Crepuscolo in capanna
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Crepuscolo in capanna

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Di Giuseppe Ritter

( Chiasso ) Nei primi giorni di un bel luglio salii ad una delle più belle capanne dei Grigioni. Lassù dovevo attendere alcuni compagni provenienti dalla loro residenza oltre Gottardo. Fortuna volle che la prima sera rimasi solo in capanna. Così, quando il sole scomparve dietro le creste, pitturando di rosso cime e ghiacciai, mi sedetti alla finestra. Sui ginocchi il libro dei frequentatori della capanna. Aprendolo a caso, vidi i nomi di due fratelli, segnati con una croce. Due vittime di quella tremenda parete che in quel momento fissavo coi miei occhi.

Mentre che gli occhi seguivano lo spettacolo grandioso del tramonto, il cervello cominciò a ricostruire il dramma che costò la vita a quei due bravi scalatori. Indubbiamento la disgrazia avvenne, quando gli arditi stavano superando quella placca perpendicolare, dove con 30 metri di corda non è possibile assicurarsi debitamente. Forse uno di essi, non potendo più sopportare l' esagerata tensione dei nervi, perdette il controllo su sé stesso, gettandosi nel vuoto.

Questa ipotesi avrebbe potuto essere del tutto plausibile. Eppure non mi persuase. Forse perché in quel momento mi ricordai di una pellicola, che a suo tempo si proiettò su tutti gli schermi del mondo: Thunder Rock! Anche in quella trama un solitario di carattere sensibile cercò di far rivivere persone che naufragarono cento anni or sono. Ma le sue esistenze immaginarie non erano che misere caricature di ciò che potevano essere state in realtà al loro tempo. Perché? Perché il loro creatore, deluso e scoraggiato egli stesso, non poteva dotarle di volontà combattiva e di spirito di resistenza. E così il capitano di vascello, considerando queste creature disperate, esclamò:

— Ti sbagli, se credi che queste persone erano in fuga davanti ai colpi del loro destino! Non v' è peggior errore di quello che proietta la propria delusione nel cuore degli altri! Gli uomini, in generale, sono molto più coraggiosi di quanto noi pensiamo comunemente.

Orbene: se queste saggie parole rispecchiano la verità, anche gli audaci della grande parete dovevano essere qualcosa di più di due poveri snervati. Ma come avrei potuto ricavare la verità o almeno la più grande probabilità?

Secondo antica credenza, ogni luogo conserva traccie delle angoscie vissute da creature nei drammi che wi si svolsero. Questi residui agitano l' anima nostra, quando nei luoghi densamente saziati di emozioni, ci troviamo in istato di ipersensibilità.

Chi è riuscito ad ottenere il completo dominio sulle sue forze occulte, non fa che avvicinarsi al luogo che intende esplorare. Analogamente al principio del radiolocalizzatore ( radar ) egli condensa le onde psichiche in un fascio unico, il quale — colpendo il luogo mirato — viene riflesso e ricevuto dal l' anima.

Per poter tentare questo strano esperimento, mi trovai senza dubbio in condizioni privilegiate. Nell' ora del crepuscolo l' anima può sprigionare le sue forze misteriose. La fantasia può sottrarsi al filtraggio, alla censura, al controllo ed ali' analisi della fredda ragione. Il diaframma che separa l' io autocosciente e vigile dal fondo oscuro del subcosciente viene rimosso.

Dopo la riduzione dell' attività respiratoria al minimo possibile, caddi in un profondo trance. In questo stato di ricettività vissi la tragedia di quei due fratelli, dall' attacco alla grande parete fino al momento della terribile caduta.II calore straordinario di quell' estate potente aveva creato un profondo abisso tra la parete dei nostri sogni ed il ghiacciaio confinante. Dopo un attimo di ricreazione partimmo ali' attacco. Davanti mio fratello, tre anni minore di me. Un bravo scalatore, il prototipo del rocciatore sognato dal Comici nel suo « Manuale dell' arrampicatore ».

