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Parete sud

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A metà settembre per la montagna comincia la quaresima. Non più file di variopinti torpedoni, non più comitive rumorose ed esplosive, non più fogge carnevalesche di villeggianti a zonzo per le vie del paesello, non più teorie di colorati escursionisti su ripidi sentieri, non più ressa nei rifugi a rischio di non trovare libera neppure una cuccetta.

È una quaresima durante la quale la montagna ritrova la solitudine rustica, selvaggia e maestosa, una quaresima particolarmente apprezzata dall' alpinista il quale sa che la montagna è nelle condizioni più favorevoli, il tempo è più stabile, le imprese possono essere tentate con discre-zione senza troppi occhi curiosi a seguirle e troppe orecchie indiscrete ad intercettare i discorsi preparatori.

Il rifugio de Lo Riondè di Cervinia ha smobilitato. Chiuse le imposte, dal pennone non sventola la bandiera.

Una lieve bava di fumo esce dal camino perché è stato acceso un focherello da due uomini i quali, per entrare nella piccola costruzione, si sono fatti rilasciare la chiave ed ora si dispongono ad una cena frugale. I due sono nati ai piedi del Cervino: Renato Daguin, un giovane elettricista, s' è lasciato prendere dalla passione della montagna; Giovanni Ottin, una guida quale si trovava in altri tempi, non è maestro di sci, non si è tuffato nel vortice della nuova vita che ha creato condizioni tanto diverse dal passato. Ottin fa la guida per passione, perché gli piace salire sulle montagne di casa sua, perché gli da un gusto speciale trovarsi su itinerari nuovi ed alle prese con difficoltà estreme. A far la guida in codesto modo non se ne ritrae di che campare tutto l' anno; e così per molti mesi Ottin fa il muratore.

È curiosissima l' inversione di ruoli presentata dalla vita moderna: una volta il cittadino era un semplice dilettante, un appassionato che per salire sulle vette si affidava ad un professionista, la guida, che pur ritraendo un certo guadagno da tale attività, era un compagno, un amico e si entusiasmava per l' entusiasmo del suo alpinista ed era fiero di introdurlo nel regno incantato della montagna. Adesso vediamo cittadini abbandonare la città, stabilirsi in montagna e diventare guide professioniste. Per contro delle guide svolgono la loro attività non da professionisti, ma da dilettanti, più per personale piacere che non per l' utile del guadagno.

Dice Daguin:

- Spero questa notte di farcela a riposare; nelle settimane scorse m' è capitato invece di girarmi e rigirarmi nel letto senza prender sonno. Mi sembrava di trovarmi già in parete... A proposito, credi che sarà più dura della ovest?

Risponde Ottin:

- La ovest... te la ricordi, no? È passato appena un mese, anche i dettagli sono freschi nella nostra memoria. C' è una grande diversità; là il pericolo maggiore era il vetrato, qui avremo a vedercela con le scariche... Siamo però a settembre avanzato, le notti sono fredde. Siamo affiatati e veloci; cercheremo di superare in fretta la parte bassa, dove il pericolo è maggiore.

Ottin e Daguin, che hanno tracciato il 12 agosto una direttissima sulla ovest del Cervino% sono venuti al rifugio con altro arditissimo progetto: la sud.

1 RM. 1963, 118; Les Alpes.

Questa parete sud incute un timore reverenziale, incute paura e ben a ragione. Racchiusa tra due creste, la cresta Muzio ad est e quella Deffeyes ad ovest, scende con una grande V e quindi convoglia, nella parte bassa, tutto quanto si distacca dalla testa del gigante e dalle rocce della parete. Uno scarico formidabile, tale da impensierire anche i più spregiudicati. Carrel Luigi ( il piccolo ) la vinse nel 1931 con Maurizio Bich ed Enzo Benedetti, ma la vittoria fu dovuta ad uno studio accurato, all' osservazione proseguita per lunghi anni, ad un piano tattico escogitato con grande acume. Carrel dapprima non trovava il bandolo della matassa, constatava che sempre la parete scaricava pericolosamente per cui l' avventurarvisi sarebbe stato un gioco mortale contro pericoli inevitabili.

