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Con gli sci tra gli orsi polari Sciescursionismo nell’Artico

A Spitsbergen ci sono più orsi polari che non uomini. Tuttavia, l’arcipelago non offre solo vastità infinite, ma anche spumeggianti discese nella neve polverosa dell’Artico. Alcune proposte nelle vicinanze del Polo Nord.

Quassù, il tramonto dura ore. A un certo punto, la luce piatta diventa arancione. Quindi rosata. Infine immerge il paesaggio in un cupo violetto, sul quale scivolano gli sci. E poi, non c’è nulla come questo blu. Comprende il cielo, e l’innevata, vasta, selvaggia terra interamente vuota. Qui non vi sono boschi, né alcun fiume scorre nella valle sottostante. Niente case, niente strade. Solo neve, e sopra il cielo, che ha lo stesso colore del ghiaccio che ricopre quest’isola. Siamo bene al largo nel Mare del Nord, a mille chilometri dalla terraferma e a mille chilometri dal Polo. Siamo in gita con gli sci a Spitsbergen.

Quello che un tempo era riservato a rudi avventurieri, oggi non dista più di un paio d’ore di volo dall’Europa. In una piccola valle laterale del grande fiordo gelato sorge l’insediamento norvegese di Longyearbyen. A 78 gradi di latitudine nord, è la cittadina più settentrionale del mondo. La abitano circa 2000 persone, assieme a 3000 orsi polari sparsi per tutta l’isola. La temperatura media estiva è di +6 gradi. Durante l’inverno, scende a –15. E ciò nonostante, a Longyearbyen, un tempo località dimenticata persino da Dio e abitata esclusivamente da uomini, oggi si respira un’atmosfera turistica. Vi sono bar e alberghi; persino un’università. Turisti e studenti passeggiano per la via principale, e nelle belle domeniche di primavera lo scoppiettio delle motoslitte risuona nella valle.

Orsi e slavine

Ci si potrebbe pensare nelle Alpi. Fino a quando non si lascia l’abitato, e improvvisa inizia la natura selvaggia dell’Artico. Le strade si interrompono già a pochi metri dal confine della località. Dei cartelli avvertono che, da lì in poi, si può avanzare solo con un fucile a tracolla – e i norvegesi ancora inorridiscono pensando al destino della giovane donna che venne sbranata da un orso polare durante una gita a soli pochi chilometri dalla cittadina. Un omino di pietra eretto sul Plateaufjellet, da dove si possono ammirare le variopinte case di Longyearbyen, ricorda oggi ancora il dramma. Perciò, chi intende percorrere autonomamente queste contrade ha anche bisogno di una preparazione amministrativa: le escursioni si possono compiere solo se armati. E per noleggiare un fucile, occorre rivolgersi per tempo alle autorità competenti (vedi scheda).

Gli orsi polari non rappresentano tuttavia il solo pericolo che lo sciescursionista artico deve affrontare. Il 15 marzo 2010, dalla cittadina è stato possibile osservare il distacco di un enorme lastrone di neve dallo Hjorthfjellet, sulla sponda opposta dell’Adventfjorden. Per il motoslittista che lo aveva provocato non vi fu nulla da fare. Come ricorda un soccorritore, quando due ore più tardi fu infine possibile estrarlo dalla neve era «già completamente grigio», e poche ore più tardi morì all’ospedale.

Capita di volare inutilmente

Nessuna meraviglia se quassù gli sciescursionisti non godono della fama migliore. Le richieste di vietare lo sci sui terreni scoscesi sono continue. E non del tutto a torto, dopo che il 19 dicembre 2015, dopo una terribile tempesta di neve, dallo Sukkertoppen, che sovrasta l’insediamento, si staccò una valanga che colpì in modo devastante diversi edifici.

Noi – almeno lo speriamo – progrediamo sicuri. Non meno di 18 profili della neve e test di scivolamento ci hanno portati a concludere la bontà delle condizioni. Anche se, nel frattempo, la regione si è dotata di un bollettino delle valanghe, basato tuttavia su informazioni scarse. Senza una conoscenza approfondita in materia di valanghe, qui nessuno si dovrebbe far prendere dalla febbre bianca. Anche se a volte può sembrare di aver volato inutilmente fino all’isola. Questo perché nel clima estremo dell’Artico, gli strati deboli permangono a volte anche fino a primavera inoltrata. E questo significa rinunciare. In tali casi, le gite guidate con i cani da slitta, le fatbike e le motoslitte permettono comunque di vivere esperienze indimenticabili. Anche tra noi rimane un’ultima sensazione di incertezza, mentre ci tuffiamo nell’ampio versante dello Hjorthfjellet. Il terreno è ripido, e i pendii polverosi, ormai tendenti al rosa, ci avvolgono come un immenso anfiteatro. Sotto luccica il mare nella luce della sera. In ampie curve voliamo attraverso il freddo, la luce e la neve. Poi, solo pochi minuti più tardi, eccoci nell’ampio letto gelato dell’Adventelva. Un vento freddo disegna macchie bianche sulla pelle: un primo segno di congelamento. È ora di indossare le maschere e di montare le pelli.

Attenzione: gelo!

Infatti, assieme alle valanghe il freddo è quassù il pericolo maggiore. I soli pile e giacche funzionali non bastano a difenderci. In caso di incidente, senza sacco a pelo non si sopravvivrebbe che poche ore. I locali indossano perciò soprattutto spessi parka imbottiti di piume.

Un po’ più gradevole è la temperatura di aprile, quando il sole torna a salire nel cielo e non rimane alternando albe e tramonti sulla linea dell’orizzonte meridionale. Allora le giornate sono infinitamente lunghe, e la terra si profila come un nastro bianco tra il blu del cielo e quello del mare.

A partire dal 19 aprile, il sole smette infine di tramontare. Continua a girare alto nel cielo, e il senso del tempo sembra abbandonarci. Sciare, mangiare, dormire, sciare, del tutto indipendentemente dalle ore del giorno: ecco il succo della vita nell’Artico. E per una volta, il viaggio di ritorno a sud non è una corsa verso il sole, bensì un ritorno alla notte.

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