Sottile, liscio e screditato: il dyneema | Club Alpino Svizzero CAS
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Sottile, liscio e screditato: il dyneema Pro e contro le fettucce in dyneema

Le speciali e sottili fettucce in dyneema avevano appena fatto la loro comparsa quando furono all’origine di un terribile incidente. Il discredito fu immediato. A torto, secondo Chris Semmel, l’esperto per la sicurezza dell’associazione tedesca delle guide alpine: anch’esse hanno i loro campi di applicazione.

Ai corsi di arrampicata e di formazione sono domande poste di frequente: «Si possono annodare le fettucce in dyneema?» «In caso affermativo, quali sono i nodi da utilizzare?» «Le fettucce in dyneema si strappano se li si usa come asola di autoassicurazione a una sosta e ci si cade?» «Il dyneema fonde se si usa la fettuccia in un prusik o lo si congiunge con un nodo strozzato?»

Tre materiali base

Tutte queste domande fanno riferimento a tre diverse proprietà dei materiali, ovvero il punto di fusione, l’«annodabilità» (struttura superficiale) e il comportamento alla rottura (elasticità). Fornire delle risposte non è possibile senza un minimo di conoscenza di questi materiali. Eccone quindi una breve panoramica.

Dyneema è un marchio della ditta DSM che designa suo prodotto in fibre di polietilene (PE), più precisamente HPPE (higher performance polyethylene). I composti polietilenici sono numerosi e una fibra analoga è commercializzata con la denominazione Spectra.

Nylon è un marchio della DuPont che designa la sua fibra poliammidica (PA).

Kevlar è il marchio che designa la fibra aramidica della DuPont. Il termine «aramide» (Ar) è un acronimo di poliammide aromatica. Altre fibre del gruppo delle aramidi sono conosciute come Twaron, Nomex o Technora.

Nell’attrezzatura alpinistica, queste fibre vengono spesso utilizzate in combinazione. È quindi ancora più importante conoscere le caratteristiche delle tre principali, dyneema (PE), nylon (PA) e kevlar (Ar).

Le combinazioni tipiche delle fibre nell’alpinismo

È frequente veder proposte fettucce in nylon o dyneema: queste ultime sono leggere, sottili e generalmente bianche. A causa della sua superficie molto liscia, il dyneema è infatti difficilmente tinteggiabile. Le fettucce proposte in commercio sono inoltre cucite, poiché l’estrema levigatezza del materiale fa sì che i nodi si sciolgano troppo facilmente. Sono piuttosto consueti anche i tessuti misti in nylon e dyneema, ad esempio per rinvii, fettucce per ancoraggi o per l’anello di sicurezza dell’imbragatura.

I cordini (con anima e calza) sono sempre più spesso proposti in combinazioni di fibre. Oltre ai cordini classici, nei quali sia l’anima sia la calza sono realizzati in nylon, ve ne sono anche in dyneema o kevlar, con la calza sempre in nylon, ma l’anima consistente del corrispondente materiale hi-tech.

Tutti e tre i materiali reagiscono all’irraggiamento UV e invecchiano in maniera diversa. Tuttavia, perché la loro resistenza venga pregiudicata in modo apprezzabile il materiale deve rimanere esposto molto a lungo all’aperto. In generale è perciò raccomandabile un certo scetticismo, in particolare con le fettucce installate in modo fisso. Per contro, l’invecchiamento da UV del materiale personale, impiegato solo temporaneamente, è praticamente trascurabile.

Nodi

I nodi sono essenzialmente di due tipi: di congiunzione e «a occhio». Come abbiamo detto, i cordini in dyneema sono molto lisci. Nel caso di carichi statici, i nodi di congiunzione potrebbero tendere a scivolare e ad aprirsi. È anche per questo motivo che le sottili fettucce in dyneema sono sempre cucite. Attenzione, però: questo significa anche che non bisogna mai tagliare un cordino in dyneema e ricollegarlo con un nodo!

Le cose sono diverse con i cosiddetti nodi «a occhio»: un nodo guida su un cordino in dyneema ha una tenuta statica di 11 kN, un nodo a otto di 17 kN e un bulino doppio (fettuccia per collegamento in serie) di 24 kN. Si può quindi accettare un nodo guida nel cordino. Chi volesse una sicurezza ancora maggiore, opterà per un bulino doppio, in Svizzera piuttosto inconsueto.

Quando si parla di carico su un nodo, uno dei timori più diffusi riguarda la combustione per fusione. In tali casi, il nodo scorre o viene stretto dinamicamente. Nella realtà, si hanno delle «bruciature», simili a quelle della calza, quando si cala troppo rapidamente il proprio partner con il mezzo barcaiolo. Le medesime bruciature superficiali si verificano anche con i cordini in poliammide. Che in una simile situazione una fettuccia si «bruci» interamente è impossibile. Come nel caso dell’assicurazione con il mezzo barcaiolo, a sfregarsi sono sempre nuovi segmenti di materiale.

