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Con i camosci dell’Armenaz Escursione naturalista nel cuore dei Bauges

Tra le città savoiarde di Annecy, Chambéry e ­Albertville, le cime calcaree del massiccio dei Bauges ospitano un’importante popolazione di camosci. Una gita sulle loro tracce assieme allo specialista Jean-Michel Jullien.

I primi raggi del sole carezzano le cime affilate del massiccio dei Bauges. In lontananza, la sagoma del Monte Bianco si staglia in un cielo quasi limpido, e la brezza del mattino scivola sull’erba secca. L’autunno sta arrivando. Per Jean-Michel Jullien, tecnico ambientale, sta iniziando una nuova giornata di lavoro. Oggi percorre il sentiero dell’Armenaz, a sud della Réserve nationale de chasse et de faune sauvage (RNCFS) dei Bauges. Istituita nel 1955 con l’intento di studiare e proteggere la popolazione dei camosci, il suo territorio si estende su 4070 ettari.

Luogo di riferimento internazionale

L’itinerario seguito da Jean-Michel Jullien è uno dei sette utilizzati per la conta dei camosci nella riserva, tutti esclusivamente riservati a custodi del parco e biologi. Il percorso si innalza al di sopra dei boschi e consente di accedere al circo racchiuso tra la Pointe des Arces, il Mont d’Armenaz e il Mont Pécloz. Questi ultimi si annoverano tra le 14 cime del massiccio che culminano oltre i 2000 metri di quota.

Questo bastione, difeso dalla muraglia calcarea dei Bauges, è uno dei luoghi più propizi all’osservazione dei camosci di queste montagne. «Nel 1985, nella riserva sono iniziate le prime marcature visive di camosci a scopo scientifico. Qui è pure stato allestito il primo piano di caccia concernente il camoscio della Francia», spiega Jean-Michel Jullien. Con il tempo, la riserva è diventata un luogo di riferimento internazionale per la gestione della specie.

Contare i camosci per seguirne l’evoluzione

All’inizio, per contare i camosci si ricorreva al metodo detto del «puntamento lampo». Si teneva allora conto della totalità del conteggio eseguito da numerosi osservatori che percorrevano la riserva. «Con il passare degli anni ci siamo resi conto che questo metodo non permetteva di risalire al numero esatto degli individui, poiché i risultati erano troppo influenzati da fattori meteorologici e umani», ricorda Jean-Michel Jullien. Oggi, l’accento è invece posto sull’evoluzione della popolazione, rilevata sulla base di osservazioni e prelievi eseguiti sul terreno. «In totale, ogni anno si preleva a fini scientifici un centinaio di camosci», chiarisce lo specialista. Prima di essere rilasciati, alcuni capi vengono muniti di tracciatori GPS.

Quando raggiungiamo il ripiano dello Chalet d’Armène, Jean-Michel Jullien mette mano al suo binocolo. «Per nutrirsi i camosci prediligono le ore meno calde della giornata», spiega. Quindi, durante l’estate li si potrà osservare al pascolo il mattino presto o a fine giornata. «Questi sono anche i momenti nei quali si spostano maggiormente, tra i boschi e le praterie d’alta quota.» Jean-Michel Jullien setaccia con attenzione i pendii erbosi che ci stanno di fronte, ma senza scorgere alcun camoscio.

Itinerari di conta

Tra i sette itinerari selezionati per la conta dei camosci, tre si situano nel bosco e quattro nella zona che lo sovrasta. Ogni itinerario viene percorso quattro volte da osservatori diversi. «È la ripetizione di questi percorsi che permetterà di elaborare delle statistiche», commenta Jean-Michel Jullien. Per ognuno dei capi individuati, gli osservatori annotano dati quali la localizzazione, l’età e il sesso, ma anche il numero di capretti per ogni femmina.

Dal 2003, nella RNCFS dei Bauges la tendenza indica una diminuzione della popolazione di camosci. «Abbiamo registrato un calo nel 2013. Ma non c’è nulla di drammatico: con quasi 2500 capi, la popolazione di camosci degli Hautes Bauges è probabilmente ancora una delle più dense di Francia», afferma Jean-Michel Jullien. E improvvisamente, tende il braccio verso l’orizzonte: decine di camosci si rincorrono sulle pendici del Mont d’Armenaz.

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