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Cesare Maestri: arrampicatore solitario sullo spigolo dell'infinito

Remarque : Cet article est disponible dans une langue uniquement. Auparavant, les bulletins annuels n'étaient pas traduits.

Di Armando Biancardi

Con 4 tavole ( 124-127Torino ) La sua vita e le sue scalate, Cesare Maestri l' ha recentemente descritte in un libro: « Lo spigolo l' infinito ».

In questo libro c' è tutto quello che di simpatico e di urtante, di sincero e di posato, di immediato e di art foiosamente lettera: io, una guida, meglio, un formidabile scalatore solitario, poteva scrivere.

Vi sono come dice bene Dino Buzzati nella sua prefazione: « gli impetuosi affetti, gli entusiasmi portati al limite dell' ostinazione assurda, gli slanci generosi, la preoccupazione di un' onestà fatta di fedeltà a sé stessi, una sensibilità quasi morbosa nei rapporti con i suoi simili, gli iracondi furori, i risentimenti aspri e prolungati, disposti però a sciogliersi per un atto leale o di bontà, i gesti impulsivi e clamorosi, una schiettezza senza freni, che spesso nella vita pratica da risultati carastrofici, gli estri che i benpensanti definiscono pazzie, una spaventosa inettitudine a qualsiasi maneggio diplomatico, il grande cuore. » Qualche volta il lettore rimarra à perplesso, se non addirittura sconcertato, per certo qual movente alpinistico, certo compiaciuto narcisismo, o egocentrismo che dir si voglia.

Ma, nonostante tutto, per chi sappia leggere, questo libro è lo specchio fedelissimo di colui che l' ha scritto, e questo, non è merito dappoco.

Quest' incontro, che è possibile a tutti gli alpinisti, con un autentico campione dell' audacia sistematica, non deve essere lasciato cadere.

Cesare ha un fisico da atleta. E le donne se lo divorano con occhiate che non lo lasciano affatto indifferente. Quando, ventenne appena, era a Roma, sulla strada tracciatagli dal padre, e già con successo seguita dalla sorella e dal fratello, tutti attori, faceva del pugilato. Del pugilatore ha conservato le spalle, e a chi gli chiedesse come mai abbia abbandonato il quadrato per la montagna, afferma come quello sport lo avvilisse incattivendolo. Ne in-cassava prima di distribuirne il povero Cesare! Ma poi, via via, sotto una tempesta di sventole, il viso gli mutava espressione, gli occhi gli si intorbidivano, ed infine, eccitato, si scatenava piombando mazzate dove gli capitava, più con forza e con rabbia che con stile e con intelligenza. Ed il pugilato richiama alla mente un altro grande arrampicatore: Riccardo Cassiti, anche lui, prima di darsi alla montagna, pugilatore con tanto di dimissioni, però, precisava lui stesso, per averne buscate troppe...

Ha conservato le spalle del pugilatore, Cesare, e, neu " anima, la vocazione, l' aspirazione, il tormento dell' artista. « Perché non hai fatto anche tu l' attore? » « Vita troppo poco movimentata - ribatte - non avrebbe fatto per me. » « E a quando risale questa passione per la montagna? » Cesare rammenta una sera a Roma. Vita dura ali' Accademia d' Arte drammatica, vita grama di stenti, fra lavori i più disparati, per cavar fuori il denaro e tirare innanzi negli studi, lavori dove si atteggia, fra l' altro, a battilamiera, sterratore, elettricista ed autista; pranzi a base del solito panino imbottito, con una fame allucinante e visioni di stelle rosse, interminabili recitazioni nella Compagnia di prosa di Anton Giulio Bragaglia... La malin- conia della sua Trento lo avevano bruscamente afferrato, ascoltando alcuni cori di montagna alla radio. Senza studiarci su due volte, aveva preso il treno, piantando 11 tutto. Ed a Trento, aveva cercato di Pisoni, del bravo Gino Pisoni, perché gli facesse un po' conoscere le montagne di casa sua, come dire, del Brenta.

