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A passeggiocon gli scalatori Una falesia e delle scale a Plagne

Sulle rive della Suze, a nord di Bienne, ci si rinfresca nelle gole del Taubenloch e si sfida la verticale nella falesia di Plagne: dei vertiginosi sentieri schiudono quest’ultima agli escursionisti più impavidi.

Risalti, cenge e canaloni si succedono. Il vuoto non è mai troppo lontano. Un pugno di escursionisti assapora a modo suo la verticalità di una delle più imponenti falesie del Giura. Le loro suole umide scivolano sugli scalini metallici. Il ticchettio delle catene tradisce a tratti la loro presenza. Siamo sulla riva sinistra della chiusa di Rondchâtel, a poca distanza dalla città di Bienne e dalle gole del Taubenloch. Dalla sommità della falesia di Plagne, l’itinerario si tuffa letteralmente nella Suze, che scorre laggiù in fondo. Qui non ci sono vie ferrate, bensì un sentiero impegnativo, delle scale vertiginose e delle vie di arrampicata.

Una scorciatoia per i meno vertiginosi

«È lungo questo sentiero che gli abitanti di Plagne andavano a lavorare alla fabbrica di pasta di legno di Rondchâtel», mi comunica Carine Devaux Girardin durante la discesa. Questa profonda conoscitrice dei luoghi mi insegnerà anche che, quando nel XIX secolo l’era industriale investì la chiusa di Rondchâtel, le scale erano in legno. I coraggiosi abitanti di Plagne imboccavano mattino e sera questa audace scorciatoia per guadagnare il pane quotidiano.

Di quell’epoca non rimane più granché. La fabbrica di pasta di legno ha chiuso i battenti. Le scale in legno sono scomparse. Per quelle metalliche attuali va ringraziata la sezione Bienne del Club Alpino Svizzero, che le posò negli anni Settanta al posto di quelle vecchie. Per gli arrampicatori, che le usano per raggiungere a piedi alcune vie, ma anche per gli escursionisti alla ricerca di un po’ di adrenalina.

L’arrampicata a Plagne: una storia di famiglia

Le misure della falesia di Plagne appaiono al meglio quando se ne percorre il piede, dopo il passaggio delle scale. Le sue facciate verticali, frammezzate da cenge, da risalti e da grotte, si estendono per ben due chilometri. Qualche sosta e degli spit ancorati nel calcare tradiscono le numerose vie di arrampicata che si originano al livello del sentiero. Sopra le nostre teste, i 140 metri della Face de Plagne, che hanno fatto la reputazione di questo sito, nel frattempo diventato mitico. Ancora vergine all’inizio degli anni 1950, presso gli scalatori locali incarnava la «sfida all’impossibile», per citare le parole di Claude e Yves Remy, autori del volume Falaises du Jura. Un giorno di novembre del 1956, il giovane Paul Henri Girardin si distinse portando a termine con gli scarponi la prima ascensione in solitario della via, oggi quotata 6a. Un vero e proprio exploit, all’epoca dei chiodi forgiati «in casa» e delle corde di canapa avvolte attorno alla vita. Colui che fu soprannominato il «mago della roccia» apporrà in seguito la propria firma a diversi bei pezzi d’antologia, diventati veri riferimenti dell’ambiente. Per poi passare infine il testimone ai figli Christophe e Boris, a tutt’oggi molto attivi nel sito. Tetti, grotte, fessure, camini, diedri e pilastri aerei fanno oggi la gioia degli appassionati dell’arrampicata in una trentina di settori.

La falesia in un abbraccio circolare

Se gli arrampicatori vengono da lontano per gustare il calcare di Plagne, il luogo è pure molto apprezzato dagli escursionisti più esigenti di Bienne, che in meno di 15 minuti di treno raggiungono Frinvillier, il punto di partenza dell’avventura. I più esperti portano con sé anche i figli. Come Pascal Burnand, un altro frequentatore del sito. «Vengo qui con mio figlio di cinque anni, ma lo lego in cordata», fa notare la guida alpina di Bienne. In seguito, raggiungono la sommità della muraglia di Plagne, solitamente lungo il Sentier des falaises, per poi ridiscendere dal Sentier des échelles. Abbracciano così l’intera falesia in un bel circuito aereo. Già durante la salita, il superamento di un blocco sospeso richiede alcuni passi di arrampicata facile, e tuttavia esposta. Catene e cavi assicurano i passaggi più scoscesi. Nella parte superiore, il sentiero permette di gustare un panorama che si estende dal lago di Bienne alle Alpi. E si flirta con il vuoto della parete rocciosa, peraltro un regno che si condividono falchi e arrampicatori. Al ritorno, dopo il vertiginoso passaggio delle scale, il piede della falesia sembra voler rassicurare gli escursionisti riparandoli con i suoi tetti e le sue grotte. Qui si abbassa la testa, là ci si raddrizza per ammirare le curve armoniose della roccia. Poco a poco, l’atmosfera quasi mediterranea della falesia lascia spazio all’umidità del fondo ombreggiato della chiusa. Ci si lascia alle spalle vuoto e verticalità, ripromettendosi un giorno di tornare. Magari per arrampicare.

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