Per questo egli decise di rimandare l' ascensione al mese di ottobre, quando i raggi del sole hanno minor forza e lo scarico della parete si attenua. Tuttavia la cordata fu sottoposta per lunghi tratti a cadute di pietre l. Una seconda ascensione sarebbe stata effettuata da due biellesi nell' agosto del 1942, ma la loro impresa fu messa in dubbio2.

Altri due giovanissimi biellesi tentarono nell' agosto 1957, ma rimasero travolti ed uccisi già all' inizio della parete quasi la stessa avesse inteso confermare sanguinosamente l' esattezza della diagnosi fatta dal Carrel primo salitore.

È ancora buio il 23 settembre quando Ottin e Daguin si avviano di buon passo sulle morene che adducono alla base della parete; risalgono rapidamente la cengia e attraversano il canalone che ha l' apparenza di un frantoio di ghiaia tante sono le pietre distaccatesi in alto e cadute fin qui. A buon intenditor... con quel che segue. Si legano, indi, invece di compiere la deviazione verso destra, salgono verticalmente tenendosi assai vicini. Giunti alla base della cresta Muzio si arrestano indecisi: il cielo verso sud appare coperto da nubi oscure, minacciose e la sud non è certo impresa da potersi compiere con tempo avverso. Trascorre mezz' ora, il tempo accenna ad un leggero miglioramento; si rimettono in moto, salgono assieme per fare più in fretta e non incontrano eccessive difficoltà. Salgono direttamente verso la spalla del Furggen, discostandosi notevolmente l' itinerario della prima scalata che si svolge molto più a sinistra. Trovano dei lastroni abbastanza compatti la cui pendenza va per altro aumentando con l' altezza. Hanno raggiunto una quota di 3600 m e si concedono una breve sosta; sono le 8 ed il tempo continua a migliorare.

Sopra al punto di fermata trovano altre placche, alternate però da chiazze di nevati ( per quanto l' annata sia stata incredibilmente asciuttale grandi placche aumentano di verticalità e sono spesso ricoperte da vetrato, il che rende la scalata delicata. La parete si gonfia in ondate verticali al di sopra delle quali spicca nel fondale del cielo il Picco Muzio ( m 4191 IGM e 4187 Kurz ), la Spalla di Furggen ( m 4243 ) e la testa del Cervino. In questo tratto dell' ascensione l' itinerario di Ottin segue quello dei primi salitori; ed ecco, verso le 9.30, si presenta una strana crestina di neve che porta all' attacco della grande cengia dalla quale, obliquando nettamente verso sinistra, l' itinerario raggiunge la testa del Cervino.

Hanno salutato alla voce due cordate che si trovano sul Pie Tyndall, si sono portati sulla crestina di neve dalla quale tutta la parte alta della parete è pienamente visibile. L' itinerario più logico, più evidente, più persuasivo è quello dei primi salitori; vale a dire seguire la cengia aggirando i sovrastanti salti della parete e portandosi sotto alla testa del gran monte. Ma il tempo si è del tutto ristabilito e l' ora è assai mattutina; per cui decidono di tentare una variante per superare 1 RM. 1932, 6; Bergsteiger 1931, 190; AJ 1932, 75; Mazzotti, Grandi imprese sul Cervino, 119; Cavazzani, Uomini del Cervino II, 86.

2 RM. 1956, 216 e 288; 1957, 103.

quasi verticalmente il tratto della parete del tutto inesplorato che li sovrasta. Qui li attendono le maggiori difficoltà della giornata: le placche gigantesche presentano spesso appigli sicuri; ma ogni sporgenza della roccia da luogo a formazioni di stalattiti di ghiaccio ed è ricoperta da terriccio e sfasciumi; occorre un' energica operazione di pulizia ad evitare che mani o piedi abbiano a scivolare. Qui necessita assicurarsi e Ottin pianta i primi chiodi che il compagno recupera. Dopo due lunghezze di corda molto dure, Ottin si accinge ad una delicata traversata verso sinistra per la quale deve far forza esclusivamente sulle mani anche se queste scivolano pericolosamente sul limo e sul terriccio che ricopre ogni sporgenza della grandiosa parete. È un passaggio molto duro,Daguin lo esegue arrangiandosi come può; quando, tutto sbuffante, l"ha portato a termine, Ottin riparte verso l' alto; Daguin lo osserva e si convince che, al contrario di quanto aveva sperato, le difficoltà non sono finite. Ancora due lunghezze di corda e Ottin trova un altro passaggio molto impegnativo, lo supera con l' insperato aiuto di un chiodo probabilmente piantato là da qualche cordata che, risalendo la via Piacenza del Furggen, ha largamente deviato sulla parete sud.