Le tracce lasciate in Cesare Maestri dal generoso Gino, oltreché nella tecnica l' arrampicata, si trovano nella sua stessa anima. « Se sono quel che sono, se faccio quel che faccio, oggi come oggi, lo devo a Gino, e solo a lui... ». Non sappiamo se Pisoni abbia molti allievi, ma confrontandolo con altri, meglio d' ogni altro lui stesso, potrà valutare anche l' amicizia e la gratitudine di Cesare. « In te, in cui ho sempre avuto fiducia, in te che iniziai all' alpinismo, ho trovato un cuore onesto, riconoscente ai consigli ed agli insegnamenti dei vecchi alpinisti, di coloro che ormai vivono sui ricordi delle passate imprese, accontentandosi ugualmente di salire le vette per vie sempre più facili... » Dice infatti proprio così, fra l' altro, Gino Pisoni, sul libretto di guida di Cesare.

Alpino alla Scuola Militare d' Alpinismo ad Aosta, dove il capitano Peyronel, arrampicando con lui, lo apostrofa di continuo con il suo ritornello: « Se non metti chiodi, ti schiaffo dentro...! », Cesare si trova un bel giorno d' inverno a La Thuile. Bisogna che qualcuno scenda per servizio sino a Courmayeur e...: « eccoti i soldi per la corriera, ci vai tu, e sbri-gati più che puoi! » Tocca al subordinato Cesare muoversi, e con qualche imprecazione » s' intasca il denaro che non vorrà certo sciuparsi così malamente. E calzati gli sci da discesa, si butta in picchiata su Pré Saint Didier. Di li, sarebbe bravo chi volesse fermarlo e ricor-dargli che lo stradone fino a Courmayeur è cosa che non finisce tanto presto. Va e ritorna. Tornare a La Thuile con gli sci da discesa ai piedi, però, è cosa che disarmerebbe il mulo più testardo. Un paio di passi avanti in salita e uno indietro. Si slitta sul terreno e la fatica diventa tripla. Mollare? Darsi per vinti? Scomparire dalla faccia della terra piuttosto!

Alla sera, il colonnello risalito da Pré Saint Didier, fresco fresco, in corriera, vuoi sapere chi è quel dannato animale d' alpino che, sputando l' anima, aveva visto ferocemente arrancare lungo la strada. Cerca cerca: nessun alpino è scappato giù. Salvo Maestri, ma Maestri è sceso in corriera ed è rientrato puntualissimo. « Beh, vediamo questo Maestri dell' accidenti! » Maestri di qua, Maestri di là, e Maestri viene trovato a letto profondamente addormentato. Non poteva essere naturalmente che lui l' eroe del giorno. Solo che l' ufficiale medico doveva riscontrargli una forma di disancamento, ed a letto, l' eroe ci sarebbe dovuto rimanere, salvo complicazioni, per una quindicina di giorni. Da allora, in quanti l' avevano pregato! « Dai Cesare, devi fare del fondo! » « Nel fondo, con il tuo fiato e con la tua forza, li farai fuor tutti! » Ma del fondo, Cesare non ne ha mai voluto sapere. Non glie ne chiedo neanche il perché. Manca il rischio, al fondo. Non c' è un minimo di coraggio da sfoderare! La discesa libera fa per Cesare! Lì ci si può fratturare tutte le ossa che uno vuole, li ci si può rompere anche l' osso del collo! Infatti Cesare, nelle sue cadute in gare di discesimo, si lussa a ripetizione le caviglie, si taglia mani e ginocchia, guadagna strappi muscolari un po' dappertutto, schiena inclusa.

Idolatra del rischio con il pagamento dei relativi contributi e, per ereditarietà d' animo, artista. Questi gli accenti d' una singolare personalità. Ormai, Cesare Maestri è ufficialmente battezzato come il « signor fenomeno » così come un Gervasutti era per antonomasia « il fortissimo ». Gervasutti, Comici, Boccalatte... Si, conoscere Cesare Maestri, è un po' un voler richiamare alla mente le figure dei grandi scomparsi. Ma Cesare ha qualcosa in più di loro. Precisamente, l' amore pazzo del rischio per il rischio e l' estrosità. Innati entrambi questi istinti! Ragazzetto, si butta dalla finestra di casa con l' ombrello in mano per paracadutarsi, e si rompe un polso. Così, per esperimento, fa la polvere pirica e da fuoco a mezza casa, salvandosi per miracolo. Non sapendo cos' altro fare, si caccia una lampadina in bocca, ed innesta due dita sulla presa, per vedere se accende ancora. Da quest' ultimo tentativo di andarsi a fare una passeggiatala ali* aldilà, fa ritorno grazie soltanto ai massaggi ed alla respirazione artificiale... Avendo ancora la faccia illesa, che, non è il caso di precisare, è di bronzo, si brucia con la polvere da sparo. Più grandicello, intrawede dei ragazzini che giocano incautamente con bombe a mano, appena appena rinvenute. Accorre per porli in salvo, ma uno scoppio lo investe, e se la toglie con un mese d' ospedale.

