Un layout a rischio stimola e irrita
Come previsto, il numero di ottobre di «Le Alpi» non ha suscitato indifferenza. Un buon numero di lettrici e lettori hanno comunicato le loro impressioni alla redazione per mail, lettera o telefono. Lo spettro spaziava dal grande entusiasmo alla marcata irritazione. Per motivi di spazio, nelle due pagine che seguono pubblichiamo una selezione rappresentativa delle lettere dei lettori.
Già il titolo che cattura lo sguardo convince in questo «numero del rischio». E sfogliando le variatissime pagine con le loro espressive immagini non si può non pregustare la lettura. Tuttavia, una leggera irritazione si manifesta subito con il sommario, che premette comunque, pure con un certo sforzo, di avvicinarsi ai diversi articoli. Alle pagine 28 e 29 non mi ritrovo con le ginocchia tremolanti, anche se avrei letto volentieri il testo di Sepp Blatter – ci si riesce appena con una lente. Di certo, la Scuola di arti visive di Berna trova questo numero sconvolgente, ma hanno pensato ai lettori? L’iperbole grafica si impenna ulteriormente alle pagine 40 e 41: se il testo su fondo nero fosse grigio, allora non si vedrebbe proprio più nulla. Il colmo lo si raggiunge però nel colophon, dove le ultime sei righe della «Grafica» sono coperte dal titolo. Sarà perché non si è autorizzati a leggerle? E qui mi viene in mente un esempio locale nel quale il design è più importante della funzione: nella nuova stazione di Aarau, l’orologio centenario è stato sostituito dal più grande orologio da stazione d’Europa. Di notte non è possibile leggere l’ora poiché le lancette non si possono illuminare; di giorno, la «nube» del tetto della fermata dei bus copre l’opera d’arte. Tutto bellissimo, un design al top. Ma inutilizzabile. A quale scopo il CAS pubblica un periodico? Per leggerlo. Punto.
Paul Lüthy, Aarau
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Con il numero di ottobre, la redazione ha spinto il tema del rischio all’assurdo. Non riesco a immaginare come la redazione abbia seriamente potuto pensare di proporre ai lettori quel layout e quei temi. Sulla scelta dei temi, è vero, si possono avere opinioni diverse, ma la veste grafica è priva di qualsiasi regola basilare della leggibilità di un testo. È una bella pretesa credere che il lettore riesca a ritrovarsi un una simile confusione di elementi testuali. Questo non ha nulla a che vedere con una grafica innovativa, e sembra piuttosto una visione dilettantesca del senso e dello scopo primari di ogni testo, che consiste nel trasmettere delle informazioni. C’è da sperare che, in futuro, la redazione rinunci a simili esperimenti e torni a una concezione grafica improntata alla ragionevolezza e alla leggibilità.
Peter Kron, Au
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Ho davanti a me l’edizione di ottobre. Alcune reazioni positive dei lettori nei confronti dell’edizione speciale di «Le Alpi» in formato quotidiano mi rallegrano. Anche a me quell’esperimento è piaciuto. Ora, però, non riconosco più l’apprezzato periodico del mio club. L’articolo «Caschi da arrampicata? Santo cielo!» si presenta in due blocchi semicircolari, uno giustificato a destra e l’altro a sinistra. Chissà come lo si dovrà leggere, mi chiedo. Poi i pensieri dei montanari eminenti. Il testo a 90° rispetto alle immagini, i ritratti in sovrastampa e le scritte rosse in grassetto. Quello che sta sotto il ritratto del signor Blatter è semplicemente illeggibile! Belle foto in bianco e nero nella parte centrale. Poi l’intervista alle pagine da 50 a 53: blocchi minimi, le domande nuovamente a 90° rispetto alle risposte, il 90% della pagina è bianco. Se non si ha nulla da dire, sarebbe meglio lasciar perdere e, soprattutto, non stampare nulla. E così via: a ogni pagina si tenta forzosamente di celebrare la grafica ad ogni costo. Il layout mi ricorda molto le riviste di architettura, ma più ancora la confezione dei fogli informativi della sinistra. E in ogni articolo, il colore rosso sopra lo scritto, così che di certo non si riesce a leggerlo. Toc-toc, dove siamo? In un club di designer? O stiamo creando una brochure artistica? Certo, sui gusti si può discutere. Non dico che il numero non mi piace. Di certo ha qualcosa di speciale. Ma in realtà vorrei degli articoli interessanti, belle foto di montagna, il tutto ben leggibile e non destinato a causare attacchi di vertigine. Spero che torniate sul sentiero della leggibilità e che troviate magari un compromesso di 1/3 nuovo e 2/3 vecchio. Questo ben si addirebbe a una pubblicazione di tradizione come «Le Alpi»!
