle corna possenti si godono il sole.

 

Schiere di pellegrini

Ogni cinque anni, a fine luglio, il prossimo passaggio, il Colle della Barma, è teatro di un pellegrinaggio. Verso le dieci di sera, schiere di credenti vi affluiscono da Fontainemore, sul versante aostano, per assistere al sorgere del sole sul passo. Dalla parrocchia di Fontainemore si recano in pellegrinaggio all’antica basilica e al cimitero di Oropa, per venerarvi la Madonna nera. Non lontano dal passo, la Capanna Renata, rannicchiata sul Monte Camino. L’alloggio offre un panorama indimenticabile e un luogo perfetto per rimettere in forze le gambe ormai stanche. Chi lo volesse, può anche scendere al santuario di Oropa con la funivia.

Ma noi intendiamo continuare verso nord, lungo l’Alta Via. In programma ci sono più di sette ore di scalata in cresta. Verso la fine, il su e giù si fa però un po’ più duro, e il sollievo si avverte solo in vista della capanna. Il Rifugio Alpino Lago della Vecchia è un alpeggio riconvertito dal 1811, sottoposto a interventi di ristrutturazione nell’estate 2012. Il suo interno è altrettanto primitivo del suo aspetto esterno. Le cuccette di legno riportano il visitatore indietro nel tempo. Un contrasto totale con la gestione: durante la stagione, Valeria Coda Zabetta, la custode, sa viziare l’ospite anche con piatti orientali, e propone un programma innovativo. Con i concerti che organizza regolarmente, nella capanna possono risuonare anche sonorità basche.

 

Un lago, un guerriero e una guaritrice

La testata della valle è fucina di leggende. Una narra di un giovane guerriero, innamoratosi di una bellissima ragazza bionda. Il loro matrimonio si sarebbe dovuto celebrare su una grande pietra sul Lago della Vecchia. Indossato un abito riccamente ornato, la ragazza attese il promesso sposo per tutta la notte. Il mattino però appare un uomo sconvolto, con la notizia che l’amato era stato trovato morto nel bosco. La giovane sposa lo fece inumare nel lago, che non lasciò mai più per tutta la vita. Solo un orso le tenne compagnia, fino alla morte. Dotata di poteri magici, sembra abbia guarito molti malati della valle, per poi trovare essa stessa la sua ultima dimora nel lago. Oggi ancora – così almeno vuole la leggenda – nelle notti di luna piena si possono vedere i suoi capelli biondi brillare nell’acqua.

 

Un giro culturale ricco di contrasti

Una mulattiera artisticamente lastricata scende dal Rifugio Alpino Lago della Vecchia a Piedicavallo, il villaggio più alto della Valle Cervo, da dove un bus porta a Biella. Tuttavia, la Grande Traversata delle Alpi, che schiude la parte bassa del Biellese è troppo interessante per essere tralasciata. Sono troppe le bellezze celate nella regione – come ad esempio Rosazza, luogo d’origine dell’avvocato e senatore Federico Rosazza (1813-1899). Ispirato da molti indirizzi stilistici durante i suoi viaggi, con numerosi edifici da lui stesso realizzati conferì al villaggio un aspetto del tutto inconsueto. La chiesa in stile lombardo e il Castello di Rosazza che ricorda la Scozia con il contrasto storico delle antiche case valser: una miscela davvero straordinaria. Lungo romantiche vie pellegrine si prosegue poi fino al santuario di San Giovanni e a quello di Oropa, patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, con la cupola della sua basilica, alta 80 metri, che catalizza tutti gli sguardi. Al suo interno trovano posto fino a 3000 fedeli, e ogni anno 800 000 pellegrini la visitano in più di 100 processioni. La sera, però, quando il clamore dei pellegrini si placa e sui luoghi sacri torna a dominare la quiete, dalla valle si scorge solo ancora il mare di luci della pianura del Po, simile a un lenzuolo coperto di candele.

I nove Sacri Monti

I nove Sacri Monti dell’Italia settentrionale sono estesi sistemi di cappelle e altre mete di pellegrinaggi costruiti nel tardo XVI e nel XVII secolo sulle montagne e le rive dei laghi e dedicati ognuno a specifici aspetti della fede cristiana. Oltre alla loro importanza simbolica e spirituale, sono di grande bellezza e ottimamente integrati nel paesaggio. Ospitano numerosi capolavori artistici, come dipinti e sculture.

Maggiori informazioni sul patrimonio dell’umanità dell’UNESCO: whc.unesco.org/ → The List → Italy.Fonte: wikipedia.org

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