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Valanghe e neve soffiata Escursioni sostenibili a Obergoms

Nell’angolo più remoto del paesaggio montano del Vallese, vicino al confine con l’Italia, antiche mulattiere, cime tranquille e pendii discosti attendono gli amanti dell’avventura in perfetta forma fisica.

I sedili dell’impianto sono smontati da tempo. Da vedere non rimangono che un paio di piloni intaccati dalla ruggine. Sullo Hungerberg è scesa la quiete, una grande quiete. Due anni or sono, anche all’ultima stazione sciistica dell’alta valle dell’Alto Vallese è stata tolta la corrente. Lo sfarzoso progetto del Mountain Luxury Resort si è nel frattempo ridimensionato alla spartana «Stubij ufäm Bärg». Invece del caviale, due escursionisti sugli sci della «Üsserschwyz», l’«altra Svizzera», sorbiscono la minestra del giorno, rinfrescando la bocca arroventata con un buon goccio di nettare vallesano. La speranza è l’ultima a morire, sostengono al­cuni ottimisti locali alludendo al futuro del comune dell’alta valle. Ma l’entusiasmo sfavillante è altra cosa. Manca un artista dell’innovazione del settore turistico, qualcuno in grado di emulare quel César Ritz, figlio di contadini della bassa valle di cent’anni fa. Un autentico «re degli albergatori e albergatore di re», come fu soprannominato dal Principe di Galles. Di un simile personaggio avrebbe bisogno la valle, per risvegliarsi dal suo ormai ininterrotto letargo.

 

La sera, la valanga sommerse il villaggio

Ma la drammatica prospettiva dell’estraneo è ingannevole. Il lento declino del turismo sciistico nel Goms non mette tanto rapidamente in agitazione i suoi abitanti. I ripari sovradimensionati all’ingresso di Selkingen testimoniano di tragedie ben più grandi che gli abitanti della valle hanno conosciuto nel corso della loro storia. Inverno dopo inverno, quando lassù in alto le continue nevicate trasformano la bianca magia in una miscela esplosiva, riemergono storie terribili, accadute qui nella valle prima ancora dei nostri nonni. Il marzo 1896 fu uno di quei momenti, capace di far rabbrividire oggi ancora chiunque abbia davanti a sé la narrazione di Theodor Walpen, il parroco di allora, conservata presso l’archivio parrocchiale di Münster: «Dal 6 all’8 marzo, neve e pioggia si alternarono con grande violenza. Tra le cinque e le sei di sera, una valanga si abbatté sul villaggio torreggiando per cinque-sette metri al di sopra del municipio di Münster. Non solo lo spirito aleggia dove vuole: anche le valanghe percorrono la via che più piace loro.» Già 60 anni prima la ben nota valanga di Biel aveva spazzato via un intero villaggio, mietendo oltre 50 vittime. Le minacce, per gli abitanti del Goms, non sono nulla di nuovo: da troppo tempo coabitano quassù con i possenti pericoli della natura, e un impianto di risalita finito in fallimento non è di certo un motivo per perdere la calma.

Quando si osserva per la prima volta il Goms dal finestrino della Matterhorn Gotthard Bahn con gli occhi dell’escursionista, ancora non si presagiscono questi terribili eventi. Morbidi dorsi di monti ricoperti di pascoli estesi che si adagiano sul fondovalle percorso dal Rotten, come qui è chiamato il Rodano, lasciano affiorare una sensazione di quiete e armonia. All’estremità superiore del Goms, simile al vero sovrano della valle, troneggia il Blashorn: una piramide di neve e roccia che nel crepuscolo serale brilla dorata all’orizzonte come il dente di una corona regale. In Vallese, molti sciatori e snowboarder hanno sognato di tracciare almeno una volta la loro linea nel versante occidentale di questa montagna. Questa avventura è rimasta tuttavia riservata solo a pochi audaci della prima ora, in quanto dal 2008 la totalità dei versanti ovest e nord del Blashorn è zona protetta, percorsa ormai solo dai camosci.

 

Dimore imponenti

Proseguendo da Ulrichen verso Oberwald, le aperte pendici settentrionali del Blashorn sono presto dimenticate. Questo poiché prima che la ferrovia Matterhorn-Gotthard si immerga nelle profondità della galleria del Furka, a sud appare una selvaggia valle laterale che prospetta un particolare itinerario verso il Mittaghorn. Alcuni secoli or sono, prima ancora della costruzione della strada del passo del San Gottardo, Oberwald era crocevia e cardine tra nord e sud. Non era raro che i mulattieri provenienti dal passo del Grimsel pernottassero nei fienili del villaggio prima di spingersi con i loro animali dalle some stracariche lungo i sentieri pietrosi della Novena e del Gries fino in Lombardia. Imponenti dimore e sfarzose chiese barocche testimoniano a tutt’oggi che, in quell’epoca d’oro del transito, qualcuno di loro fece fortuna.

