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Luce rifratta e luce diffusa Fenomeni atmosferici

Tramonti romantici e glorie fanno battere forte il cuore degli alpinisti. Ma chiunque conosca alcuni principi fondamentali dell’ottica dell’atmosfera è in grado di spiegare numerosi fenomeni.

La luce del sole si compone di onde elettromagnetiche con lunghezze diverse. Talune parti di questo spettro non sono visibili a noi umani: le onde cortissime delle radiazioni UV, per esempio, all’origine delle ben poco gradite scottature, o quelle lunghe delle radiazioni infrarosse, il cui calore irradia dalle rocce la sera, dopo che il sole è tramontato. Tra loro si situa lo spettro visibile, con lunghezze d’onda comprese tra i 380 e i 750 nanometri (1 nanometro = 1 miliardesimo di metro) con i colori violetto, blu, ciano, verde, giallo, arancione e rosso.

Quando un raggio luminoso passa da un fluido a un altro - per esempio dall’aria all’acqua - viene leggermente deflesso, o rifratto. In questo processo, le lunghezze d’onda più brevi vengono deviate in maniera maggiore, il che causa la suddivisione del raggio nelle sue singole componenti cromatiche. Questo è il motivo per cui, in presenza di molti fenomeni atmosferici, osserviamo i colori dell’arcobaleno.

Nell’arcobaleno classico, il raggio luminoso viene rifratto quando entra nella goccia di pioggia, quindi riflesso una volta dalla sua faccia posteriore e nuovamente rifratto all’uscita. Se ci troviamo tra il sole e la precipitazione, il raggio luminoso, suddiviso nel suo spettro cromatico, viene riflesso verso di noi con un angolo di 42° - e noi vediamo l’arcobaleno. Gli arcobaleni più netti appaiono quando il sole è basso nel cielo e dietro l’arcobaleno vi sono ancora delle nubi scure.

Più il sole è basso, più appare la radiazione rossa

La luce può non solo essere rifratta, bensì anche diffusa. Quando un raggio di luce si imbatte in una particella più grande della sua lunghezza d’onda, tutte le sue lunghezze d’onda vengono diffuse in modo uguale. Questa cosiddetta diffusione di Mie spiega tra l’altro perché le nubi appaiono bianche: le gocce d’acqua, relativamente grandi, diffondono altrettanto intensamente tutti i colori, per cui vediamo solo la luce bianca.

Più le gocce d’acqua diventano grandi, più la luce bianca viene dispersa verso l’alto. E le nubi le cui grosse gocce di pioggia cadranno presto sulla nostra pelle ci appaiono grigie. Tuttavia, solo dal basso, poiché viste da sopra, le nubi sono sempre bianche!

All’opposto della diffusione di Mie, la cosiddetta diffusione di Rayleigh si verifica con particelle il cui diametro è molto più piccolo della lunghezza d’onda della luce, per esempio le molecole d’aria. In questi casi, le lunghezze d’onda più brevi (blu) vengono diffuse maggiormente rispetto a quelle più lunghe (rosso). Ecco perché il tramonto è rosso: più il percorso della luce attraverso l’atmosfera è lungo, più le componenti blu si disperdono. Quando il sole è basso nel cielo, all’osservatore pervengono quasi esclusivamente le componenti rosse della luce.

Di spettri, glorie e misteri

Particolarmente fortunato si sentono coloro che, durante una gita in montagna, incontrano lo spettro di Brocken. Lo spettro di Brocken, o gloria, è la proiezione della propria ombra sulla nebbia, nella quale la testa è solitamente circondata da un’aura di anelli colorati.

L’origine delle glorie è complessa, e non definitivamente chiarita: nelle gocce di nebbia, che sono da dieci a 1000 volte più piccole di quelle di pioggia, la luce deve essere riflessa di 180° verso l’osservatore. Per spiegare questo non bastano rifrazione e riflessione, ma occorre considerare diffrazione, onde superficiali e un pizzico di teoria quantistica… Quindi, lo spettro di Brocken custodisce bene i suoi misteri, e rimane ciò che è: semplicemente bello.

Meteorologia

Nella nostra nuova serie in collaborazione con MeteoSvizzera trattiamo interessanti tematiche connesse alla meteorologia. Nel prossimo numero: le violente tempeste estive.

Inoltre, il sito meteosvizzera.ch propone interessanti informazioni inerenti al tempo meteorologico.

I nostri antenati non vedevano il blu?

Nel XIX secolo, lo studioso inglese William Gladstone osservò che il colore blu non veniva mai menzionato nell’Odissea di Omero. Il filologo Lazarus Geiger, che successivamente setacciò antichi testi greci, islandesi, cinesi ed ebraici, fece la medesima constatazione: niente blu! Forse i nostri antenati non vedevano il blu? Oppure un colore nasce solo quando abbiamo coniato una parola per definirlo?In natura, il colore blu è raro. Gli studiosi ritengono perciò che per molto tempo non vi fosse alcun motivo di dargli un nome. Studi recenti sostengono questa ipotesi. Uno di questi, del 2019, ha stabilito che i mongoli, che usano termini diversi per il blu chiaro e il blu scuro,

In natura, il colore blu è raro. Gli studiosi ritengono perciò che per molto tempo non vi fosse alcun motivo di dargli un nome. Studi recenti sostengono questa ipotesi. Uno di questi, del 2019, ha stabilito che i mongoli, che usano termini diversi per il blu chiaro e il blu scuro, distinguono più tonalità di blu che non i partecipanti cinesi, che hanno un unico termine per tutte le sfumature del colore..

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