Poncione di Vespero
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Poncione di Vespero

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Di Bruno Legobbe.

Ad occidente di Airolo, sopra un magnifico scenario di prati, di boschi e di pascoli, sorge il Vespero: egli innalza la sua fronte serena nell' azzurro infinito, grigio ai primi albori del mattino, purpureo al tramonto, rilucente e spiccante sempre nelle ore vespertine in cui sembra illuminarsi, ingrandirsi, prender vita.

Il 12 agosto siamo in tre, puntualissimi all' ora stabilita, alla partenza da Airolo. I miei due compagni sono due veri alpinisti, tagliati apposta per la montagna, di quelli che, appena lo possono, si vedono partire col sacco in ispalla e la piccozza. Alla sommità la compagnia crescerà di una unità perchè un ritardatario s' è forse lasciato vincere per un momento dal tepore delle coltri.

Passiamo il ponte che mette sulla destra del Ticino, al punto in cui si dipartono le vie di Nante e di Bedretto, e prendiamo il sentiero che sale per Valnit e porta — attraverso il bosco — all' alpe di Piscium che raggiungiamo in poco più di un' ora e mezza. Il tempo, benchè imbronciato, ha fin qui fatto giudizio. Ma poco sotto Comaschè una pioggierellina sottile, sottile, gelida e fitta che fa pensare a certe serate di novembre, c' investe. Ai piedi della irta parete su cui s' inerpica la strada dei sassi ( strada per modo di dire chè in gran parte, salvo qualche traccia, non esiste ) che porta alla cresta tra il Poncione di Mezzodì ed il Poncione di Vespero, comincia la nebbia. Il mio amico Eusebio, che abbiam tacitamente eletto a capo gruppo, non s' arresta un istante: attacca la salita malgrado la nebbia e noi dietro. Di tanto in tanto la via è segnata in rosso; stamane però i segni non ci servono, chè non riusciamo a vederli che a pochi passi di distanza. Ad un certo punto si fa uno squarcio nella nebbia: sotto i nostri piedi, circa 200 metri più in basso, sale un uomo. Un grido di richiamo: l' altro risponde e guarda in su. È il nostro compagno, partito dopo di noi, che ci segue e ci raggiungerà sul passo. In breve ci portiamo al Passo dei Sassi, 2557 m. Dal Gottardo soffia un vento indiavolato. Nembi di nebbia salgono dalla Leventina. In Val di Sambuco, tra le nubi, fa capolino il sole e col sole ecco che qualche fiocco comincia a cadere: nevica. Piano, piano i granelli si moltiplicano e ad un certo momento la neve viene fitta ch' è un piacere vederla. Cerchiamo riparo sotto alcune rupi che ci proteggono almeno dal vento. Intanto il ritardatario che ci seguiva ci ha raggiunti. Una tazza di te caldo ci ristora; la neve cessa, Val Sambuco a poco a poco si ras-serena, il sole torna a splendere e noi cominciamo a scorgere i laghetti ed il paesaggio che, in ispecie verso ovest, si rivela imponente. Ma non ci attar-diamo e scendiamo verso alcuni valloni che interrompono la china di Val Marscia, sul ciglio dei quali cresce il fiore ambito e solitario. Cogliamo infatti alcuni edelweiss, ma tosto risaliamo e, lungo la cresta, ci avviamo verso il Vespero. Ai nostri piedi si sprofonda a picco una muraglia la quale, in alcuni punti, raggiunge i 300 metri. Il posto non è certo dei più adatti per chi soffre di capogiro. Volgiamo sul versante occidentale che scende, in ripido declivio, verso Val di Sambuco; l' erbosa china è tutta coperta da una fioritura magnifica: margheiite e genziane formano un tappeto che non ha uguali.

