Sul Balcone del Giura | Club Alpino Svizzero CAS
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Sul Balcone del Giura Lo Chasseron con gli sci

Se il Balcone del Giura vodese è già molto popolare tra i racchettisti e altri fondisti, le pendici dello Chasseron strizzano l’occhio agli sciescursionisti. Neve, abeti e panorama a 360 gradi nel paese dei carillon e di Louis Jaccard-Lenoir.

In lontananza, solo la catena alpina emerge dalla nebbia. Dell’Altopiano svizzero nulla traspare. Lasciato un’ora prima, il pacifico villaggio orologiero di Sainte-Croix appare più in basso. Istante sublime. Il sole di marzo invita a una pausa prolungata in cima al Cochet, il piccolo pan di zucchero che precede la salita finale allo Chasseron. A 1483 metri di altitudine, accanto all’imponente croce che dal 1938 veglia su Sainte-Croix, ci si scopre a fantasticare, gli occhi persi in quel dolce mare di ovatta che si estende fin oltre il Lemano.Qualche ora prima, a Yverdon-les-Bains, la copertura stratiforme era talmente spessa da oscurare il giorno. Il freddo e l’umidità che avvolgevano la stazione del capoluogo del nord vodese non invitavano in alcun modo alla pratica sportiva. Ma la magia doveva realizzarsi poco più tardi lungo la linea ferroviaria Yverdon – Sainte-Croix. Da quasi 120 anni, d’inverno, questa linea metrica che ha consentito lo sviluppo economico della capitale del carillon conduce i viaggiatori dal buio alla luce. Fedele alla sua reputazione, il piccolo convoglio fora la nebbia poco prima di Sainte-Croix. D’un tratto, la temperatura cambia, e gli occhi faticano a sostenere tutta quella luce. Quando si tratta di risalire il villaggio per raggiungere i primi campi di neve ai piedi del Cochet, i piumini sono ormai già nello zaino.

 

A 115 chilometri dal Monte Bianco

Dal Cochet, lo Chasseron non dista più molto, ma ancora si nasconde dietro la cresta delle Petites Roches, che sembra separare due universi: un versante meridionale inondato di sole da un lato e uno nord-occidentale ombreggiato, ma più selvaggio e meno accessibile, dall’altro. Il primo presenta un ampio fianco poco ripido, chiamato a giusto titolo «Balcone del Giura». È da questo lato che si trova la zona sciabile di Sainte-Croix – Les Rasses. Ma contrariamente alle grandi località alpine, i pochi scilift della piccola stazione fami-gliare non snaturano in alcun modo il grandioso panorama dell’Altopiano e delle Alpi. Una vista che avrà senz’altro affascinato ben più di un escursionista, tra i quali l’autoctono Louis Jaccard-Lenoir, accordatore di pianoforti, diventato prima sindaco di Sainte-Croix e quindi deputato in Gran consiglio, grande appassionato della montagna e dell’alpinismo. Nel 1894 ebbe l’idea di immortalare a 360 gradi questo panorama che tante volte aveva ammirato dallo Chasseron. Su 2,6 metri di lunghezza disegnò allora la catena delle Alpi dall’Alta Savoia al Grosser Mythen, nel cantone di Svitto, senza dimenticare la veduta a nord-ovest, che si estende dai Vosgi alla Foresta Nera. Vi si distinguono un migliaio di nomi di montagne e località, con la distanza che le separa dallo Chasseron. Apprendiamo così che il Monte Bianco, ben visibile dall’eminenza giurassiana, si trova a soli 115 chilometri in linea d’aria. Lo stesso dicasi per il Grand Combin, la Jungfrau e il Mönch. Pubblicata sotto gli auspici della sezione CAS Les Diablerets, l’opera di Jaccard-Lenoir conobbe un successo immediato e svolse un ruolo decisivo nella promozione turistica della regione. Oggi ancora, una riproduzione del panorama riempie di meraviglia gli escursionisti che fanno sosta davanti alla tavola orientativa posta sulla cima dello Chasseron.

 

In treno anche di domenica

Dalla veranda riscaldata dell’albergo dello Chasseron, situata qualche decina di metri più sotto, non ci si stanca del panorama, che nel frattempo si è aperto sull’Altopiano, liberato dalla copertura stratiforme. Si scorgono il lago di Neuchâtel e la città di Yverdon-les-Bains. Davanti all’albergo, alcuni racchettisti stanno per concludere la loro salita. Alcuni kite-surfer giocano con il pendio e il vento, animando l’intero versante con le loro vele dai colori vivaci. C’è gente, sulle creste!

