Un giorno sull’Alta Via | Club Alpino Svizzero CAS
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Un giorno sull’Alta Via Sconfinamenti nel Giura solettese

Ci sono molte «haute route» nelle montagne svizzere. Ma, stando ai solettesi, a sciatori e racchettisti nessuna offre tanto in tanto poco spazio come quella sulla catena giurassiana. Quando l’inverno ricopre di zucchero le alture del Giura, chi mai li trattiene più?

La più celebre tra le «haute route» alpine porta lungo 180 chilometri da Chamonix a Zermatt o a Saas-Fee. Il gioiello bernese è la traversata da Les Diablerets a Kandersteg. La haute route che parte dallo Jungfraujoch tocca diverse capanne del CAS alla Furka, mentre un’altra, grigionese, collega i passi del Julier e della Flüela. Nella Gruyère c’è l’affascinante «via alta» da Gantrisch a Gruyère, e poi ci sono quelle pittoresche del Toggenburgo e della Lötschental. Spettacolari sono anche quelle ticinesi, attraverso le valli Verzasca e Maggia, e in Romandia la Haute-Route de la Riviera, da Châtel-St-Denis ai Rochers de Naye, cosparsa di narcisi. Anche gli urani ne hanno una, dalla Engelbergertal al passo del Gottardo, mentre la Svizzera primitiva annovera quelle di Nidvaldo e di Obvaldo, nonché un itinerario di cinque giorni da Lucerna a Lungern. A fare da contorno, battelli, autopostali e funivie.

 

La haute route solettese

Giunti a Urano, ecco il primo sorso di tè bollente. Qui la vista si apre, e per la prima volta ci si sente un po’ sgravati dalle bassezze del quotidiano. Guardando nell’azzurra vastità in direzione est si vede – no, non Saturno e Giove, bensì Weissenstein e Röti. Neppure Urano sta nello spazio, ma sul Schilizmätteli. Si tratta dell’Urano della «Via dei pianeti» di Weissenstein. Qui, sulle alture della prima catena giurassiana, corre la via alta ufficiale del Giura, la no. 5 di SvizzeraMobile, il lungo itinerario escursionistico che da Zurigo porta a Ginevra attraverso due regioni linguistiche. La abbandoneremo sullo Stallflue, vicino a Plutone.

L’interplanetaria haute route solettese inizia alla stazione di Oberdorf. È qui che il treno da Soletta entra in galleria, attraversa il Weissenstein e raggiunge il Giura bernese a Moutier. Anche la meta sorge lungo questa ferrovia: Crémines, una piccola località della valle di Moutier. È molto pratico, poiché questo itinerario di un giorno fa superare due catene giurassiane senza alcun problema.

«Saremmo anche potuti arrivare fin quassù per la via comoda. La meta sarebbe stata la medesima, ma noi non saremmo stati i medesimi»: questo disse l’alpinista tedesco Reinhard Karl dopo aver scalato i 1000 metri lisci di El Capitan, il mostro granitico dello Yosemite National Park in California. La via più breve per Crémines passa attraverso la buia galleria. No, grazie! Così, alla cava di Pargätzi indossiamo gli sci e cominciamo la salita. E solitamente non da soli. Sì, perché quando nel Giura e sul suo versante meridionale è scesa neve a sufficienza, almeno nei fine settimana i «Weissensteiner» – così sono chiamati i soci del CAS della sezione locale – non hanno freni. Cosa che d’altro canto tocca anche molti altri sciescursionisti della regione. Che soli, in due, in tre, in fila indiana o in schiere risalgono la Chlus in direzione dello Hinterweissenstein e, giunti a Urano, si godono il primo sorso dalla borraccia termica.

 

Scenari extraterrestri

Si prosegue verso ovest per Hasenmatt. I possenti abeti giurassiani della Gitziflue sono carichi di neve. Hanno l’aspetto di una cattedrale gotica. Assorti, scendiamo attraverso le bianche torri, lasciandoci inzuccherare dalla polvere sottile e sentendoci come principi di fiaba in un altro mondo. Tracce di lepri e caprioli nella neve indicano che non siamo del tutto soli. Lo scenario ha qualcosa di extraterrestre, e ci permette di percepire due mondi: l’Artico terreno sotto i piedi e un lontano paese delle meraviglie nel cuore. Sul cocuzzolo dello Hasenmatt, e sempre ancora sulla «Via dei pianeti», raggiungiamo Nettuno e, proprio sopra, anche la vetta con la sua croce in quercia del Bucheggberg. Alcuni meritevoli soci del CAS l’hanno piantata dieci anni fa. Sul lato esposto al vento indossa una crosta allettante, che verrebbe la voglia di rosicchiare, se non fosse così gelida. Ci sentiamo sopra il mondo, vorremo continuare a salire, sempre più in alto. «Quando raggiungi la vetta di una montagna, continua ad arrampicare», si dice. Tuttavia, il vento tempestoso non ci lascia scelta: giù, in fretta, verso la calda stufa della locanda «Althüsli».

