Vincita garantita | Club Alpino Svizzero CAS
Sostieni il CAS Dona ora

Vincita garantita Arrampicata a Las Vegas

Che taluni cerchino la fortuna negli antri del gioco di Las Vegas è cosa arcinota. Ma ben pochi sanno che anche chi arrampica può ricavare qualcosa.

L’avventura ci attende ai margini della città. A ovest di Las Vegas c’è il Red Rock Canyon State Park, che offre pura natura selvaggia e le arrampicate più belle con vista sulla città. Qui tutto è avventura, a cominciare dall’accesso. Nei canyon, in un groviglio di sentieri, si riceve un’infarinata di ­bushwhacking, il nome qui affibbiato al faticoso avanzare nella spinosa vegetazione del deserto. A chi la sera darà un’occhiata alle proprie gambe verrà da chiedersi se ­climberwhacking non definirebbe meglio questo corpo a corpo con la macchia: gli arrampicatori soffrono indubbiamente molto più dei cespugli armati di spine.

Pecore selvatiche, rane e scorpioni

Meno problemi sembra avere la fauna locale. Le probabilità di trovarsi faccia a faccia con un gregge di pecore bighorn sono decisamente alte. Questi animali non mostrano alcuna timidezza nei confronti dell’uomo. Già nei canyon, dove in parte l’acqua scorre durante tutto l’anno, si incontra una straordinaria varietà di farfalle, uccelli e anfibi. La via ­Frogland, nel Black Velvet Canyon, non deve il proprio nome al caso: a seconda dell’ora del giorno, gli arrampicatori sono accompagnati da un coro di rane.

Per contro, attenzione a scorpioni, serpenti a sonagli e vedove nere. Ma si tratta di animali piuttosto schivi. Chi si muove con prudenza e osserva alcune nozioni di base riesce a evitarli senza problemi.

Persino gli scoiattoli sono più grandi

La vera sfida per l’ingenuo arrampicatore europeo è tuttavia un apparentemente modesto roditore: lo scoiattolo nord­americano comune. Negli Stati Uniti, ciò che concerne strade, steak e automobili vale anche per questi spassosi animaletti – che sono più grossi dei loro cugini europei. E più affamati. Le dimensioni possono essere ampiamente ascritte al loro alimento preferito, vale a dire le barrette energetiche, che l’ignaro arrampicatore ha riposto nello zaino lasciato ai piedi della parete. In determinate circostanze è così possibile osservare già dalla prima sosta il trattamento cui lo scatenato scoiattolo sottopone il proprio zaino, aprendosi a morsi un varco attraverso i diversi strati di materiale per raggiungere a colpo sicuro le provviste per la giornata. Il giorno successivo, la lezione è appresa: il cibo viene sospeso fuori della portata di questi atletici roditori.

Arrampicare sulla patina del deserto

Un viaggio tanto lungo deve comunque basarsi su un ottimo motivo. Questo ne ha addirittura due: lo sconvolgente paesaggio desertico – e l’unicità della roccia. Si arrampica su morbida arenaria Navajo. Per ampie superfici è ricoperta dalla cosiddetta desert varnish, la patina del deserto. Nei punti in cui questo strato resistente alle intemperie presenta screpolature e fori, espone la roccia sottostante, più morbida, agli effetti dell’erosione, permettendo la formazione di prese e scaglie perfette. Le stesse screpolature presentano per la gran parte una struttura sufficiente da permettere di progredire anche senza una raffinata tecnica dell’incastro e un’eccessiva tolleranza al dolore.

Testimonianze inaffidabili

Nei canyon si arrampica dagli anni 1970. Uno dei primi a riconoscere il potenziare delle pareti fu allora Joe ­Herbst, che percorse alcune tra le più grandi, come ­l’Aeolian Wall del Mount Wilson o Jubilant Song del Windy Peak. Al secondo tentativo, accompagnato da Larry Hamilton, riuscì a scalare anche il Rainbow Wall, che amava definire lo half dome di Red Rock. Ci vollero 21 anni perché questa linea venisse realizzata in libera, nel 1994. Oggi si annovera tra le classiche del sito e per quanto concerne difficoltà, lunghezza, esposizione e assicurazione si situa all’estremità superiore della scala.

Dopo la prima ondata di aperture da parte di Joe Herbst e di alcuni suoi compagni, a scoprire la strada per Red Rock furono Joanne e George Urioste, che con un lavoro instancabile percorsero all’incirca 100 vie, aprendo anche delle linee audaci in pareti apparentemente lisce ricorrendo ai chiodi a espansione. Queste ultime erano rimaste fuori della portata degli apritori che lavoravano solo con assicurazioni mobili e chiodi battuti.

Gli Urioste arrampicavano e attrezzavano con uno stile che oggi verrebbe definito plaisir, il che fu allora all’origine di accese discussioni. Oggi ancora non è raro incontrare dei vecchi chiodi a espansione da sei millimetri con incise le iniziali «J.U.». Ma con tutto il rispetto per queste testimonianze di altre epoche, è meglio affidarsi ad altre possibilità di assicurazione.

L’arte dell’improvvisare

Chi nelle Alpi percorre con facilità vie a più tiri di livello plaisir, qui si troverà ciò nonostante piuttosto sollecitato. Vero è che vi sono numerose vie facili, ma vanno per la gran parte assicurate da sé.

Per questo, è meglio familiarizzarsi con le tecniche di assicurazione ancor prima di partire. E portare con sé dispositivi di fissaggio di varietà e numero sufficienti. Certo, è possibile acquistarli sul posto, ma incide sui costi. È più semplice farsi prestare ciò che manca da un amico nel vecchio continente. Si raccomandano caldamente anche 60 metri di corda. Proprio in alcune delle grandi classiche, come ad esempio in Dream of Wild Turkeys, la sua lunghezza viene sfruttata fino al penultimo metro. Chi vi si azzardasse con i nostri consueti 50 metri deve essere anche un bravo improvvisatore. Qua e là occorre attrezzare da sé anche le soste. E ciò nonostante, Red Rock è una zona che offre possibilità straordinarie anche all’arrampicatore medio.

Feedback