Mentre procedevo ali' assicurazione del caso, il fratello si mise frontalmente davanti alla formidabile parete e poi saltò. Gettandosi contro una muraglia completamente strapiombante, senza fessura, senza cornice, dovette aggrapparsi come una mosca. Quando ebbe raggiunto una sporgenza atta ad assicurarmi, lo seguii.

Dopo tre ore di arrampicamento faticoso, giungemmo finalmente sotto la chiave della salita, quella piastra liscia verticale, alta circa 35 metri, che avevamo studiato lungamento col cannocchiale dal basso. Per superarla avremmo dovuto rinnunciare ali' assicurazione, perché non avevamo che 30 metri di corda. Ritornare?

Dopo pochi minuti di esitazione, il fratello mi guardò con i suoi occhi azzurri, finestrini sorridenti di un' anima serena, dicendo:

— Inutile ponderare ulteriormente! La ragione dice di non tentare l' ultima carta a costo della vita. Ma nel nostro caso la ragione non regge. Atti eroici non si compiono con ragionamenti e calcoli, ma con cocciutaggine, spirito di abnegazione e di sacrificio!

Detto questo, egli passò ali' attacco del lastrone. Lo seguii con gli occhi, cercando di trasmettergli tutta la mia forza spirituale. E quando la riserva di corda fu esaurita, dovetti passare ali' attacco anch' io.

Non avevo ancora superato i tre metri, quando sentit urlare:

— Oh fratello, non ne posso proprio più! Questo granchio infame mi serra le mani...

Questo fu l' inizio della catastrofe, che si svolse con ritmo fulmineo. Prima di poter reagire, vidi il fratello distaccarsi dalla parete. Un' ombra scompariva nell' abisso e poi sentit sulla spalla il colpo terribile della corda che mi gettò nel vuoto. Raccogliendo i resti sfracellati dei caduti in montagna, molti credono che questo modo di morire debba essere oltremodo doloroso. Sbagliano di grosso! Chi cade, ode i colpi dei suo corpo contro le sporgenze della roccia, ma non sente reazione alcuna, perché i centri di sensibilità restano paralizzati. Nessun dolore fisico perturba la serenità dello spirito, intento a passare in rassegna i principali aspetti della vita che va concludendosi.

Così, nella mia caduta, rivissi alcuni di quei periodi, che furono tappe importanti nella vita comune col mio fratello. Lo rividi da piccolo gargone, vestito di un gonnellino rosso, sempre alla ricerca di qualche dispetto da farsi. Più chiaro che mai compresi la grande diversità di carattere fra lui e me. Lui, impassibile alle difficoltà dell' esistenza, con animo sereno, senso pratico ed empirico, non senza ironia e sarcasmo. Io, invece, tormentato dah " impenetra-bilità del destino, l' anima vangata da forze occulte e demoniache, inclinato a speculazioni mistiche e metafisiche.

Ma ora avevo une grande certezza:

Sfracellando laggiù sul ghiacciaio, la morte — che concilia ricchi e poveri, istruiti ed ignoranti, umili e prepotenti — avrebbe pareggiato anche questa nostra diversità 1Allorquando la catastrofe ebbe la sua terribile conclusione, il mio rapporto percettivo con lo strato emittente della grande parete s' interruppe. Rimasi assopito per un tempo imprecisabile. Finché un gruppo di alpinisti entrò in capanna, rivolgendomi l' usuale saluto:

— Gueten Obig, Kamerad!

Allora mi liberai dallo stato semi-ipnotico. Sulla finestra, nel riflesso prodotto dalla candela che i neoarrivati avevano accesa, vidi la mia faccia, solcata da rughe profonde, consumata da impressioni raccapriccianti. Affranto andai a coricarmi.

Così seppi la verità Ma a che prezzo! Esagerato? Non credo, perché quella stessa forza occulta, che ci rivela i più grandi segreti e misteri, permette ali' uomo abbattuto di riacquistare vitalità, potenza e vigore, di raddrizzarsi, di tendere a nuove vittorie, a nuove mete. Sempre premesso che questo sia voluto con tutto il cuore, cosciente dell' antica sapienza, che fortis imaginatio generat casum!

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