 

Esperimenti al margine della strada

Chi lascia fuori lo Hasenmatt, con 1443 metri la vetta solettese più alta, raggiunge la locanda in pochi minuti dal cosiddetto «Egg» lungo la solitamente ben marcata strada di montagna. E si entra ben volentieri, poiché con la bise la zona dietro lo Hasenmatt è davvero poco accogliente. Meno 23 gradi hanno misurato al mattino, racconta l’ostessa. E gli infreddoliti escursionisti non mancano di apprezzare la torta di mele fresca e i raffinati berliner della pasticceria del convento di S. Urbano. Chi superasse l’«Althüsli», dopo poche centinaia di metri già trova tre altre opportunità di riparo. Una è la capanna dello ski club di Lommiswil, che aderisce strettamente all’ultimo rialzo dello Stallfluh. Normalmente, l’ospite è servito di domenica; a volte anche il sabato. Oppure, dal passo di Müren si scende per buoni 150 metri al «Schauenburg». La vista di questa casa degli Amici della natura mi scalda sempre il cuore, poiché nella mia infanzia vi ho trascorso parecchie settimane. È questo che dà appartenenza. E se in casa non ci fosse nessuno, proprio accanto, nell’omonima locanda presso Spätis, ecco una terza possibilità per rifocillarsi e riprendere la salita. Di nuovo sul Müren e ancora un paio di metri fino allo Stallflue. Passando gli ultimi alberi sotto l’ampia cresta, si supera un confine non soltanto fisico. Mentre il cuore batte forte, i passi si fanno leggeri, i polmoni respirano sempre più liberamente. Si entra in questa distesa simile a una tundra, nell’impeto del vento si avverte la forza della natura e sotto l’immensa cornice di neve gli abissi senza fondo – un po’ anche l’abisso in noi stessi. Qualcuno prova angoscia, altri liberazione. Ma non importa se quassù si è arrivati da soli o in gruppo: la solitudine tiene chiaramente il passo. La vista sull’arco alpino oltre il Mittelland è grandiosa, il panorama del Giura corrugato è grandioso, le sensazioni sono gran­diose. E anche l’effervescente discesa lungo i pascoli di zucchero fino allo Stallberg e attraverso Cholgraben lungo la stradina fino al Subigerberg lo è. Anche qui, un paio di metri a ovest sul passo, una locanda ti chiama: è «Binzberg». E di nuovo, eccoci su un altro confine – questa volta linguistico.

 

Su, alla cucina delle voci

Incolliamo una volta ancora le nostre pelli e, uno dietro l’altro, andiamo a superare anche la seconda catena giurassiana. Sono appena 300 i metri di dislivello attraverso l’Oberdörferwald che ci separano dal punto culminante. Non lo dico pensando alla quota – Hasenmatt e Stallflue erano più alti – ma in relazione all’atmosfera. Chi percorre la haute route del Weissenstein si incontra all’«Oberdörfer» di Andi e Luzia, con il loro amorevole «misto collie» Ciara. Stupenda la zuppa con la salsiccia, cremosa la fondue, sfiziose la Foresta nera e le torte di frutta. La coppia gestisce la casa da quando, la scorsa primavera, André e Jeanne-Lis Ryf sono andati in pensione. Ma proprio come allora, qui ci si scambia «les derniers ragots», le ultime novità e pettegolezzi. E nei fine settimana soleggiati la sala è sempre ancora affollata, sempre si respira umanità e l’atmosfera è rilassata.

 

Lo spirito dei Weissensteiner

In simili giorni, qui si percepisce aleggiante nello spazio anche lo spirito dei Weissensteiner, che i soci della sezione volentieri evocano quando si sentono bene o quando occorre essere uniti. Quando non vedi più qualcuno da tempo, con ogni probabilità lo incontrerai nuovamente quassù. Si è tra noi, e non lo si è. Si parla svizzero tedesco e francese, poiché l’«Oberdörfer» è una meta ambita sia da nord che da sud. Come lo è la discesa lungo gli ampi e mediamente ripidi pendii fino a Crémines. «Les Tronchats», la fattoria «Sur le Rives», «Mont Rambert» e «Plain des Traits»: sono questi i nomi dei punti in cui prima o poi durante il pomeriggio si farà sosta per una Damassine, un tè al vino o un caffè «corretto prugna». Lo si vede e lo si sente: qui, il Giura è romando. E due sarebbero ancora le soste possibili: alla Backihaus della sezione solettese del CAS, dove la domenica Marlis e le sue aiutanti hanno sempre pronta una calda zuppa – e alla fine del giro, all’ingresso di Crémines non si deve assolutamente mancare la «Croix Blanche». Chi avesse perso il treno di ritorno a Oberdorf o fosse arrivato troppo presto, potrà prolungare un po’ presso l’«Ängeli» – come gli anziani solevano chiamare l’esercizio, che una volta era anche discoteca – questa giornata ricca di esperienze sul confine tra tedesco e francese, tra sogno e realtà, con un paio di bicchieri di Epesses o di Fendant.

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