Nella terra dei draghi | Club Alpino Svizzero CAS
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Nella terra dei draghi Vivere i monti della Cina meridionale

Al di là della montagna dall' armatura di ferro ( Yunnan del Nord )

Secondo una credenza locale il Tejia Shan. « La montagna dall' armatura di ferro » divide alcuni popoli non solo per le tradizioni e la cultura, ma pure per la preferenza dei colori. A Sud ci sono i Bai e i Pumi che si definiscono « Bianchi », preferiscono i colori vividi, parlano « Bianco », indossano almeno un indumento di colore bianco. Di là della montagna vivono i Naxi, i Tibetani e gli Yi che invece prediligono il nero, vestono abiti prevalentemente neri, parlano una lingua « Nera » e i loro animali sono per la maggior parte di colore nero. Ci troviamo nello Yunnan, la provincia più sud-occi-dentale della Cina. Questa vasta regione, il cui nome significa « A sud delle nuvole » è una propaggine geologica del Tibet e s' estende su un territorio montuoso senza fine. Una terra di grandiosi panorami, generosa, ricca di volti. Difatti delle 55 minoranze nazionali che vivono nell' immenso territorio cinese, ben 24 sono le etnie che vi abitano.

L' affascinante cittadina di Dali è incastonata a 1900 metri d' altitudine, tra gli azzurri monti della catena del Cang Shan, che le fanno da guardiani e protettori, e bagnata dalle cristalline e placide acque del lago Er Hai. Dai fianchi del Cang Shan, gli abili artigiani Bai estraggono il marmo, rinomato in tutta la Cina fin dall' antichità. Continuando verso Nord, la strada si innalza lentamente attraverso dolci colline, fino ad oltrepassare la « Montagna dall' arma di ferro ». Adesso il paesaggio si fa più severo. Lo Yulongxue Shan ( II monte del Drago di Giada, 5596 m ) con i suoi 13 frastagliati picchi sovrasta la regione di Lijiang, capitale dell' etnia Naxi, popolo di pastori nomadi venuti dal Tibet nord orientale duemila anni fa. La storia e la cultura dei Naxi sono state documentate dai preti-sciamani Dto-mba, adottando la scrittura pittografica. Come Dali anche Lijiang era un importante nodo commerciale fra il Tibet e la Cina meridionale. Medicinali e lana erano scambiati dai tibetani con te e altre mercanzie Nell' etnia dei Miao esiste una straordinaria libertà di dare libero sfogo ai propri sentimenti attraverso stravaganti e originali riti di corteggiamento ( Guizhou ) I pesanti turbanti di lana hanno il compito d' infor sullo stato civile della giovane ( Guizhou ) cinesi. Indebolitosi il commercio con i tibetani, gli intraprendenti Naxi incominciarono a sfruttare indiscriminatamente i verdi boschi. Intere foreste furono estirpate a un ritmo che superava notevolmente quello impiegato agli arbusti per ricrescere. Il legname ricavato era venduto al resto della Cina, avida di questo prezioso prodotto. Nel 1983, su sollecitazioni d' allarmati ecologisti, il governo cinese iniziò un vasto programma di rimboschimento. Lijiang, adagiata a 2400 metri d' altitudine, offre spettacolari camminate. Alla scoperta di luoghi culturali: dai numerosi monasteri, con purtroppo una vita monastica ridotta al minimo e seriamente danneggiati durante la sanguinosa rivoluzione culturale; storici, ne è esempio il monumento di marmo eretto nel villaggio di Shigu per commemorare l' aiuto dei Naxi ai soldati stremati durante la Lunga Marcia, ad attraversare con barche e zattere di fortuna uno dei più maestosi fiumi d' Asia, lo Yangtze; e infine naturalistici, quale il facile trekking che in sedici chilometri attraversa la vertiginosa « Gola del balzo della Tigre », una fra le più alte del mondo. Nel lasciare lo Yunnan incontro un' altra affascinante etnia, sono gli Yi, popolo tibeto-birmano, fiero e indipendente sin dall' antichità, che si è sempre battuto ferocemente contro le invasioni dei cinesi Han. La loro società era basata sulla schiavitù e un sistema di caste. Governati dagli spiriti del bene e del male della loro religione animista, e legatissimi a tutto quello che fa parte della natura. Dalla terra traggono cibo, medicine e abitazioni, perciò la ritengono sacra. A causa del continuo sfruttamento del territorio sono destinati inevitabilmente a seguire la stessa sorte del Panda.