Beat Müller, Uhwiesen
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Grazie all’informatica, oggi questa veste grafica creativa e fantasiosa è possibile. A paragone con la sinora normale rappresentazione, la forma e l’ordinamento dei testi sono tuttavia provocatori e irragionevoli: in altre parole, faticosi da leggere. Saltano all’occhio anche le numerose superfici VUOTE ai lati dei testi. L’intera rappresentazione è un rischio unico evitabile. Possibilmente da evitare, cioè da omettere, analogamente ad attività alpinistiche sul terreno. Mi rallegro sin d’ora in vista dei futuri numeri di «Le Alpi», che saranno come sinora ben leggibili e privi di superfici VUOTE.
Konrad Schrenk, Berna
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Mai ho buttato tanto rapidamente un numero di «Le Alpi» nella carta da gettare. La veste grafica era semplicemente pretenziosa. Ma la lettura deve essere sportiva – cioè faticosa? La Scuola di arti visive di Berna deve essere stata in vena di originalità, se non di provocazioni. E la redazione deve esserne stata impressionata al punto di dimenticare che c’è ancora chi vorrebbe leggersi tranquillamente la rivista senza compiere acrobazie oculari. Esempi: con grande fatica si cercano le lettere nere abilmente camuffate sotto i grossi titoli e i blocchi di testo rossi. Perché non basta socchiudere semplicemente un po’ gli occhi per decifrare i piccoli testi in bianco sovrapposti alla foto in diversi toni di grigio delle pagine 16-17? Anche alle pupille un po’ di ginnastica fa bene. Mentre il sommario si lascia ancora leggere da una prospettiva diagonale, per le pagine 28-29 e le pagine 50 seguenti si raccomanda la tecnica del corto raggio: una mezza svolta a destra e di nuovo indietro. Il grande punto rosso sulla fronte di Christa Rigozzi non manca di un certo simbolismo. Toccante è il testo dell’articolo sui caschi da arrampicata. Con un po’ di concentrazione e un salto temerario si riesce a trasferire lo sguardo dalla fine di una riga all’inizio della successiva. Giudizio globale: difficilmente leggibile! Peccato per i buoni testi. Invece di «Rischio», un titolo più adatto avrebbe potuto essere «Caduta».
Ruedi Hauser, Bürglen
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Come designer grafica sono estremamente felice che abbiate avuto il coraggio di integrare il tema del rischio anche nella veste grafica. Questa può essere molto più che semplicemente produrre qualcosa di «bello». L’impostazione grafica può essere un’esperienza, può mettere in discussione delle circostanze di fatto, e con questa edizione ci siete riusciti. Una tranquilla gita in montagna con il bel tempo è bella e gradevole, di certo anche desiderabile. Ciò nonostante, quelle che ricordo con maggiore impressione sono le escursioni durante le quali ho dovuto vedermela con il vento e le intemperie e padroneggiare situazioni impegnative. Trovo semplicemente adeguato che, affrontando il tema del rischio, il lettore debba superare qualche ostacolo nel layout e imporsi a gradevoli consuetudini. Grazie di cuore per aver sollevato con questo numero anche la questione della funzione del design grafico.
