Neve, ghiacciai e permafrost 2013-2014 | Club Alpino Svizzero CAS
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Neve, ghiacciai e permafrost 2013-2014 Variazioni della lunghezza dei ghiacciai delle Alpi svizzeri nel 2013-2014

Grandi differenze delle precipitazioni nevose tra nord e sud e un’estate più calda ma variabile hanno generato differenze cor­rispondenti in relazione a manto nevoso, bilancio di massa dei ghiacciai e riscaldamento del permafrost. In seguito all’andamento sul lungo termine, la lingua di tre ghiacciai si è nuovamente staccata.

L’evoluzione meteorologica

Nonostante le generose nevicate avutesi già nel novembre 2013, fino a Natale l’altezza della neve era bene al di sotto della media in tutte le regioni. I successivi, frequenti sbarramenti da sud hanno poi fornito al pendio sudalpino neve in abbondanza (dal 200% al 300% rispetto al normale) fino a fine febbraio 2014, con precipitazioni pari a circa un metro di coltre bianca in 24 ore. Nelle Alpi meridionali si sono perciò raggiunte altezze della neve da due metri a due metri e mezzo fino a circa 1500 metri. Nessun punto di misurazione ha tuttavia potuto registrare nuovi record (grafico 1).

Al contrario, le frequenti condizioni di favonio sul versante nordalpino e l’Altopiano hanno favorito temperature miti con solo poche precipitazioni e altezze della neve inferiori alla media (grafico 2). Persino sul Weissfluhjoch (2540 m), proprio nei mesi di ottobre e novembre 2013 lo spessore del manto nevoso era di poco superiore alla media. In alcune località dell’Altopiano non si è avuta neppure una singola nevicata, mentre alla fine dell’inverno, a Locarno si contava un numero di giornate di neve (7) più che doppio rispetto a Zurigo (3). In retrospettiva, nell’Altopiano solo il periodo 1989-1990 si era rivelato ancora più povero di neve.

Caldi e piuttosto secchi, i mesi di marzo e aprile hanno portato a un rapido scioglimento del manto nevoso in tutte le regioni.

Dopo un giugno caldo, luglio e agosto si sono rivelati leggermente più freddi e umidi del normale. Questo ha causato ripetute nevicate al di sopra dei 3000 metri, con condizioni quindi più vantaggiose per i ghiacciai. Spesso, i pendii esposti a nord sono rimasti bianchi durante l’intera estate. Anche il versante sudalpino ha conosciuto un’estate estremamente piovosa e povera di sole, il che ha consentito il perdurare di residui nevosi invernali in canali e conche anche al di sotto dei 2000 metri.

I ghiacciai

Nel periodo di osservazione si sono rilevati il bilancio di massa di circa 15 ghiacciai e le variazioni di lunghezza di oltre 100 lingue glaciali. I ghiacciai hanno iniziato il periodo di scioglimento estivo a sud con quantità di neve superiori e a nord con quantità di neve inferiori alla media. Le condizioni variabili di luglio e agosto hanno giocato in favore soprattutto dei ghiacciai d’alta quota, poiché le frequenti precipitazioni di neve nuova ne hanno notevolmente ridotto lo scioglimento. Il successivo caldo di settembre ha causato per contro ulteriori perdite di massa e lo scioglimento di ampi tratti di lingue glaciali.

Bilancio negativo pure con l’aumento di massa al sud

Nei ghiacciai a meridione della cresta principale delle Alpi e dell’Engadina (p.es. Findelengletscher, Vadret dal Murtel) si sono misurati bilanci di massa uguali o leggermente positivi (da +10 cm a +15 cm di spessore). I ghiacciai osservati a nord della cresta alpina hanno per contro mostrato moderate riduzioni di massa, che quantificate in 40-90 centimetri sono ad ogni modo inferiori alla media degli ultimi decenni. I ghiacciai del nord-est del paese (Silvrettagletscher, Pizolgletscher) hanno dal canto loro fatto registrare cali netti, pari a oltre un metro (grafico 3). Con questo, nel 2013-2014 le differenze regionali dei bilanci di massa si sono rivelate particolarmente forti e dipendono direttamente dalle citate frequenti situazioni di sbarramento da sud durante l’inverno e la primavera, che hanno portato maggiori quantità di neve a meridione e tempo secco a settentrione della catena alpina. Il valore cumulato su tutti i ghiacciai della Svizzera indica per il periodo in oggetto una perdita stimata della massa di ghiaccio pari a circa 300 milioni di metri cubi, corrispondente a una riduzione di circa lo 0,6% del volume di ghiaccio attualmente presente nel paese.