Popoli che scompaiono in silenzio ( Guizhou )

Guizhou, terra di nitidi contrasti, grande circa quattro volte la Svizzera, chiusa a cuscinetto con le province del Guangxi a Sud, dello Yunnan ad Ovest, del Sinchuan a Nord e dello Hunan ad Est, è rimasta in pratica segregata sino a oggi dal resto del mondo; un viso straniero nella maggior parte della provincia è ancora una rarità. Un adagio popolare recita: « Nel Guizhou non vedrete mai tre giorni consecutivi di sole, né tre ettari di terra piatta, né  tre centesimi nelle tasche di un amico. » Se la provincia è una delle più povere in Cina, la ricchezza è costituita dal complesso mosaico di popoli che vi vivono. Per oltre 4000 anni l' espansione cinese l' Impero di Mezzo allontanò le tribù della pianura, lungo il bacino del fiume Giallo, spingendole sempre più verso gli inaccessibili e remoti territori montuosi del Sud, impropri e insalubri per l' habitat dei cinesi Han. Le differenti etnie si dovettero adattare a condizioni ambientali e climatiche completamente differenti dalle loro originarie, creando così una vera e propria « cultura » del riso. Patria di ben tredici differenti gruppi etnici, grazie al lungo isolamento montanaro hanno mantenuto pressoché intatti l' idioma d' origine, gli usi e i costumi tradizionali. In questa provincia, caratterizzata da una geografia aspra con monti, valli, fiumi, cascate, laghi che s' alternano con depressioni fertili, i numerosi gruppi minoritari sono in pericolo d' estinzione. Gruppi, che dopo essere stati minacciati per millenni dalle invasioni dei cinesi Han, oggi devono temere l' aggressione spietata del commercialismo e della standardizzazione dei tempi moderni. La montagna non funge più da barriera culturale; commer- II Guizhou è una terra di villaggi, i piccoli agglomerati di case in legno o pietra punteggiano il paesaggio cio e viaggi sono facilitati dalle molte vie di comunicazione. Tutto questo mette a dura prova le giovani generazioni; per loro riuscire a far coesistere tradizioni e modernità è compito assai arduo. I giovani, appena ne hanno l' opportunità, scendono in città mescolandosi e adottando i sistemi di vita degli Han, poco sanno della loro cultura e i racconti dei parenti più anziani sono solo una sorta di leggenda. Le antiche tradizioni, tramandate oralmente da padre in figlio, hanno lasciato il posto all' irrom cultura del « Karaoke ». Da una parte le minoranze etniche sono oppresse praticando l' assimiliz forzata: scuole in lingua e cultura cinese, spesso capi villaggi di razza Han, e, dall' altra parte tutto ciò che è folclore viene utilizzato solo come buona fonte di guadagno dagli astuti cinesi.

Un' esplosione di colori ( Guizhou )