Altra passione di Cesare, la moto. « Se proprio non la smetterà, un giorno o l' altro finirà sicuramente per accopparsi », garantiscono i compagni di corda, pure usi ai suoi esi-bizionistici rischi di montagna. Non si può, è impossibile andar piano! Ci si prova qualche volta, è vero, ci si sforza. Poi, poi è più forte di lui, e, per andarci così, vale la pena di andarci? Una volta che gli scoppia la gomma anteriore, finisce quindi all' ospedale per un altro mese, con ematomi, strappi interarticolari dell' alluce, frattura malleolare, ecc....

Ha una mano ancora ingessata, e bisogna soccorrere una cordata francese che invoca aiuto dal! ' alto della Via Videsott sulla Cima Margherita. Sono due fratelli. Uno è caduto e purtroppo non v' è più che da ricuperarne la salma. Aiutato da Giulio Dallagiacoma, l' altro viene raggiunto da Cesare Maestri, che arrampica e lo mette in salvo con una mano sola -con una mano legata dietro la schiena ha salito e disceso per scommessa in soli quattordici minuti, dal rifugio Pedrotti, la Via Gasperi al Croz del Rifugio, dove occorre un' ora e più.Il superstite è commosso da tanto altruismo. Non sa come ricompensarlo, e gli regala la sua giacca in piumino. La storia però, non finisce qui, perché ha una piccola appendice. Il giorno dopo, infatti, il superstite, sul seggiolino posteriore della moto, scende a Trento con Cesare. Anche con una mano sola, Cesare si scatena come un demone, sino ad infilarsi fra un autocarro che tenta di superare, mentre una macchina, non vista, gli viene incontro in senso inverso. Sono attimi, ma la sensazione precisa d' essere ormai perduto, fa sbiancare in viso il Francese. Guardandolo mezzo morto, mentre ha fermato la macchina sul ciglio della strada, ha tutta l' aria di chiedergli: « ma valeva proprio la pena di faticare tanto prima per salvarmi ?» In un altro salvataggio ad una Tedesca, per far le cose più spicce ma anche per il piacere del « faso tuto mi », Cesare vuoi portare lui solo in braccio la rediviva. Poi, nei ghiaioni in-cespica regolarmente, cade, e si frattura carpo e metacarpo. Ma, nonostante le fratture, alla donna, sempre tenuta alta sulle sue braccia, non fa subire una sola ammaccatura. No, Cesare Maestri, guida di prima classe, scalatore solitario di sesto grado, membro del « Groupe Haute Montagne » di Parigi, l' unico Istnittorc Nazionale di tutta Trento, discesista in sci, non è tutto qui. Cesare scrive articoli, prepara conferenze, gira pellicole, infila moccoli e giaculatorie, combina scherzi... giacché l' allegria è il suo forte... Poi, poi parla di musica, di poesia e cita i passi di Edgard Lee Masters dall' Antologia di Spoon River: « E adesso so che bisogna alzare le vele e prendere i venti del destino. Dare un senso alla vita può condurre a follia, ma una vita senza senso è la tortura dell' inquietudine e del vano desiderio. E' una barca che anela al mare, eppure teme. » Un senso alla sua vita, Cesare l' ha dato. Essa è la più pericolosa, ma la più intensa. Essa afferra, dalle altezze raggiunte per le vie più difficili, che sono le più degne, lembi di cielo e luccicore di stelle, per metterseli, come i poeti, sotto il cuscino.

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