85 ghiacciai hanno perso lunghezza

Nell’autunno 2014 è stato possibile determinare la variazione di lunghezza di 94 lingue glaciali (vedi tabella). Diversamente dal bilancio di massa, questa rispecchia meno le condizioni dell’anno in oggetto e maggiormente la tendenza delle condizioni climatiche degli anni trascorsi, anche se nei ghiacciai maggiori la tendenza climatica influisce solo con forte ritardo sull’estremità della lingua (grafico 4). In totale, 85 ghiacciai si sono accorciati, mentre quattro lingue glaciali hanno conosciuto una variazione minima e cinque un leggero aumento. Fatte salve tre eccezioni, i valori (vedi tabella) variano dai circa 100 metri di ritiro del Blüemlisalpgletscher/BE fino all’arretramento ridotto a otto metri del margine della lingua del Firnalpelifirn/OW.

Nuovi distacchi di lingue glaciali

Le tre eccezioni riguardano lo Schwarzgletscher/VS, con –959 m (in due anni), l’Unterer Grindelwaldgletscher/BE, con –471 m, e il Chelengletscher/UR, con –303 m. Le importanti variazioni di questi ghiacciai dipendono dalla loro ­evoluzione nel corso dell’ultima decade. Connessa a un fortemente ridotto apporto di ghiaccio dal nevaio, la generalmente importante copertura di detriti delle lingue ha dato luogo a un loro massiccio assottigliamento con una ridotta perdita in termini di lunghezza. Durante la scorsa estate, poi, in tutti e tre i ghiacciai si è osservato il distacco di un’importante sezione della lingua in corrispondenza di pieghe del terreno o di punti meno protetti dai detriti. L’estremità attiva delle lingue si è perciò ritrovata improvvisamente arretrata di molto in tutti e tre i casi. Il momento di simili eventi è piuttosto casuale e rispecchia solo minimamente l’evoluzione generale e continua del ghiacciaio o le condizioni all’estremità della lingua. Analogamente dicasi per i singoli aumenti, che non vanno attribuiti a un maggiore apporto di ghiaccio dal nevaio, bensì a particolari situazioni e condizioni locali nei singoli anni.

Nessuna inversione di tendenza

In generale, per i ghiacciai delle Alpi svizzere le condizioni meteorologiche del periodo 2013-2014 possono essere definite come ampiamente favorevoli: negli ultimi 15 anni, infatti, se ne sono osservate di leggermente migliori solo nel periodo di misurazione 2012-2013. Non è tuttavia possibile parlare di un’inversione di tendenza. Nonostante lo scioglimento dei ghiacciai si sia rivelato meno drammatico rispetto alla media pluriennale, le perdite in termini di massa sono globalmente ancora considerevoli. E anche i rinnovati distacchi delle lingue glaciali indicano che gran parte dei ghiacciai è ancora sempre troppo grande per il clima attuale.

Il permafrost

Nel periodo interessato, i dati dell’osservazione del permafrost in Svizzera (PERMOS) indicano ormai per il sesto anno consecutivo delle condizioni molto calde, risultanti dalle singole condizioni meteorologiche e di innevamento che, in funzione della stagione possono indurre una diminuzione (p.es. disgelo tardivo in primavera/estate) o a un rialzo (p.es. nevicate precoci in autunno) delle temperature.

Differenze regionali

Le differenze regionali della copertura nevosa sono state all’origine anche di temperature diverse negli strati prossimi alla superficie. Nelle Alpi orientali, le forti nevicate precoci e le elevate temperature autunnali hanno portato alla conservazione del calore autunnale, mentre nelle altre zone il manto nevoso è rimasto sottile fino a Natale, permettendo il raffreddamento del suolo.

