«Si applica il contratto collettivo» La conferenza dei presidenti 2015
I custodi delle capanne CAS saranno integralmente soggetti al contratto collettivo nazionale anche la prossima estate. Come Heinz Frei, responsabile della divisione Capanne, ha spiegato alla conferenza dei presidenti riunita a Bienne, un regime delle eccezioni è nel frattempo naufragato.
«Capanne CAS al capolinea», titolavano lo scorso settembre i giornali scandalistici, e 77 contributi di stampa e radio amplificavano l’eco mediatico. Il motivo della sollevazione: le capanne del CAS sono soggette al contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) della ristorazione, la cui obbligatorietà è stata dichiarata generale dal Consiglio federale. Con questo, a tutte le capanne custodite che occupano degli impiegati si applicano le stesse regole del diritto del lavoro che valgono per ogni esercizio pubblico di pianura: salari minimi, due giorni di riposo per settimana lavorativa, orario settimanale massimo di 45 ore, rilevamento e controllo corretti degli orari di lavoro.
Condizioni che, in alta montagna, sono tuttavia spesso difficili – quando non impossibili – da soddisfare. Un esempio: stando al CCNL, gli impiegati devono trascorrere le loro pause fuori dall’azienda. Ma in alta montagna, con neve e temperature negative delle pause fuori dalla capanna sono inimmaginabili.
«Intervento politico»
Per queste ragioni, come il responsabile della divisione Capanne presso il Comitato centrale Heinz Frei ha spiegato alla conferenza dei presidenti di Bienne, il CAS si è impiegato in favore di un regime delle eccezioni, che sarebbe dovuto entrare in vigore a fine settembre 2015. Poi, a una settimana dalla riunione della commissione paritetica di sorveglianza che supervisiona l’applicazione del CCNL, ecco il bailamme mediatico. L’origine? Nel bel mezzo della battaglia elettorale, il consigliere nazionale UDC Adrian Amstutz ha reso pubblica a Palazzo federale l’irritazione di un custode, e le cerchie borghesi hanno cominciato a mettere sotto pressione il CCNL. Con tutto questo, la commissione paritetica ha chiuso il tema e mandato a carte e quarantotto l’agognato compromesso – con grande disappunto del CAS: «Si è trattato di un intervento politico e mediatico scatenato da un unico custode e da un unico consigliere nazionale», ha affermato Frei a Bienne, «che da parte nostra non è stato né promosso né sostenuto.» Ora, il Comitato centrale sembra avere le mani legate. La dichiarazione di obbligatorietà generale del Consiglio federale durerà infatti fino al 2017. Solo in seguito sarà possibile discutere eventuali eccezioni, commenta Frei – tranne qualora il CCNL venisse prematuramente rescisso dai partner sociali. Fondamentalmente, il CAS continua ad appoggiare il CCNL: «Puntiamo sempre sulle trattative», e Frei aggiunge che si tratterebbe tuttavia di casi singoli e chiaramente definiti.
I custodi tagliano impieghi?
Frei confida che, sino ad allora, i custodi trovino delle soluzioni individuali. Per quanto concerne i salari, le esigenze sarebbero in generale comunque rispettate. Più difficile è l’aspetto degli orari di lavoro, per i quali risulterebbero particolarmente importanti dei precisi piani e protocolli. In singoli casi, questo potrebbe portare alla necessità di assumere più personale, con le relative conseguenze finanziarie per i custodi. Alla conferenza dei presidenti è tuttavia stata sussurrata anche una soluzione diversa: ad esempio, il custode di una capanna ha suggerito di non più proporre posti di lavoro per la prossima stagione e di gestire l’esercizio della capanna all’interno della famiglia. Frei si è detto fiducioso sul raggiungimento di un regime delle eccezioni per il 2017. Un gruppo di lavoro composto da rappresentanti del CAS e dell’associazione dei custodi di capanne Schweizer Hütten è stato incaricato di esplorare le opzioni e possibilità durante i prossimi mesi e di introdurre soluzioni grado di raccogliere consensi maggioritari agli organi competenti.