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Una montagna come mille altre Di cime importanti e non

Non è una montagna speciale: niente croce né libro di vetta, neppure un omino di pietra contrassegna il Piz Bial, sul passo dell’Albula. Né vi sono particolarità avventurose o storiche da narrare. Ecco tuttavia un elogio dell’ordinario alpino.

Se lo si cerca nei portali di internet, dove d’inverno si leggono annotazioni quotidiane, spesso caratterizzate dall’orgoglio con il quale, dopo chissà quante ore si è raggiunta una vetta in chissà quali condizioni, per il Piz Bial si trova un’unica osservazione. Risale all’aprile 2011 e, in tre frasi, riferisce quanto segue: «Condizioni decisamente paganti. Possibile in macchina fino a Naz, posi sci in spalla attraverso il bosco (d’inverno piuttosto triste da percorrere) fino all’Alp Mulix. Quindi in vetta con gli sci e in seguito con i coltelli.»

Cosa è un’importante montagna per le escursioni con gli sci? Deve essere bella da vedere? Non necessariamente. Deve offrire un buon terreno che permetta di salirla e poi scenderla con gli sci? Sì, questo conta. E poi? Cosa fa sì che una montagna si offra ai riflettori e ci si possa vantare di esservi saliti? A questo punto, per andare avanti ci potrebbe forse essere d’aiuto un paragone oggettivo.

Diversità?

Se si paragona il terreno del Piz Bial con quello della Männli­flue, nella Diemtigtal, si rimane stupefatti. Dapprima occorre tuttavia ancora spiegare che la Männliflue è una cima molto amata, regolarmente e ampiamente frequentata con buone condizioni. Numerose fotografie e filmati in oltre 100 interventi in internet testimoniano della sua popolarità.

Mettiamo ora a confronto le vie più facili che permettono di raggiungere le due cime: strade forestali, boschi radi, vallate piatte e quindi pendii ripidi. «Canalone ripido e stretto, 37-39° su 200 m di dislivello»: così lo Ski & Snowboard Tourenatlas Schweiz descrive il passaggio chiave del Piz Bial. «Pendio della vetta a 37-39° su 200 m di dislivello, un po’ esposto verso la sommità, pericolo di scivolamento con neve dura», si legge a proposito della Männliflue.

In entrambi i casi, dopo cinque o sei chilometri di percorso e 1300 metri di dislivello il viaggio è finito e si raggiunge la vetta senza ulteriori difficoltà. Con buona visibilità, la vista spazia in modo impressionante fino ai massicci di 4000 metri: dal Piz Bial su quello del Bernina, dalla Männliflue sull’Oberland bernese e le più alte vette del Vallese. Da entrambe le sommità è possibile scendere lungo la medesima via della salita oppure direttamente, lungo il ripidissimo canalone nord.

Chiarezza?

Per lunghezza dell’itinerario, struttura del terreno e pendenza dei versanti nei punti più ripidi, le due montagne, la classica e la sconosciuta, sono simili. Entrambe offrono vie facili e difficili. Cosa allora fa sì che il Piz Bial e innumerevoli altre cime rimangano delle perfette sconosciute? È forse il lungo viaggio fino al passo dell’Albula, che in pieno inverno, quando la strada del passo viene convertita in pista per le slitte, lo rende accessibile solo in treno? E dire che le pelli possono essere fissate agli sci già alla stazione di Preda: più comodo di così… Si tratta allora del tempo «perso» seduti in treno per raggiungere la nostra destinazione? Oppure il fatto che molti sciescursionisti non amano essere per strada da soli? Perché è anche possibile che al Piz Bial occorra farsi la traccia da sé – e questo è faticoso. Inoltre, la presenza di altri escursionisti dà una sensazione di sicurezza: potrebbero essere d’aiuto, dovesse accadere qualcosa.

Oppure è semplicemente perché nessuno parla del Piz Bial e in internet nessuno a postato alcuna foto di questa montagna? Più o meno come quando ci troviamo davanti allo scaffale dei detersivi e allunghiamo la mano proprio verso quello di cui ieri sera abbiamo visto la pubblicità?

Senza pregiudizi

Le risposte a queste domande sono almeno diverse quanto le persone stesse che salgono sulle montagne. E con questo risulta anche chiaro che la domanda su cosa renda una montagna effettivamente significativa e viceversa non ha risposta. Le montagne sono semplicemente lì, e noi stessi valutiamo costantemente cosa fare e cosa non fare. Siamo felici di essere in giro con i nostri amici, di respirare l’aria della montagna e di sentire la neve sotto gli sci. Ma ci arrabbiamo anche perché una volta ancora tanti altri hanno scelto la nostra stessa destinazione, perché il parcheggio è pieno e la discesa sembra una pista a ostacoli.

Quello sarebbe il momento adatto per riflettere su questa proposta di escursione e cercarsi nella carta una montagna possibilmente a diretto contatto con una linea ferroviaria e il più lontana possibile dalla prossima vetta prestigiosa. Proprio come quando si decide di andare semplicemente a bere un bicchiere nella bettola dietro l’angolo: può rivelarsi estremamente avvincente o altrettanto stancante – ma non è proprio in questa incertezza che il fascino risiede?

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