Adesso il tono della musica cambia; si tratta di tagliare sotto alla vetta svizzera, per andare a prendere il canale fra le due vette. La vetta si innalza circa 200 m più alta, giallastra e superba nel tiepido sole. Sono appena le 12.45, possono concedersi una lunga sosta ed ammirare tutta la parete ai loro piedi, il Picco Muzio e la Spalla del Furggen, la Spalla italiana, il Pie Tyndall e la cresta De Amicis. Sono veramente confitti nel cuore della grande montagna ed il maestoso, possente, pauroso versante sud si offre intero alla loro vista.

Riprendono poi a salire senza affanno - adesso pericoli non ce ne sono pie raggiungono la base del grande camino completamente ricoperto da uno spesso strato di ghiaccio. Ottin inizia a salirne il lato sinistro, dopo una ventina di metri si porta a destra. Ed ecco una specie di bianco serpente si snoda dall' alto; è una corda molto antica, logorata dalle intemperie, incanutita; eppure a suo tempo quanti alpinisti si saranno affidati a quel canapo e l' avranno benedetto? Probabilmente si tratta di un vecchio avanzo dell' attrezzatura per il passaggio Aymonod; quando la scala si ruppe e non fu sostituita, le guide di Valtornenza trovarono questo itinerario per salire alla vetta ed attrezzarono il camino con qualche corda.

L' arrampicata si svolge parte nel camino in spaccata, parte sulla parete di destra. Ottin comincia ad avvertire il soffio del vento e pensa che la cresta sommitale non può essere distante. Poco dopo Daguin lo vede scomparire; ha raggiunto la selletta tra le due vette e da questa, volgendo a sinistra per pochi metri, ha toccato la Croce. Alle 15.25 Daguin lo raggiunge ed una forte stretta di mano suggella la vittoria.

Questo itinerario presenta tre importanti varianti rispetto a quello dei primi salitori:

1° sopra il ghiacciaio dell' attacco e sopra la cengia evita la notevole deviazione sulla destra risalendo invece, oltrepassato il canalone di scarico, le rocce in direzione dell' inizio della cresta Muzio; 2° da questo punto traversa diagonalmente tutta la parete per riunirsi all' altro itinerario un centinaio di metri sotto al Picco Muzio; 3° raggiunta la gran cengia, invece di seguirla, prosegue verticalmente in direzione della vetta svizzera fino a raggiungere le rocce meno inclinate sotto alla perpendicolare della vetta svizzera, per attraversarle più in alto dell' altro itinerario fino a raggiungere il camino tra le due vette.

Codesta ascensione ha riconfermato, sia pure indirettamente, la pericolosità estrema rappresentata dalle scariche; Ottin e Daguin non sono stati disturbati da cadute di sassi durante l' intera giornata, sicché quasi inutile è apparso il casco di cui erano muniti. Tuttavia ciò non può trarre in inganno; la giornata era molto fredda, nelle prime ore il sole è rimasto coperto dalle nubi e non ha fatto sentire il suo effetto sulla parete; questa per di più, data l' annata eccezionale, era scarsamente ricoperta da neve e perciò non si è avuto scioglimento di neve e ghiaccio, con conse-guenti franamenti. Il tempo impiegato ( ore 4.45-15.25 ) denota una grande velocità della cordata; i primi salitori però furono ritardati dal fatto di essere in tre, né trovarono la parete asciutta come nel 1962.

Pochi mesi dopo questa superba impresa Renato Daguin è scomparso in un tentativo invernale sulla via Weizenbach del Dente d' Hérin; egli mi aveva affidato l' incarico di stendere la relazione della sud del Cervino inviandomi le relative notizie e fotografie. Ho adempiuto all' incarico affi-datomi anche per ricordare il nome di questo giovane che dalla montagna era stato ammaliato. Egli ha affrontato il rischio supremo per soddisfare l' ideale che gli urgeva dentro e non per crearsi una facile pubblicità o trame una fonte di guadagno.

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