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Rispediti a valle a torto Nessun obbligo di consumazione nelle capanne del CAS

Una custode nega il pernottamento a due ospiti poiché non intendevano consumare nulla. Questo ­viola il Regolamento sulle capanne del CAS. Ma in effetti, cosa è permesso e cosa non lo è?

Si tratta di un caso poco edificante che ha suscitato qualche commento negli ultimi mesi: due ospiti che avevano annunciato telefonicamente la loro intenzione di pernottare, ma di non consumare, sono stati rifiutati dalla custode di una capanna CAS. E questo dopo essere tornati esausti alla capanna al ritorno da una lunga escursione.

Già la prima notte la custode aveva preteso che, diversamente dall’accordo telefonico, i due pagassero la mezza pensione. Ma dopo aver ceduto in occasione del primo pernottamento, il giorno successivo fu irremovibile e i due ospiti dovettero dirigersi a valle al calare dell’oscurità sobbarcandosi mille metri di dislivello.

Nessun margine di interpretazione

«Non corrisponde assolutamente al nostro spirito», chiarisce Bruno Lüthi, responsabile dell’esercizio delle capanne presso il segretariato generale di Berna. Il regolamento stabilisce in modo chiaro che gli escursionisti autosufficienti sono i benvenuti nelle capanne del CAS, nelle quali non vige alcun obbligo di consumazione. Per il futuro, alla custode scorretta è stato intimato di attenersi al regolamento. Lüthi sottolinea tuttavia che si tratta si un caso isolato: ogni anno, al segretariato del CAS non giungono più di 20 o 30 reclami di ospiti, e solo raramente toccano il tema dell’autosufficienza. A fronte di circa 320 000 pernottamenti annui, non sembra vi sia di che preoccuparsi.

Ciò nonostante, il Regolamento sulle capanne rivisto e approvato nel 2017 è stato volutamente formulato in modo da non lasciare alcun margine all’interpretazione: nelle capanne del CAS non vigono obblighi di consumazione. Neppure se la capanna è gestita e al completo. Inoltre, gli autosufficienti non devono essere svantaggiati all’atto della prenotazione.

Importante: portare con sé un fornello

Ma fino dove si spingono i diritti degli autosufficienti? Come Bruno Lüthi spiega, il confine è solitamente rappresentato dalla porta della cucina. Non da ultimo per motivi di igiene, nella gran parte delle capanne non è più possibile che gli ospiti usino la cucina da sé. Anche la vecchia tradizione che permetteva di consegnare gli alimenti al custode affinché li cucinasse è decaduta: la legge sulle derrate alimentari la vieta. Assieme ai cibi, si raccomanda perciò di mettere nello zaino anche un fornello proprio.

Il custode della capanna assegna allora una nicchia per cucinare che, per motivi connessi alla protezione antincendio, può anche trovarsi fuori dalla capanna. Il cibo potrà comunque senz’altro essere consumato assieme agli altri ospiti nel refettorio della stessa.

No go: bivacchi gratuiti accanto alla capanna

La tolleranza nei confronti degli autosufficienti si ferma tuttavia laddove questi intendano sfruttare l’infrastruttura della capanna senza alcuna rimunerazione, come ad esempio coloro che si accampano nelle sue immediate vicinanze così da approfittare gratuitamente dei bagni e dell’acqua. Chi intendesse bivaccare nei dintorni della capanna deve concordarlo preventivamente con il custode e pagare un congruo importo per l’utilizzo dell’infrastruttura. Anche questa, infatti, deve essere finanziata. Bruno Lüthi reputa che, delle oltre 150 capanne del CAS, solo le cinque o dieci più grandi siano commercialmente interessanti. Più in generale, per quanto concerne la manutenzione e il rinnovamento delle rispettive capanne le sezioni dipendono dalle donazioni e dalle quote sociali – come pure dai proventi dell’esercizio delle capanne.

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