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Ai piedi dei giganti del Karakorum Spedizione con gli sci sul ghiacciaio del Baltoro

All’estremo nord del Pakistan, il massiccio del Karakorum punta i suoi mitici ottomila verso il cielo. Laggiù, ai piedi del K2, degli strani sciatori muniti di pulka hanno solcato le solitudini gelate del Baltoro. Il racconto.

Per il settore del Baltoro le previsioni sono ottimiste, ma gli squarci nel manto di nubi sugli attori principali della scena sono solo parziali. La nostra star, il K2, si fa desiderare da parecchi giorni. Nell’attesa approfittiamo delle generose apparizioni del Gasherbrum, del Broad Peak e di una profusione a scelta di 6000 e 7000 metri. Il K2 gioca con i nostri nervi, il suo pubblico trepida nell’attesa. Ma conosciamo bene le star!

È solo al sesto giorno che, dall’alto dei suoi 8611 metri, sua maestà infine si svela, offrendo allo sguardo i suoi 3000 metri di pareti ricoperte di neve fresca. Sulla sua corona si scatena il jet stream, proiettando senza sosta una nuvola di neve polverosa sui suoi sudditi. Alla base del colosso, il pubblico è in estasi. Lo spettacolo gli si offre dal balcone più bello, su una cengia non lontana da Concordia. Tutte le creste che collegano gli artisti formano il confine con la Cina e si estendono per oltre 60 chilometri sempre al di sopra dei 6000 metri.

Per il meglio e per il peggio

In questi ultimi giorni abbiamo marciato con le nostre pulka sul ghiacciaio del Baltoro, ai confini del massiccio del Karakorum, le cui vette segnano il confine del Pakistan con la Cina a nord e con l’India a est. Questa immensa lingua di ghiaccio si estende per più di 65 chilometri e può raggiungere i due chilometri di larghezza. D’estate è frequentata. Ci si viene per conoscere gli Ottomila locali. Ma alla fine dell’inverno, si spinge l’esplorazione fino ai diversi ghiacciai superiori con gli sci. È per il meglio o per il peggio che le coppie formate da sciatore pulka percorrono il Baltoro.

Sulle dolci ondulazioni ovattate il conduttore si impregna di paesaggi, fa corpo con essi. Lo scricchiolio regolare delle pulka diventa musicale. Avvicinandosi a un rilievo più grande e ripido, i cavalieri concentrati valutano l’ostacolo, poi si lanciano con energia lungo il tragitto più adatto. Ma improvvisamente la cavalcatura si ribella, abbandona la traccia, parte nel pendio, cerca di trascinarti, si rovescia per vederti intralciato dai tuoi sci, la testa nella neve. Approfitta persino della tua debolezza per urtare le sue vicine di sorpresa. Inarcati sui bastoni, i conduttori danno battaglia. A costo di perderci in prestanza, si mettono persino a quattro zampe dopo essersi tolti in tutta fretta gli sci. La vittoria sulla sommità è ben breve, poiché è seguita da discese brutali con curve e sbandate, salto a ostacoli su creste soffiate che ti maltrattano la schiena e ti ricordano che, per quei 40 chili di comodità, hai firmato il prezzo della tua cara libertà.

Labirinto e palazzi di ghiaccio

Allestito il campo itinerante sull’Upper Baltoro, le pulka a riposo accanto alle tende, un piccolo gruppo parte per esplorare i passaggi segreti che conducono al ghiacciaio di Vignes. Ci avventuriamo in un gigantesco labirinto ai piedi di palazzi di dieci piani dalle pareti di ghiaccio decorate con una tavolozza di verde, azzurro e grigio. Si hanno anche visioni di immensi organi translucidi che invitano a percorrere queste cripte più in profondità. È l’occasione per scendere brevi pendii scodinzolando nella neve fresca in pieno sole. Ma soprattutto, di camminare in una moltitudine di passaggi stretti e scuri, di pozzi di luce che irrorano laghetti gelati di un azzurro turchese surrealista. Vicoli ciechi e antri neri costringono a conversioni delicate per mancanza di spazio. E ritorniamo sulle nostre tracce in cerca di un altro passaggio. Dall’alto delle piramidi di ghiaccio, sulle loro minuscole terrazze spesso dirupate, l’immensità di questo puzzle si offre allo sguardo.

Soldati della fine del mondo

Sebbene ci credessimo soli al mondo, i ghiacciai del Baltoro sono «occupati» da piccole postazioni militari ai piedi del Gasherbrum, a 5000 metri di quota. La loro presenza ricorda un vecchio conflitto territoriale tra l’India e il Pakistan sul ghiacciaio di Siachen, più a est. Abbiamo incontrato questi soldati della fine del mondo, tutti volontari, che vivono durante quattro mesi vicino alla carcassa di un elicottero e circondati da taniche esalanti vapori di cherosene. Una ventina di uomini, sorpresi e nel contempo felici di incontrare questo strano gruppo colorato sugli sci, che osservano con interesse il nostro materiale. È la prima volta che vedono degli sci, poiché loro si spostano indossando grosse calzature e solo quando il terreno è ben gelato. Un ambiente surreale, nel quale il maggiore del campo ci riceve con del tè e un piatto di pasta. Ci è difficile immaginare che, a qualche chilometro, c’è ancora un altro piccolo campo di otto uomini a 6000 metri di altitudine. Appostati sulla sella Conway, sorvegliano l’India. Durante l’inverno 2016 sono rimasti bloccati quasi tre mesi nell’attesa del cambio.

Il Pakistan a proprio rischio e pericolo

Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE)sconsiglia attualmente di recarsi in Pakistan con intenti turistici che non rivestono alcun carattere di urgenza. Al vecchio conflitto indo-pakistano sul Kashmir si sono aggiunti in questi ultimi mesi altri rischi di natura diversa. Il DFAE informa in dettaglio nel suo sito www.dfae.admin.ch, alla voce «Consigli di viaggio».

L’autore dell’articolo fornisce volentieri informazioni sui dettagli del suo viaggio (032 913 96 74; hansfm(at)bluewin.ch). In merito si possono leggere anche gli articoli della guida francese Pierre Neyret, specialista di spedizioni con gli sci nella regione del Baltoro, nel suo sito

www.karakoram-ski-expedition.com.

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