Sonja Berger, Basilea
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Anche se non sono amico delle mutazioni durevoli (da non confondere con «miglioramenti»), il layout del numero di ottobre mi è piaciuto molto. E anche i contenuti hanno soddisfatto le mie aspettative sulla tematica del rischio.
Thomas Strickler, Basilea
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Santo cielo, dopo l’interessante edizione in formato quotidiano ecco un altro successo con questo numero sul rischio! Nell’anno del suo 150°, il CAS dimostra anche con il suo organo di essere davvero un’associazione moderna. Il numero mi ha affascinato. Come in un grande giro in montagna su terreni sconosciuti, il CAS ha calcolato il rischio e, con una veste grafica audace e una punta di contributi in parte non convenzionali, si è permesso qua e là anche di urtare. Già, perché non osare per una volta qualcosa di un po’ bizzarro come l’articolo sui caschi di van Rooijen? O una serie inconsueta di ritratti come quelli di van Dierendonck? E un pizzico di spezie, con la stimolante intervista a Werner Munter o l’audace saggio di Alexandra Rozkosny. Congratulazioni! Che poi in tutto questo qualche nota a piè di pagina sia scivolata nel luogo sbagliato – valeva la pena di rischiare. Vorrei che questo spirito aleggiasse anche nei futuri, normali numeri di «Le Alpi».
Jürg Meyer, Mittelhäusern
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Le scrivo queste righe per renderla partecipe del mio entusiasmo per la scoperta e la lettura dell’edizione di ottobre 2013 della rivista «Le Alpi». Con una grafica magnifica (un rischio non da poco) e un contenuto molto interessante, questa edizione farà storia! Un’osservazione, tuttavia: trovo che la fotografia in doppia pagina (16-17) sia particolarmente forte (scioccante). In realtà, anche se posso comprendere che si tratta dell’illustrazione di un rischio troppo grande, mi ricorda pure quelle foto di cacciatori che posano orgogliosi accanto ai loro trofei. Mi chiedo quale messaggio il fotografo dell’epoca abbia voluto trasmettere (il rischio eccessivo porta alla morte, oppure la montagna si vendica, oppure...). Nonostante questo, ribadisco le mie congratulazioni e, nell’attesa di una nuova edizione speciale, gradisca, signora, i miei saluti cordiali.
Jean Putallaz, Ginevra
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Il rischio è una tematica che interessa nello sport della montagna. La redazione gli dedica un intero numero fino all’estrema conseguenza, cioè al precipizio. Una veste grafica sfacciata esteticamente e conforme al tema. La grafica ha funzione di supporto, e non è fine a se stessa. Questa rende difficile e impedisce la lettura e risulta perciò insufficiente nella valutazione globale. Avanti così e la rivista «Le Alpi» e la sua redazione andranno bene per la carta straccia. Rischio sì, ma sempre entro certi limiti.
Heinz Kasper, Kehrsatz
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Per questa edizione speciale sul rischio desidero congratularmi di cuore con voi. Ciò che mi spiace è che, in taluni punti, al testo si sovrappongano fotografie e grosse lettere, rendendo la lettura faticosa se non quasi impossibile (p. es. a pagina 29). Sono dell’opinione che la leggibilità dovrebbe essere prioritaria e la veste grafica adeguarsi ad essa.
Andreas Walder, Richterswil
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Che gioia, che piacere leggere questa piccola opera originale e attraente. Sarebbe magnifico se ogni anno un numero del periodico venisse impostato graficamente da un talento delle scuole superiori svizzere di arti grafiche! Ad ogni modo, complimenti a Cosmin Niculescu per la veste grafica e all’intera redazione per la scelta tematica e l’approccio ad essa, tanto vicino a chi va in montagna.
Un evviva al 150° compleanno del CAS, che ha dato nuova aria a «Le Alpi» e decuplicato la mia gioia nel leggerlo.
Brigitte Dard, Tavannes