 

Gambe in fiamme e quiete incomparabile

Il punto di partenza per la salita lungo il fianco nord-est del Mittaghorn è un piccolo ponte al margine orientale del villaggio, a soli pochi metri dalla seggiovia oggi fuori servizio dello Hungerberg. Per il primo chilometro si segue una stretta strada che porta all’agglomerato di stalle di Gere, per poi addentrarsi in direzione sud-est nella disabitata Gonerlital. Qui, il decadimento delle infrastrutture turistiche della valle perde significato. In questo recondito angolo del Goms, la natura domina incontrastata per se stessa. Chi si avventura fin quassù viene ricompensato con una quiete del tutto unica, che si imprime nel corpo passo dopo passo e rallenta per qualche ora i ritmi supersonici della civiltà del millennio.

 

Pendii ripidi e neve soffiata

Dal punto 1496 è richiesta la massima concentrazione. Il superamento dei successivi 1500 metri di dislivello che separano dalla vetta sono disseminati di parecchi punti chiave e richiedono condizioni eccellenti. Già i primi 300 metri lungo la Gonerliwasser, al margine della zona di quiete per la fauna, sino allo Stafel, vanno attraversati con estrema attenzione. A sinistra e a destra torreggiano ripidi pendii, che non è raro trovare carichi di neve soffiata, trasportata dal mordente vento da sud. Lo stesso vale per il resto della salita sotto il fianco del Mettligrat fino alla curva di livello dei 2300 metri. Il punto più delicato del percorso rimane tuttavia poco prima del pendio della vetta, la cui pendenza supera a tratti i 40 gradi. Al più tardi quassù alcuni sono assaliti dalle vecchie storie da brivido sui terribili «Löuwenen». In tali casi, meglio preferire alla vetta un’inversione di marcia o le più pianeggianti pendici della Gonerlilicke nella conca valliva. In buone condizioni vale tuttavia assolutamente la pena di superare anche gli ultimi 700 metri sino alla cima: sulla vetta del Mittaghorn ci attende un panorama mozzafiato con una veduta totale sulla valle, le selvagge punte ticinesi e i giganti dell’Oberland bernese.

I pendii polverosi del ghiacciaio del Blas attirano però ben presto l’attenzione su di sé, e già si pregusta la seducente discesa di ritorno a Oberwald: dapprima in ampie curve lungo il vasto e apparentemente infinito versante nordorientale e quindi lungo il letto del torrente, sulle tracce della salita, sino a Gere. Solo a questo punto, le cosce in fiamme costringono alcuni a una piccola pausa. Di ritorno a Oberwald, si può poi concludere l’intensa giornata con un approccio culinario, gustando un’eccellente «Gommer Cholera» e facendo il pieno di energia per la prossima gita. Sí, perché non è raro che una cima del Goms si presenti con dislivelli di oltre 1400 metri.

 

Nel territorio del lupo

Qualche prelibatezza la si trova anche più a valle. La grandiosa discesa verso Ritzingen richiede ottime condizioni fisiche. Oltre al dislivello, in questa escursione occorre tener conto anche della distanza impressionante da Reckingen al Chummehorn. All’ombra del Corno Cieco, come gli italofoni chiamano la più grande montagna del Goms, si entra nell’imponente conca valliva della Blinnental. All’altezza di Chällers, a quota 1845 m, iniziano i ripidissimi pendii che si innalzano verso est fino al Chummestafel. Dopo questa tremenda salita, il dislivello restante lungo le moderate pendenze del Chumme sono quasi un gioco da ragazzi. La discesa che segue, dalla cresta del Chummehorn lungo il Ritxibach fino a Ritzingen è puro piacere e raramente percorsa. Questo anche perché i versanti aperti andrebbero affrontati solo in condizioni sicure per quanto concerne le valanghe.

Con l’eccezione della Galmihornhütte, di capanne riscaldate con menù a tre portate per suddividere l’avventura in due tappe non se ne incontrano. Ma sono proprio questi presupposti inospitali a separare questo lembo di natura selvaggia dal resto delle Alpi. Nell’angolo più discosto del Goms, è la natura che detta all’uomo la velocità. E forse anche per questo motivo il lupo ha scelto questi boschi di larici per il suo ritorno nel cuore dell’Europa.

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