II Guizhou è anche la terra delle feste. Nel calendario lunare se ne contano più di mille. È pure la lesta dei colori, della primavera e dell' amore. Dil' atti per le giovani nubili è una grande occasione: far conoscenza e fidanzarsi in pochi giorni. Nell' etnia dei Miao esiste una straordinaria libertà di dare libero sfogo ai propri sentimenti attraverso speciali e stravaganti riti di corteggiamento. Pochi sono i matrimoni combinati, i giovani sono liberi di scegliere il consorte a loro piacimento. Un' immensa folla di gente si accalca sui due promotori che sovrastano il campo dove vi è situato il palco delle danze e dove viene celebrata la cerimonia nuziale. Sul primo si trovano i cinesi Han, giunti sin qui solo come semplici spettatori, mentre sul secondo stanno i Miao Floreali con i loro vistosissimi costumi. Indossano stupefacenti abiti riccamente decorati a motivi geometrici, sulle teste delle ragazze non maritate vistosi copricapi di lana, il cui peso può raggiungere uno o più chili, che le differenziano dalle donne già sposate. Il colpo d' occhio che offrono è superbo, rosso, arancione, giallo, bianco e nero: una vera e propria esplosione cromatica. Gli sgargianti turbanti di lana non hanno solo il compito di mostrare lo stato civile della giovinetta, ma pure la ricchezza della famiglia. Più il copricapo è grande e sfarzoso più la Ritmi antichi per una vita semplice ( Guizhou ) ragazza è benestante. A metà mattinata Miao e cinesi dilagano nel campo. Un vero e proprio ingorgo umano. La frenesia della festa si mescola con gli affari in un fervore improvviso di attività. Una folla serpeggiante, vociarne e colorata anima le bancarelle colme di tessuti, variopinte matasse di lana, abiti all' occidentale, oggetti di plastica e cento altre mercanzie. Le giovani già pronte si pavoneg-giano, si guardano e riguardano con l' aiuto di piccoli specchi, danno gli ultimi ritocchi aggiustando una piega della gonna fuori posto o un filo di lana ribelle che pende dall' enorme turbante. Una volta pronte fanno la foto di famiglia, poi entrano finalmente nel vivo della tanto attesa festa. Intanto nel centro del palco viene rizzato 1'«Albero dei fiori » da cui pendono strisce di sto ffa rossa ricoperte da pittogrammi. Un anziano danzatore, stimato e rispettato da tutti i Miao Floreali, canta antiche canzoni rendendogli omaggio.

Un attimo di ristoro nella veranda di una abitazione Miao ( Guizhou ) e il campo sottostante rigurgitano di gente. Tutti attendono con impazienza l' inizio delle danze. L' as fragore dei petardi e le entusiaste grida della gente segnano l' ingresso del gruppo dei giovani danzatori agghindati in variopinti costumi. Gli uomini indossano un particolare copricapo ornato da lunghe piume di fagiano, le donne il tipico turbante di fili di lana colorata. Armati di « Lusheng » antico e rudimentale strumento musicale composto di canne di bambù, i suonatori eseguono acrobatici movimenti, sfilando attorno alle più rispettabili famiglie sedute al centro del palco. La musica accompagna l' ondeggiare dei ballerini. Il combattimento del gallo, il gioco dei piccioni, il lavoro del bufalo nel campo, il passaggio del lombrico sopra le montagne sono alcune delle attività che sono rappresentate a passi di danza. Se la lesta si apre a mezzogiorno è solo all' imbrunire che i giovani non sposati si appartano. È un momento magico. Ragazze e ragazzi vanno in giro a grappoli. Si adocchiano, discretamente si inseguono e timidamente si allontanano dalla calca cercando un posto tranquillo, lontano da occhi indiscreti. Caduta la notte solo qualche ubriaco da spettacolo nel campo, ma domani un bufalo tirerà l'aratro per una nuova famiglia del clan dei Miao Floreali.

Ritmi antichi per una vita semplice ( Guizhou )

Lascio la città di Liuzhi, satura di aria inquinata, di ciminiere fumanti e scarichi dei motori. Il viaggio nelle inaccessibili valli del Guizhou è come un brusco ritorno alla vita contadina, dove sono ancora i bufali a tirare l' aratro. La terra non é generosa. I volti dei contadini sono scavati dalle fatiche per piegare la natura alle proprie necessità. La pratica agricola itinerante del « taglia e brucia », vietata dal governo, viene praticata solo nelle aree più nascoste e remote. La nuova riforma agricola, introdotta nel 1978, ha consentito di coltivare prodotti che hanno notevolmente arricchito i mercati. La terra, pur restando di proprietà dello stato, è stata offerta alle famiglie, che a loro volta si sono dovute assumere la responsabilità della cura del proprio appez-zamento. Una parte del raccolto dovrà essere ceduta al governo come « affitto » del terreno, mentre il resto potrà essere tenuto o venduto al mercato a un prezzo più elevato. I campi non sono mai in ozio, quando non producono riso danno patate dolci, mais, grano e ortaggi. Nelle risaie inondate viene praticata l' itticoltura. Il percorso è accidentato, la pioggia dei giorni precedenti ha lasciato sul terreno una patina fangosa che rallenta i miei passi. Il Guizhou, in media, riceve tra gli 850 ai 1600 millimetri di pioggia all' anno. Le abbondanti precipitazioni non solo modellano la tenera roccia di origine carsica, ma causano enormi disastri. Uniche vie di comunicazione sono impervi sentieri che si srotolano attraverso fitte pinete, campi di mais e patate dolci. A causa della scarsità del suolo i contadini Miao sono costretti a scendere a valle, dove aiutando nelle risaie i cinesi Han hanno diritto a una parte del raccolto. Un portale minuziosamente decorato con fregi colorati segna l' inizio del villaggio. Lo varco. Una voce armoniosa echeggia lungo le pareti delle abitazioni di pietra o legno e dai tetti di paglia, poco lontano tre bimbe di circa quattro o cinque anni vestite con i costumi tradizionali e dalle guance rosse come ravanelli, intonano una dolce melodia. È il saluto della popolazione Miao. Sembra essere entrati in un' altra dimensione, in un altro tempo. La gente gode di cuore la vita, chiacchiere, bisbigli, risate e canti che provengono da ogni angolo. La frenesia del guadagno e il modello occidentale, che tanto affascina i giovani cinesi, non è riuscito a intaccare minimamente questo lembo di terra. Un luogo tranquillo e immacolato in cui prevale una vita semplice che rispetta i ritmi della natura e che abbandoni con nostalgia.