Troppo caldo anche su più anni

Le grandi quantità di neve cadute a sud delle Alpi hanno ritardato il disgelo e la neve ha protetto dalle temperature primaverili in aumento. Le rimanenti regioni hanno per contro conosciuto un disgelo precoce rispetto alla media. I calori da primato del 2014 hanno però infine fatto sì che, nella maggior parte delle località, le temperature superficiali al termine del periodo si situassero ai livelli più elevati degli ultimi anni, rivelandosi di circa 0,3 °C più alte rispetto alla media decennale 2000-2010. Le condizioni umide e il ridotto irraggiamento della piena estate 2014 hanno contenuto i livelli massimi delle temperature superficiali, che in media rimangono tuttavia elevate. I valori misurati in profondità presso ben 25 carotaggi sono di nuovo leggermente più elevati nella maggior parte dei siti (fig. 5).

L’effetto del calore latente

Strane sono le temperature invernali elevate degli ultimi cinque anni, che nelle località più calde sono scese solo di poco sotto il punto di congelamento, ad esempio sullo Schilthorn, nel ghiacciaio roccioso dello Schafberg, sopra Pontresina, o nella morena ricca di ghiaccio delle Gentianes, presso Nendaz. In questi luoghi «caldi», l’aumento della temperatura dall’inizio delle misurazioni è stato solo ridotto o persino assente. Ciò è dovuto al fatto che, con temperature solo di poco inferiori al punto di fusione, l’energia che penetra nel terreno è utilizzata per sciogliere il ghiaccio prima che le temperature possano superare gli 0 °C. Si parla qui di effetto del calore latente.

Le variazioni del tenore di ghiaccio non possono essere rilevate mediante la misura delle temperature. Sono per contro osservate presso singole perforazioni ricorrendo a complessi metodi geofisici che tengono conto della diversa conduttività elettrica di acqua e ghiaccio. Per il periodo in oggetto sono disponibili i dati di soli due siti (Schilthorn e Stockhorn presso il Gornergrat), che confermano le condizioni calde. Allo Schilthorn, i valori registrano da cinque anni dei massimi da primato.

Taluni ghiacciai rocciosi in rapido movimento

Nell’ambito delle osservazioni del permafrost si rilevano anche i movimenti orizzontali alla superficie dei ghiacciai rocciosi. Nel periodo in oggetto sono ulteriormente aumentati, sulla media dei sei siti sotto osservazione del 5% rispetto all’anno precedente. Mentre in questo periodo i ghiacciai rocciosi dei siti Aget e Gemmi presentano un relativo calo, pari a circa il 10-15%, sono generalmente aumentati a Tsarmine (+21%) e al Grosses Gufer (+27%). In linea di massima la gran parte dei ghiacciai rocciosi si muove attualmente a grande velocità, e in singoli siti si sono raggiunti e superati anche gli attuali valori massimi dell’anno idrologico 2003-2004. Nell’evoluzione a lungo termine si osservano tuttavia delle differenze tra le località, le cui cause esatte necessitano di ulteriori indagini. In particolare va chiarita l’influenza dell’acqua sul movimento dei ghiacciai rocciosi.

Ulteriori informazioni

Ghiacciai: Andreas Bauder, VAW, ETH Zurigo,

bauder(at)vaw.baug.ethz.ch, 044 632 41 12

Neve: Christoph Marty, SLF, marty(at)slf.ch, 081 417 01 68

Permafrost: Jeannette Nötzli, PERMOS, Università di Zurigo,

info(at)permos.ch, 044 635 52 24

La rete di misure della criosfera in Svizzera

Il monitoraggio della criosfera concerne ghiacciai, neve e permafrost (www.cryosphere.ch). Osservazioni e misurazioni sono coordinate dalla Commissione Criosfera (CC). Le misurazioni relative alla neve sono eseguite dall’Ufficio federale di meteorologia e climatologia MeteoSvizzera e dal WSL – Istituto per lo studio della neve e delle valanghe (SLF) sulla base dei rilevamenti presso circa 150 stazioni di misura. I rilevamenti sui 115 ghiacciai sono affidati a rappresentanti di scuole politecniche e universitarie, agli uffici forestali cantonali, alle aziende idroelettriche e a privati (glaciology.ethz.ch/swiss-glaciers). L’evoluzione meteorologica si basa sui bollettini di MeteoSvizzera e dello SLF.

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