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Avvoltoi, pellegrini e genepì Gita al Rocciamelone, la meta di pellegrinaggio più alta delle Alpi

Per i pellegrini della regione, una visita al Rocciamelone è imperativa. Ma una settimana di escursioni in questo poco noto paesaggio alpino delle Alpi occidentali offre anche ben altre sensazioni.

Ci sono voluti quattro giorni per arrivare, attraverso diversi passi, ai piedi dei 3540 metri del Rocciamelone, il punto culminante della nostra settimana escursionistica nelle Alpi Graie, in Piemonte.

La salita correva lungo la solitaria cresta nord-occidentale del Rocciamelone. Sulla cima, eccoci improvvisamente di fronte all’imponenza dei quattro metri della statua della Madonna della Neve. E se non bastasse, la sommità era piena di gente. Avevamo sottovalutato il fatto di scalare un’importante meta di pellegrinaggi, per di più la più alta delle Alpi. Nessuna meraviglia, quindi, nel vedere le pareti della piccola cappella sommitale tappezzate di fotografie, carte e preghiere portate fin lassù dai pellegrini a mo’ di ringraziamento per una disgrazia evitata, un incidente scampato o una na­scita sana. Ogni anno, il 5 agosto, centinaia di fedeli affrontano l’impegnativa processione del Rocciamelone. Chi poi volesse raggiungere anche la vetta, deve prevedere una coda più lunga, ma l’afflusso è importante anche nelle giornate normali. Perciò, quando si pensa alla discesa lungo la ripida, ma assicurata cresta sud, conviene unirsi a una coraggiosa schiera di pellegrini.

Una fetta di melone

La fama della montagna è legata a un voto di carattere religioso: nel 1358, infatti, l’inaccessibile monte fu scalato dal crociato Bonifacio Rotario d’Asti come ringraziamento per essere sfuggito alla prigionia in terra musulmana. Così facendo, scrisse anche una pagina di storia dell’alpinismo: l’ascesa al Rocciamelone è la prima conquista datata di una vetta delle Alpi. E la montagna, ben visibile anche da lontano, fu per secoli considerata la più alta della catena alpina. Venendo da Balme, è inizialmente difficile riconoscere in essa il «melone roccioso» cui sembra alludere il suo nome. Più tardi, tuttavia, dopo il Rifugio Tazzetti, nel sole del mattino si presenta come una rosseggiante e perfetta fetta di melone.

Nella discesa, attraverso i veli di nebbia si distinguono i nastri argentei dell’autostrada e della ferrovia che, 3000 metri più sotto, percorrono la Val di Susa. Incredibile: lungo il sentiero si incontrano non solo dei cespugli di stelle alpine, ma anche il genepì, l’erba con la cui pregiata radice si produce un apprezzatissimo liquore.

Pecore, grifoni e lupi

La regione non costituisce però un paradiso solo per le piante rare. Partiti dal Rifugio Cà d’Asti e in cammino sul sentie­ro panoramico dell’Alta Via di Susa, a circa 500 metri da noi vediamo un gregge composto di un migliaio di pecore strette le une alle altre. Contemporaneamente, a soli 50 metri sopra le nostre teste ecco due grifoni italiani veleggiare tra i pilastri rocciosi nel sole del mattino. La coppia di avvoltoi sembrava particolarmente a proprio agio: solo due giorni prima, tra l’altro, sulla via per il Rifugio Tazzetti, dalle nebbie della montagna era improvvisamente spuntato, sorvolandoci maestosamente, uno stormo di ben 15 grifoni. E a quanto si dice, nella regione sarebbe di casa anche il lupo.

Sankt Moritz del Piemonte

Le tre Valli di Lanzo – la Val Grande, la Val d’Ala e la Valle di Viù – si trovano solo pochi chilometri a sud del Parco nazio­nale del Gran Paradiso. Qui, all’inizio del XX secolo il turi­smo conobbe un’epoca molto fiorente. Ne sono una testimonianza i diversi alberghi in stile liberty. D’estate, le famiglie facoltose di Torino e Milano cercavano refrigerio nelle Valli di Lanzo, e località come Usseglio erano considerate le Sankt Moritz del Piemonte. Del fascino dell’albergo Rocciamelone di Usseglio abbiamo tra l’altro avuto modo di convincerci di persona. I pasti sono serviti nell’antica sala degli specchi: un’autentica esperienza, non solo dopo cinque giorni di cammino.

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