Nel mare delle canzoni ( Guizhou )

Le distanze, per tutto il mio viaggio attraverso la Cina meridionale, vanno misurate in tempo non in chilometri. Un' unica strada a cavatappi, lunga, faticosa e accidentata, quasi tutta a fondo naturale, si snoda serpeggiando dapprima lungo la sponda del fiume, in seguito arrampicandosi sulle aspre montagne fino ad arrivare ai 2179 metri del monte Lei-gon. Mi trovo nel Sud-Ovest della provincia del Guizhou a soli trecento chilometri del tropico del cancro, in un area di montagne ondulate che i cinesi soprannominano « II mare delle canzoni ». Patria del popolo Dong, famosi come abili tagliaboschi, falegnami e architetti. Lungo il tragitto la vegetazione tropicale fa da cornice al paesaggio. Poi, alzandosi lentamente di quota, le rupi, ornate di banani e bambù, lasciano il posto a nobili abeti e vigorosi cespugli di azalee selvatiche. Ogni curva offre nuovi scorci del « mare delle canzoni », una fitta successione di bizzarre vette che si perdono a vista d' occhio. Il passo, durante le gelide giornate invernali, rimane bloccato per la neve, e la pista sterrata si trasforma in una lingua fangosa e ghiacciata. Sulla sommità della montagna lo scenario è grandioso, la vista spazia sull' immenso oceano di monti, alcuni con le risaie allagate che scintillano come specchi al sole, altri selvaggi si stagliano fieri contro il cielo. Il clima temperato e le abbondanti piogge fanno sì che intere montagne siano rivestite da fitte foreste d' abeti, albero sacro nella cultura Dong. Un' antica usanza vuole che alla nascita di un neonato i genitori piantino cento arbusti d' abete sul pendio di un monte. Da una parte questa tradizione esprime il desiderio che il bimbo cresca forte e robusto quanto un abete, mentre dall' altra, quando il figlio ( o figlia ) compirà diciotto anni gli alberi vengono tagliati e utilizzati per pagare-il costosissimo matrimonio. Per questo motivo gli abeti sono chiamati i « diciottenni ». I Dong, di religione animista, credono che una moltitudine d' entità soprannaturali risiedano in ogni montagna, valle, lago, fiume e roccia. Da lontano le case sembrano chalet alpini. Alcune abitazioni portano lungo le pareti esterne, impronte bianche di palmi di mano, impresse per allontanare gli spiriti malevoli e per portare protezione e prosperità alle nuove costruzioni. Vengo invitata da una famiglia ad assaporare il gustoso piatto tradizionale: una sorta di riso soffiato, cotto nell' olio bollente, ed in seguito inzuppato assieme alle arachidi tostate e ai fagioli di soia in una scodella di te dolce. All' entrata della dimora vi è situato l' altare ancestrale affollato di offerte votive e incenso. Quello che più stupisce nell' archi dei Dong sono le « Torri tamburo » e i « Ponti della pioggia e del vento ». Le torri, i cui contorni ricordano l'abete, sono alte una trentina di metri, in passato servivano come dispositivo d' avvertimento contro le invasioni dei nemici. Oggi la gente le utilizza nelle feste e durante le fredde sere d' inverno, quando l' intero villaggio si riunisce per ascoltare i cantastorie rievocare l' antica leggenda della creazione. I « Ponti della pioggia e del vento » hanno il tetto formato da numerose torrette a forma di pagoda. Le pareti interne delle due singolari costruzioni risplendono di colorati disegni e di numerosi intarsi. La costruzione delle torri e dei ponti è opera di architetti stregoni, che si tramandano di padre in figlio i segreti del mestiere, gelosamente custoditi su tavolette di bambù. Gli abitanti dei villaggi usano appendere sulle travi di legno del ponte numerosi pezzetti di stoffa, ricamati a rombi e croci. Tutti desideri che « lo spirito del ponte » dovrebbe esaudire.

