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La via perfetta Nanga Parbat: sperone Mummery

La storia di Daniele Nardi raccolta dalla scrittrice Alessandra Carati si legge tutta d’un fiato e colpisce come un pugno allo stomaco. In certi momenti si ha l’impressione di essere sospesi nel vuoto, di sentire il gelo, di provare paura. Un attimo dopo ci si sente piccoli di fronte allo sprezzo del pericolo di alpinisti estremi come Daniele Nardi, Tom Ballard o Tomek Mackiewicz. Da lettore, da non alpinista, ti chiedi quale sia il drive, la tensione interiore che porta un uomo a spingere tanto in là i propri limiti sapendo che la morte è dietro l’angolo. Non c’è risposta ma una certezza: la via perfetta sul Nanga Parbat non esiste. Intanto questa lettura affascina e lascia attoniti perché al di là della storia personale di Daniele, del suo amore per Daniela e il figlio in arrivo, dei suoi quattro tentativi fino a quello finale di scalare la montagna assassina, questo è un libro sull’esistenza umana, sui suoi lati razionali e su quelli bui, ignoti e incontenibili. La chiave di tutto è nell’e-mail del 30 aprile 2018 di Louis Rousseau: «Sul Nanga c’è qualcosa che acceca e che trascina ben oltre il pericolo. Se fossi in te non insisterei con l’ascesa invernale. La vera sfida, perfino più difficile, non potrebbe essere quella di lasciar perdere e scegliere un altro sogno?» Ma i sogni sono una cosa molto personale. Oltre a una narrazione snella e avvincente, il libro mette in luce quei dettagli meno edificanti o noti di spedizioni alpine come queste: i costi esorbitanti, la difficoltà di trovare degli sponsor, la necessità di stare nell’occhio dei media, l’ingordigia della vetta che inquina le relazioni e la mancanza di etica tra colleghi.

Autore

Daniele Nardi, Alessandra Carati

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