A suo tempo, Louis Jaccard-Lenoir se ne sarebbe rallegrato: «Se la salita allo Chasseron è gradevole nel mese di giugno, […] è in autunno e d’inverno che essa offre al montanaro il suo volto migliore. È il momento dei cieli puri, delle vedute ideali», aveva scritto nel numero 2 dell’«Echo des Alpes» del 1894. Il suo intento era di convincere i turisti a salire sul Balcone del Giura durante l’inverno. Se il suo panorama era riuscito ad attrarre gente d’estate, gli sport invernali erano allora ancora agli esordi sulle cime giurassiane. Bisognerà attendere l’inverno 1903-04 per vedere affluire i primi sciatori da fuori, e il 1913 perché l’albergo dello Chasseron, inaugurato nel 1898, rimanga aperto anche d’inverno. Allora poteva ospitare 12 persone, a fronte delle 45 di oggi. Si prendeva il treno a Yverdon-les-Bains e si calzavano gli sci a Sainte-Croix. Tranne la domenica, giorno del Signore, in cui conformemente a una disposizione del devotissimo William Barbey, che ne aveva finanziato la costruzione nel 1893, era vietato lo sfruttamento della linea ferroviaria. Bisognò attendere il 1919 per andare a sciare sullo Chasseron in treno anche la domenica.

 

Fantasticherie solitarie nel vallone della Dénériaz

Fuori, sulle creste, la bise ha rinforzato. Anche se l’altitudine è modesta, conviene equipaggiarsi al meglio. Dall’albergo, il ventaglio degli itinerari è ampio. Si può proseguire verso la Val de Travers, attraversando così lo Chasseron, ridiscendere il dolce versante sud verso Les Cluds oppure lanciarsi a capofitto nel vallone della Dénériaz, nel versante settentrionale.

Di più difficile accesso, quest’ultimo è rimasto selvaggio. È in questo mondo di silenzio e d’ombra che lo sciatore si gode uno dei più bei pendii della regione. È anche da questo lato che lo Chasseron, che forma una cresta imponente, incute più soggezione. Lo stesso Jean-Jacques Rousseau, partito un giorno da La Robellaz, dalla parte neocastellana, si era lasciato incantare da questo spettacolo nella settima passeggiata delle sue «Rêveries du promeneur solitaire», pubblicate nel 1782: «Raggiunsi un ridotto così nascosto come non ne avevo mai visti di più selvaggi nella mia vita. Neri abeti frammisti a faggi prodigiosi […] lo racchiudevano con una bar-riera impenetrabile, e i pochi intervalli che il buio recinto concedeva non offrivano oltre ad essa che rocce tagliate a picco e orribili precipizi, che osavo guardare solo sdraiato sul ventre.»

 

Attenzione alle imprudenze!

Ma l’avventura solitaria in questo piccolo paradiso non tarderà a tramutarsi in calvario per chi non ha preso tutte le precauzioni necessarie. «Le altre creste giurassiane possono rivelarsi altrettanto rischiose dell’alta montagna, anche se la scala è diversa», spiega Allan Eisler, capo della colonna di soccorso di Sainte-Croix durante quasi trent’anni, che conosce le pendici dello Chasseron come le sue tasche. Fortunatamente, poiché gli è spesso successo di dover soccorrere degli escursionisti solitari che si erano perduti nella nebbia. Consiglia di avere sempre con sé carta e bussola, oltre a una coperta di sopravvivenza in caso di immobilità prolungata. Si aggiungeranno ARTVA, pala e sonda: «Anche qui è possibile farsi sorprendere da qualche lastrone di neve soffiata. Mi è già successo, e ne conosco più d’uno che si è spaventato, in questa regione», aggiunge (v. «Les Alpes» 12/2011). Infine, lo sciescursionista previdente porterà con sé un paio di pelli di ricambio: attorno allo Chasseron, infatti, le discese sono di breve durata, e il continuo mettere e togliere le pelli mette a dura prova i materiali.

Dopo che gli sciatori hanno da tempo abbandonato le piste di Les Rasses, un raggio di luce nel bel mezzo dell’abetaia tradisce la presenza della «Casba», una piccola e rustica buvette ai piedi del Cochet. Prima di riguadagnare Sainte-Croix, ci si rivive una giornata di sci originale in una regione che credevamo riservata a racchettisti e fondisti – una fetta di torta alla crema della casa in una mano e nell’altra un bicchiere di «Menegetz», la pozione segreta di Maguy, la padrona di casa.

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