Scultori di paesaggio ( Guangxi )

II mio diario di viaggio attraverso le montagne e gli affascinanti popoli della Cina Meridionale si conclude in uno dei più spettacolari paesaggi creati dalle abili mani dell' uomo: « Le terrazze delle ossa della schiena del drago ». Ovunque il mio sguardo si posi, intravedo gli erti monti circostanti ricoperti da risaie a più piani. Più i pendu sono ripidi, più le terrazze sono minuscole piattaforme di terra. Ogni spazio coltivabile è prezioso ed è lavorato intensamente. È un mondo domato, trasformato, dove il faticoso e lungo lavoro dell' uomo ha lasciato tracce indelebili. Il paesaggio affascina chiunque abbia la fortuna d' arrivarci. L' incanto prende forma dall' ar delle sue colline, dove enormi scalini ne seguono delicatamente il contorno formando fantastici arabeschi; dalla morbidezza di ciuffi slanciati di bambù che ricoprono le aree non coltivate; e dai piccoli agglomerati di case di legno costruite nel bel mezzo dei terreni. Dove finiscono le coltivazioni di un villaggio, iniziano i terreni del villaggio vicino. Ettari di terreno sono stati spogliati dei verdi boschi per creare nuovi spazi agricoli. I contadini, come ingegnosi scultori, hanno aumentato la superficie arabile, intagliando e levigando l' intero paesaggio montuoso. Acri di terra sono stati coltivati senza l' ausilio di macchinari, ma solo con la forza delle braccia, piegando l' ambiente alle proprie esigenze. I giganteschi gradini evitano le pericolose frane durante la caduta di pesanti piogge e contribuiscono a fermare l' erosione del terreno. L' acqua dei terreni defluisce da un livello all' altro tramite canali di scolo costruiti artificialmente con l' aiuto di canne di bambù. Il livello dell' acqua, che è convogliata dal campo più in alto alla risaia sottostante, sarà regolato secondo la stagione e a dipendenza delle diverse fasi di crescita della pianta. Spezzando il pendio della montagna a gradini i campi captano i raggi solari con un' angolazione maggiore, perciò il raccolto sarà riscaldato maggiormente. All' inizio del nuovo anno lunare si ara il terreno, si ricostruiscono le terrazze e se ne creano delle nuove, a maggio si pianta il riso e a settembre vi sarà la raccolta. La gente è affabile, cordiale ed ospitale, sembra rispecchiare la sua terra, ogniqualvolta che s' incon un contadino, un anziano o un bimbo l' allegro « Nihao » ( il saluto in lingua cinese ) è accompagnato da uno smagliante e sincero sorriso...

Il nostro mondo non è mai stato statico, le civiltà sono nate e si sono estinte, le culture e i popoli si sono mescolati ed evoluti. Oggi che le distanze si sono accorciate i contatti con altre culture, ( ...a volte molto rispettose dell' ambiente che le circonda ) sono divenuti più facili. Industrializzazione e urbanizzazione annientano le culture più deboli. Sistemi di vita e oggetti appartenenti alla nostra società sono adottati dalle popolazioni indigene come simbolo di benessere. Purtroppo alla lunga lista delle calamità naturali causate dall' uomo, come inquinamento dell' aria, dell' acqua, rifiuti tossici, distruzione dell' ozono, scomparsa di numerose specie animale, si può aggiungere l' estinzione di popoli dal ricco patrimonio culturale dove affondano anche le nostre radici. Ritorno dai campi dopo una lunga e faticosa giornata di lavoro ( Guizhou )

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