Superiamo l' ultimo dosso ed eccoci alla sommità del Vespero, 2720 m. La vista domina da qui su tutto il massiccio del Gottardo, su Val Canaria, la Leventina, il Gruppo del Lucomagno, l' Adula, Campo Tencia, Basodino e Cristallina per non citare che i punti principali. Dal Vespero si diparte, verso occidente, la frastagliata cresta della Loita delle Camoscie, 2750 m ., che va fino al Madone, 2755 m. Essa presenta una struttura magnifica, tale da procurare certamente soddisfazioni anche agli innamorati della roccia. Sarà bene accennare al fatto — e ciò a puro titolo documentario e perchè gli estensori della prossima edizione della Guida delle Alpi Ticinesi ne prendano nota — che la traversata di questa cresta, dal Vespero al Madone, è stata compiuta qualche anno fa da certo Ugo Pedrina, che oggi è della nostra compagnia, e da due altri suoi compagni. Già poi che ho aperto una parentesi, mi sia concesso di prolungarla per un consiglio a chi volesse eventualmente salire sul Vespero: si diffidi dalla via della cosìdetta Croce di San Giovanni ( via c della guidanon ch' essa sia difficile — è più breve di quella dei sassi e non presenta difficoltà — ma è pericolosa per il continuo cadere di massi. Il pericolo, già notevole per il passato ( pocchi anni or sono un alpinista perse la vita in questo canalone, investito da una frana ), è ora sensibilmente aumentato per il formarsi e l' allargarsi di certe fenditure che abbiam notato sul culmine della cresta, che, secondo i miei accompagnatori, l' anno scorso non esistevano ancora, le quali presentano — a nostro giudizio — un pericolo piuttosto imminente di franamento di masse di materiale tutt' altro che tra-scurabili.

Sulla sommità del Vespero ci tratteniamo oltre mezz' ora. Rintracciamo il libro su cui i passanti appongono la firma, dal quale deduciamo come questa cima sia poco visitata: quindici o venti turisti all' anno compiono l' ascensione. La gran parte dei passanti espone le sue impressioni, ch' è un divertimento leggere e che suscitano ampli commenti nella nostra compagnia. Una brigata di signorine airolesi, salite nel 1917, espone in versi la gioia di trovarsi a tanta altezza e declama la bellezza del paesaggio e del tempo; un altro rende grazie a... San Giovanni per la protezione accordatagli ed il bel tempo concessogli; un terzo annuncia come un record d' aver compiuto la salita da Nante in quattro ore e mezzo; un gruppo di seminaristi ha riempito di firme una pagina del registro, subito seguito da un drappello di guardie di finanza. E così via: il libro è quasi pieno e noi pure apponiamo il nostro nominativo in calce agli altri. Poi, siccome il tempo passa con una velocità superiore ad ogni... record, scendiamo ad ovest fino al punto in cui sbocca il canalone di Rovinò. Indi, invece di risalire la cresta, costeggiamo le ripide balze di Val Marscia. Sul ciglio di dirupati valloni facciamo larga messe di edelweiss. Traversiamo, sempre sul costone, Val Sabbia e le falde del Madone. Questa traversata è facile e richiede unicamente, di tanto in tanto, qualche attenzione perchè le falde del monte precipitano spesso in balze sassose irte e dirupate. Mezzogiorno è passata da più di due ore allorchè ci fermiamo, per il pranzo, sui lembi d' un nevaio sotto il Madone. Finita la sosta, in breve raggiungiamo la cima; non abbiam tempo di soffermarci chè l' ora incalza. Scendiamo per lenti declivi al Lago di Naret, poi volgiamo verso una sella che trovasi a destra del passo omonimo la cui traversata — secondo i miei compagni — sarà molto più breve che non seguendo il sentiero. Dalla sella, un canalone ingombro di macigni scende verso Val Cristallina. Com-piamo la discesa per questa via che ci porta in Valle e poi all' alpe e da qui ad Ossasco. La discesa, dalla sella sopra Naret, vien compiuta in un' ora e mezza circa.

L' automobile ci porta poi ad Airolo ed anche questa escursione passa così tra i ricordi. Ricordi che la mente spesso rievoca in un con mille magnifiche visioni di grandiosa bellezza: quelle visioni che solo la montagna sa offrire.

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