Le cose sono per contro ben diverse se si commette il catastrofico errore di infilare la corda direttamente nella fettuccia e calare così il proprio partner (che sarà ben presto un ex partner). Negli esperimenti condotti,1 le fettucce in poliammide sono «bruciate» al pari di quelle in dyneema dopo poco più di quattro metri. Il test non ha tuttavia permesso di distruggere la fibra aramidica. Inoltre, i cordini non sono propriamente «bruciati», ma – per essere precisi – sono stati segati dall’azione combinata del calore e della ruvidità della calza.

Prusik e prohaska

Se si intende usare il dyneema per un nodo prusik, occorre distinguere chiaramente tra cordino e fettuccia. Un cordino in dyneema ha sempre una calza in poliammide. Un cordino in dyneema da 5,5 mm di spessore è adatto a ogni situazione.

Le cose stanno diversamente per le fettucce cucite in dyneema. La superficie liscia causa meno attrito e con il prusik la «bruciatura» risulta praticamente impossibile. In particolare con le nuove fettucce in dyneema, però, l’attrito ridotto può far sì che il nodo prusik non tenga sufficientemente, ed è quindi necessario ricorrere almeno a un prusik triplo. In quest’ambito, il cordino è chiaramente migliore. In Svizzera si raccomanda solitamente di realizzare il prusik solo con cordini di 5-6 mm di diametro.

La situazione è analoga con il prohaska: la fettuccia in dyneema può essere utilizzata anche in questo caso, ma considerata la sua liscezza un giro in più sulla corda va a tutto vantaggio della sicurezza (vedi tabella pagina 29). Non sono però mai stati eseguiti dei test esaurienti.

Piccole clessidre e spigoli affilati

Se nel corso di un movimento pendolare una fettuccia scorre su uno spigolo roccioso finirà per strapparsi. A prima vista si potrebbe pensare che in particolare le sottili fettucce in dyneema resistano al carico di uno spigolo ancora meno di quelle in nylon. Tuttavia, proprio in questo caso, il dyneema è nettamente superiore al nylon. Lo hanno dimostrato in modo impressionante i lavori di diploma di Peter Riesch e Michael Bückers all’Istituto tecnico di Monaco e la ricerca sulla sicurezza del Deutscher Alpenverein.

A parità di sezione, il dyneema presenta una resistenza agli spigoli da sei a sette volte superiore a quella del nylon. Un cordino in dyneema da 5,5 millimetri con calza poliammidica riesce persino ad assorbire altrettanta energia di una corda semplice da 9,2 millimetri con anima di nylon. Il kevlar ne sopporta tre volte quanto il nylon. Per clessidre dagli spigoli affilati vanno quindi preferite fettucce in dyneema o cordini in dyneema o in kevlar.

Soste

Una delle domande più frequenti, infine, è se una fettuccia in dyneema si strappi quando la si usa per autoassicurarsi a una sosta e si cade nella fettuccia. Nei test pratici, cadute da circa 2,1 metri non causano la rottura di nessuna delle fettucce, in PE, PA o miste (PE/PA).2 A prima vista sembra una buona cosa. Attenzione, però: nessuna delle fettucce è elastica. Nel caso di una caduta, le forze generate superano perciò nettamente il limite superiore di quelle che il corpo umano è in grado di assorbire senza conseguenze gravi. Indipendentemente dal materiale con il quale la fettuccia o il cordino sono realizzati, non si dovrebbe mai arrampicare oltre la sosta così assicurati!

Le cose si sono poi dimostrate diverse nelle cadute test, nelle quali le fettucce sono state usate quali autoassicurazioni come nelle vie ferrate: con cadute da 3-4 metri, tutti e tre i materiali hanno ceduto. In altre parole: mai (e poi mai) autoassicurarsi con queste fettucce in una via ferrata!

Le fettucce in dyneema sono universali

L’idea di penzolare nel vuoto sospesi a questo sottile materiale può dare i brividi. E la paura è irrazionale, e non facile da scacciare con argomenti «ragionevoli». Tuttavia, una volta che alle cose sottili si è fatta l’abitudine, non se ne vorrebbe mai più fare a meno.

Sono così tanti i vantaggi, oltre al peso e al volume ridotti. Sono ideali da infilare o per strozzare i chiodi, e dal momento che non presentano praticamente alcun allungamento e hanno un attrito minimo, sono perfettamente adatte alla realizzazione di un recupero da crepaccio. Una fettuccia in dyneema lunga 240 centimetri è in un certo qual modo un’«arma universale» grande quanto un pugno, adatta ad abbracciare grandi blocchi, quale fettuccia da soccorso o alla realizzazione di soste con più punti fissi.

Occorre tuttavia sempre tener conto di due limiti fondamentali: mai usarle con nodi di congiunzione e, nel caso dei prusik, eseguire sempre almeno un prusik triplo.

Per saperne di più

http://dmmclimbing.com/knowledge/how-to-break-nylon-dyneema-slings/

Panorama 6/2007 und 7/2007

Bergundsteigen 1/2009

Alpinlehrplan vol. 5, «Klettern – Sicherung und Ausrüstung», blv Verlag

www.bergundsteigen.at → archiv → 02/2010 → «Das weiche Auge»

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