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Il Museo alpino svizzero dovrà chiudere? Mancano 770 000 franchi

Con la nuova chiave di riparto dell’Ufficio federale della cultura, il Museo alpino non può sopravvivere. Ora, la sua direzione punta sulla politica: un intervento di soccorso dovrebbe assicurare il futuro dell’istituzione.

Il Museo alpino svizzero lotta per la propria sopravvivenza. In una raccolta di firme di ampie proporzioni, migliaia di persone attestano il proprio sostegno all’istituzione. Alla chiusura redazionale ne erano già state raccolte 7475.

L’obiettivo: procurarsi mezzi finanziari per il museo attraverso le vie della politica. Mezzi federali. Saranno infatti proprio questi a mancare al museo con il prossimo anno: invece del milione circa percepito sinora, gli verranno infatti assegnati solo 250 000 franchi. Di gran lunga troppo poco, spiega il suo direttore, Beat Hächler: «Non ci bastano per assicurare l’esercizio», afferma. La situazione appare drammatica. Qui non si tratta semplicemente di fondi di terzi che si riducono. Con la Confederazione, che sino ad ora si assumeva un terzo dei costi, viene a cadere una colonna portante.

Incidente di percorso?

Ma cominciamo dall’inizio. Sinora, nella sua veste di membro costituente della fondazione che lo regge, la Confederazione si assumeva circa un terzo dei costi di esercizio. Un altro terzo è a carico della Città, del Cantone e del Comune di Berna, mentre il resto viene coperto dalle entrate proprie del museo, come pure con fondi di organiz­zazioni e persone provate. Il più im­portante finanziatore privato e nel contempo fondatore del museo è il CAS, che ogni anno versa all’istituzione 200 000 franchi. Il museo è stato fondato nel 1905. Nel 1933 fu costituita la fondazione, nella quale siedono la Confederazione, la Città e il Cantone di Berna, nonché il CAS. Alla base dell’impegno della Confederazione stava la volontà politica di dar vita a un museo di carattere nazionale dedicato al patrimonio culturale del paese e di apprezzare l’eredità alpina della Svizzera.Ora, con il messaggio sulla cultura 2016-2020 approvato dal Parlamento, le cose sono del tutto diverse. L’obiettivo supremo della nuova politica: a sancire l’assegnazione di fondi non dovrà più essere la responsabilità operativa evoluta nella storia, bensì dei criteri oggettivi. Tutti i musei devono essere trattati allo stesso modo.

Ora, i contributi della Confederazione si orientano in base alla valutazione formulata da un gruppo di esperti della collezione, dei servizi di intermediazione e dell’ammontare dei contributi pubblici non federali ai musei. Alla base, il concetto di sussidiarietà: la Confederazione non pone essa stessa gli accenti, ma sostiene le istituzioni cantonali di importanza nazionale.

Anche il Museo alpino ha superato questo ostacolo ed è stato dichiarato degno di sostegno. Il suo problema è solo che, a partire dal 2019, per questo statuto nazionale la Confederazione intende mettere a disposizione il 75% in meno dei mezzi. Invece di chiedersi come le istituzioni sovvenzionate siano strutturate finanziariamente e quale sia il loro effettivo fabbisogno, la Confederazione sostiene ora in base a una chiave di riparto aritmetica 13 musei in tutto il paese – anche quelli che, sino ad ora, hanno funzionato finanziariamente anche senza fondi federali. All’opposto, il Museo alpino si è visto sopprimere senza sostituzione un finanziamento federale dell’esercizio.

Non rimane che la via politica

Hächler è deluso: «La Confederazione conosce la nostra situazione.» L’intero finanziamento è sempre stato discusso a carte scoperte. Ciò nonostante, Berna ha optato per una chiave di riparto che non lascia scampo al Museo alpino. Per Hächler una cosa è però chiara: la Confederazione continua a essere responsabile in quanto fondatrice del museo e partecipante al suo esercizio.

Ora, il museo punta interamente sulla politica. Infatti, a fronte del breve periodo di transizione e del grande fabbisogno finanziario, la ricerca di altri finanziatori non avrebbe prospettive. La Città e il Cantone di Berna sono in regime di risparmio, il CAS già devolve al museo 200 000 dei 230 000 franchi del suo budget culturale e i finanziatori privati sono raramente interessati ai costi d’esercizio ricorrenti. «Qui non si tratta di superare una situazione temporaneamente difficile», chiarisce Hächler: «Il problema è garantire il semplice esercizio.»

Un museo nazionale?

Una possibilità sarebbe che la Confederazione elevi il museo al rango di museo federale. Il che, comunque, non significa necessariamente più mezzi: dei musei federali come quello degli automi musicali di Seewen devono cavarsela con importi proporzionalmente modesti. Un’altra variante: il Museo alpino potrebbe essere integrato nel gruppo del Museo nazionale, che annovera i musei nazionali di Zurigo e Prangins, così come il Forum della storia svizzera di Svitto. Questo metterebbe tuttavia in questione il finanziamento misto del Museo alpino e impegnerebbe ulteriormente la Confederazione.

Rimane una possibilità alla quale nessuno vorrebbe pensare: il Museo alpino non riceve più fondi ed è costretto a chiudere. «L’opzione è aperta», dice Hächler. Ci sarebbero salari da pagare e, nel caso di una liquidazione della collezione, costi di entità sconosciuta. E affidarsi semplicemente alla buona sorte non è assennato: «Se vediamo che finanziariamente non funziona più, dobbiamo reagire», commenta.

Tuttavia, confida ancora nel peso dell’ampia solidarietà della popolazione e a un ripensamento del Parlamento. «Al momento conosciamo per il museo un appoggio mai visto sinora», dice. «Per questo paese, il tema della montagna è troppo importante perché possa essere spazzato via con un atto amministrativo.» Per partecipare alla petizione online, collegarsi a rettungs­aktion.alpinesmuseum.ch.

Il Museo alpino svizzero

Il Museo alpino svizzero è stato fondato nel 1905 e dal 1933 è un’istituzione nazionale cui partecipa la Confederazione che, unitamente agli altri costituenti della fondazione, il Cantone di Berna, la Città di Berna e il CAS, si assume il finanziamento di base. Dal 2012, il Museo alpino segue un nuovo programma quale centro espositivo contemporaneo e si dedica a tematiche del presente, come l’identità, la mobilità e il cambiamento. Sino ad ora, la Confederazione contribuiva al finanziamento di base con 1 020 000 franchi che, stando alla decisione dell’Ufficio federale della cultura, dal 2019 si ridurranno a soli 250 000 – troppo pochi per assicurarne il regolare esercizio.

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