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Nostalgia ai piedi dell’Aiguille du Midi Sulle tracce di un fantasma del turismo

Porta d’ingresso al Monte Bianco dalla parte di Chamonix, l’Aiguille du Midi ha dato filo da torcere agli ingegneri del XX secolo. Un’avventura folle che un’escur-sione consente di rivivere seguendo curiose vestigia sulle alture della capitale mon-diale dell’alpinismo.

A una curva del sentiero, ergendosi dal nulla in mezzo agli alberi, il formidabile manufatto in granito appare in maniera quasi brutale. Questa specie di piroscafo incagliato nel pendio è l’antica stazione di Para, vestigio del «Chemin de fer aérien Chamonix-Pélerins-Aiguille du Midi», primo edificio della conquista meccanica della mitica guglia. Entrato in servizio nel 1924 con partenza dal villaggio di Pélerins, l’impianto non raggiunse mai il suo obiettivo e non superò la stazione Glaciers, situata a 2414 metri di altitudine. Abbandonata definitivamente nel 1951, questa linea diventata obsoleta fu d’altro canto ribattezzata «teleferica dei ghiacciai» alla fine degli anni Quaranta, quando fu lanciata l’idea di raggiungere l’Aiguille du Midi dal centro di Chamonix passando per il Plan de l’Aiguille.

Vestigia di un turismo d’altri tempi

Della stazione di Para rimarranno alcune immagini quasi surrealiste. Innanzitutto c’è la dimensione smisurata del vecchio edificio. Pieno di ballatoi, di scale, di angoli e di cantucci su diversi piani, ospita tutt’ora gran parte del macchinario dell’epoca. Dipinte sulle pareti, alcune vecchie pubblicità scolorite sembrano voler ricordare che un tempo, qui la vita traboccava del movimento e delle emozioni di una folla molto vivace. Ma l’elemento più toccante è senz’altro la visione quasi dantesca dell’antica cabina in legno e alluminio, immobilizzata nelle sue corse dal tempo che non cessa mai di passare. Queste poche immagini, che appaiono come il lancio di un film in bianco e nero, costituiscono l’ambientazione di queste gita fuori dal tempo.

La salita si svolge lungo la favolosa pista di sci detta «dei ghiacciai», sulla quale il celebre sciatore di Chamonix, James Couttet, vinse la prova di sci alpino Arlberg Kandahar nel 1948. I vecchi piloni rivettati, ancora eretti, portano al sito completamente in rovina della vecchia capanna di Pierre Pointue (2038 m). Anche qui il tempo si è definitivamente arrestato. Agli esordi della storia dell’alpinismo e delle ascensioni al Monte Bianco, questo rifugio in pietra viva era l’equivalente degli odierni rifugi del Goûter e dei Grands Mulets. C’erano ovviamente gli scalatori che vi facevano una sosta apprezzata prima di raggiungere il tetto d’Europa o di ridiscenderne – senza dimenticare la moltitudine dei primi «monchu», termine del dialetto locale che designava i turisti cittadini di allora, che si facevano portare a spasso senza sforzo alcuno, a dorso di mulo, per il piacere di vedere da vicino le grandi lingue immacolate del ghiacciaio di Bossons e del Dôme du Goûter

Triste capolinea di un sogno abortito

La salita si fa spossante. Dopo aver superato un piccolo dosso, il pendio si inerpica decisamente e diventa ripido, fino all’improvvisa apparizione della massiccia struttura della stazione Glaciers, triste capolinea di una tratta che non avrebbe mai raggiunto la sua meta ultima, l’Aiguille du Midi. Oggi ancora si distinguono i piloni di un tracciato fantasma, che doveva portare da Glaciers ai piedi della cresta sud della Guglia, da dove un ultimo tronco avrebbe a sua volta raggiunto la vetta. La sua costruzione iniziò nel 1938 e fu definitivamente abbandonata nel 1948.

In questo paesaggio panoramico, dominata del massiccio delle Aiguilles Rouges e dal Monte Bianco, la prospettiva su questa irreale fortezza delle nevi sembra smisurata. Al di là del fatto che appare come schiacciato da tutta la verticalità della parete nord dell’Aiguille du Midi, il gigantismo della vecchia costruzione continua a impressionare i rari visitatori che osano arrampicare fin quassù. Avvicinandosi a queste vecchie mura e lasciando libera l’immaginazione, si ha l’impressione di ascoltare le discussioni degli sciatori che, poco più di sessant’anni or sono, qui scendevano dalla cabina.

Sulla soglia dell’alta montagna

Al momento di affrontare la delicata traversata del Glacier des Pélerins per raggiungere il Refuge du Plan de l’Aiguille, un’ombra che corre furtivamente sulla neve richiama l’attenzione. Il passaggio della cabina della funivia dell’Aiguille du Midi ricorda che il sogno di raggiungere meccanicamente la guglia ha finito per realizzarsi. Dal 1955, infatti, i turisti affluiscono dal mondo intero per conquistarne la vetta in pochi minuti dal centro di Chamonix.

Non lontano dalla stazione intermedia del Plan de l’Aiguille, il rifugio omonimo è nella situazione ideale per partire alla scoperta del Grand Balcon Nord. Né troppo grande né troppo piccolo, è il campo base perfetto per immergesi appieno nell’atmosfera delle grandi vette che dominano l’itinerario della seconda tappa. E sino dall’alba, ecco sgranarsi i nomi dei mitici «pizzi» di Chamonix: Aiguille du Midi, des Péle-rins, de Blaitière, des Nantillons, du Grépon, des Grands Charmoz, de la République... l’elenco sembra non finire mai.

Questo percorso accessibile, che consente di costeggiare da vicino l’immensa lingua glaciale della Mer de Glace, con i suoi sette chilometri la più grande di Francia, lascia con il fiato mozzo. A contatto con una tale densità di creste slanciate, lastroni vertiginosi e ghiacciai sospesi, l’escursionista ha già posato un piede nell’universo affascinante dell’alta montagna.

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